Giulia Siena
PARMA – Tutti siamo storie, ogni vita è un racconto fatto di scelte e piccoli, grandi momenti importati. Da questa consapevolezza Cristina Bellemo parte per dare vita a una Storia piccola, il libro illustrato da Alicia Baladan e pubblicato di recente da Topipittori. Questa Storia piccola, di piccolo ha ben poco poiché le immagini e le parole rimandano a un regno infinitamente poetico e fantastico. Dentro una galassia, in un pianeta e dentro uno stato su un continente c’era un paese con una collina sulla quale sorgeva un castello fatto di stanze; in una di esse c’era un principe, il Principe Beniamino. Questa storia è la sua piccola storia. Continua
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“Capriole”: autobiografia di un’autrice di storie
Giulia Siena
PARMA – Una capriola cambia il punto di vista, cambia il mondo. La capriola è azione, determinazione, presa di coscienza; si va avanti, si va altrove, si cambia. Fino a che saprà fare le capriole, Marina non soffrirà né di malinconia né di gastrite. Capriole e si ricomincia il viaggio. Dai monti di Agordo, tra Belluno e Cortina d’Ampezzo comincia la storia di Marina Girardi. Autrice di storie a fumetti e di canzoni illustrate, Marina ci rende partecipi della sua vita, dei suoi viaggi e delle sue passioni attraverso Capriole, il nuovo volume della collana Gli anni in tasca graphic di Topipittori. Continua
Novità: “Il meraviglioso Cicciapelliccia” e la perfezione dei regali fatti con il cuore
Giulia Siena
PARMA – Edith – per tutti Eddie – ha cinque anni e mezzo ed è convinta di non saper fare niente, niente di niente. L’occasione di ribaltare questa sua convinzione, però, si presenta quasi subito. Una mattina, per caso, sente dire da sua sorella maggiore che da lì a poco sarebbe stato il compleanno della mamma. Ecco, un’ottima occasione per darsi da fare e dimostrare che qualcosa deve saperla pur fare… tipo trovare il regalo giusto per la mamma!
Eddie, dai capelli arruffati, le calze a righe e il cappotto fucsia è la divertente protagonista de Il meraviglioso Cicciapelliccia, il nuovo e coloratissimo libro di Beatrice Alemagna (Topipittori).
Topipittori: “Depero e la casa del mago”, l’arte futurista è uno spettacolo per tutti
Giulia Siena
PARMA – Depero e la casa del mago, il libro scritto da Marta Sironi e disegnato da Lucia Pescador, è un vero e proprio spettacolo futurista in cui il giovane lettore viene trascinato per diventare spettatore, musicista, attore, sceneggiatore o suggeritore. Il volume, pubblicato dalla casa editrice Topipittori nella collana PIPPO (Piccola Pinacoteca Portatile) è stato realizzato in collaborazione con il MART e la Casa d’Arte Futurista di Fortunato Depero di Rovereto.
I futuristi furono dei veri e propri maghi; loro, in tempi non sospetti, cominciarono a usare colori e forme per le loro pozioni magiche: qualche triangolo, bulloni d’acciaio, teste fluorescenti e parole inventate… da questi oggetti prendono vita personaggi strambi. Nasce, così, il teatro futurista, il grande spettacolo senza regole né vincoli. Arrivano, poi, le locandine pubblicitarie e le riviste, i quadri, gli spartiti e le mostre . Tutto, in questo momento è arte, arte futurista. Lo sa bene Fortunato Depero che, fin da piccolo, in un piccolo paesino di montagna, disegna e vuole conoscere altri artisti. Comincia a viaggiare e arriva a Roma, conosce i Futuristi ed è subito amore. Pensa, però, che dovrebbe tornare sui suoi monti e continuare lì l’arte futurista: è il 1920 e questo ragazzo cresciuto disegnando fonda la Casa d’Arte Futurista Depero che realizza arazzi e tappeti, giocattoli e vestiti, mobili e scenografie, pitture, pubblicità, libri e riviste. Ma non basta, Fortunato continua a viaggiare: gli oggetti, i colori, i rumori, i luoghi e le forme gli lasciano sempre qualcosa, qualcosa che deve trasporre in arte. Depero continua così a giocare: si fa scenografo e scultore, scrittore, comunicatore, pittore e poeta. Intanto, però, viaggia, accumula sogni, materiali e parole per trasformarli in oggetti reali che donano gioia.
Depero e la casa del mago è l’omaggio della casa editrice Topipittori a un genio dell’arte italiana. La sua vita – tesa alla continua ricerca di stimoli – è stata essa stessa arte senza regole né bugie ma votata alla gioia della creazione e della libertà di espressione. Questa allegria artistica rivive nelle pagine di questo libro, diventando nuova linfa per i giovani lettori. L’arte non ha età.
“C’era una volta una bambina”: immagini e parole di una moderna fiaba poetica
Giulia Siena
PARMA – Una bambina dal vestito rosso, una casa, il bosco e il lupo. Questi gli elementi di C’era una volta una bambina (Topipittori), il libro di Giovanna Zoboli – con le suggestive illustrazioni di Joanna Concejo – che rielabora la fiaba di “Cappuccetto rosso”. Come ogni grande classico che si rispetti, infatti, la storica versione di Charles Perrault ha ispirato nei secoli moltissime altre storie, ambientazioni e personaggi. Continua
Speciale Halloween: “Case stregate” e le vite degli spettri che le abitano
Giulia Siena
PARMA – “Una domanda vaga per il mondo, da quando il primo uomo è comparso sulla terra, anzi da quando il primo uomo è andato sottoterra: esistono i fantasmi?” Da questo interrogativo parte Case stregate, il libro scritto da Massimo Scotti, illustrato da Antonio Marinoni e pubblicato da Topipittori che ci porta a spasso nella storia delle case infestate dai fantasmi. I fantasmi – questi sconosciuti! – di cui tutti parlano, qualcuno li ha pure visti, molti ne hanno timore, ma nessuno può provare che esistano veramente. Da Diaponzo, uno dei primi spettri della storia che tormentava i sogni del giovane Filolachete, allo spettro di Garibaldi o a quello di Victor Hugo, passando per i fantasmi che nei secoli abitarono stanze, palazzi e villaggi, case, magazzini e hotel di periferia. Di Case stregate, infatti, ce ne sono state ovunque e di diverso tipo, tutte hanno avuto – e hanno – i loro spiriti presenti che si divertono a spaventare la gente che le abita o le visita.
Case stregate, un capolavoro della narrativa illustrata, è un libro ricco di scene, avvenimenti e storie di paura perfette da raccontare nella sera di Halloween. Le parole e le immagini di questo libro sapranno creare un’atmosfera suggestiva e ricca di pathos che saprà catturare l’attenzione dei giovani lettori.
Età di lettura: dai 10 anni
Topipittori: “Giotto, Quaderno di disegno”, un nuovo titolo della Piccola Pinacoteca Portatile
Giulia Siena
ROMA – “Fin da ragazzo, Giotto aveva ben chiaro che, attraverso le vite dei santi e di Gesù, avrebbe voluto raccontare la realtà che lo circondava: da una mosca fastidiosa fino al più splendido dei cieli stellati. Grazie al suo esempio, abbiamo imparato anche noi: ora possiamo guardarci attorno sapendo di poter sempre raccontare – con un disegno – quello che vediamo e sentiamo”. Era questo lo scopo del disegno di Giotto, raccontare ciò che vedeva. Oggi il genio, la tecnica e i motivi che spinsero il disegnatore di Vespignano a diventare uno dei più celebri artisti di tutti i tempi danno vita a Giotto, Quaderno di disegno, l’albo illustrato da Chiara Carrer e raccontato da Marta Sironi che si presenta come il nuovo titolo della collana Piccola Pinacoteca Portatile di Topipittori.
Giotto, il primo maestro moderno della pittura italiana, viene svelato ai piccoli lettori attraverso le sue opere (tra cui L’ascensione, Il battesimo di Gesù, La predica di San Francesco agli uccelli) , il suo tratto e la sua sensibilità. Carrer e Sironi, raccontano, così una storia artistica che percorre i secoli per formare un linguaggio grafico personale che dagli occhi narra con il disegno.
Giotto, Quaderno di disegno è un lavoro completo e affascinante nel mondo dell’arte e si presenterà giovedì 18 settembre in occasione di Artelibro, il Festival del Libro e della storia dell’Arte; le tavole del libro, inoltre, saranno esposte alla Libreria per ragazzi Giannino Stoppani di Bologna.
Interviste: Cristina Bellemo, la forza delle storie
Giulia Siena
ROMA – Parlare con Cristina Bellemo è entrare nelle sue storie, capire che la scrittura è un esercizio necessario, continuo e costante che regala emozioni. Le emozioni e le suggestioni dell’autrice hanno dato vita a “La leggerezza perduta” (Topipittori), un racconto per spiegare e dare il giusto peso alle parole, anche quelle più complicate e temute.
Che cosa sono le storie per Cristina Bellemo?
Le storie, per me, sono una ragione di vita. La vita è racconto. Credo che il nostro quotidiano, le relazioni con noi stessi e con gli altri siano intessuti di storie: storie che ascoltiamo, storie che narriamo, storie che ci cambiano, ci insegnano, ci trasformano, ci avvicinano, ci danno gioia e piacere, attribuiscono valore sacro ed esemplare alle esperienze, ci fanno crescere e ci attrezzano per affrontare ciò che ci accade. Leniscono la nostra solitudine. Le storie mi donano emozioni, mi fanno sentire viva: mi piace moltissimo raccontarle, perché possano contagiare le emozioni intense che io stessa ho vissuto; ma adoro anche ascoltarle, incontrarle, imbattermi in esse in maniera imprevista. Mi incantano, mi catturano. Se uno ha una buona storia da narrarmi, sono “in suo potere”. Sono sempre alla ricerca di storie, al punto che talvolta me ne devo difendere: impormi una pausa, allentare la tensione, fare in me un vuoto salutare, “le pulizie di primavera del cuore”, per tornare ad essere accogliente e capace di sorpresa e di meraviglia.
Cosa significa scrivere per bambini nel 2013?
I ragazzi, oggi, hanno la possibilità di utilizzare molti media, tutti straordinariamente accattivanti. E, accanto a questo, hanno vite molto “piene”: li vogliamo pianisti, calciatori, ballerini, poliglotti, violinisti, cantanti… e possibilmente geni. Quegli interstizi “vuoti” preziosissimi, indispensabili per prendere consapevolezza di sé, per dare forma alla propria identità sono sempre più rari. I libri, la letteratura, devono puntare sulle loro caratteristiche peculiari, inimitabili, irraggiungibili dalle altre forme di comunicazione e di narrazione, che li rendono affascinanti, ne sono convinta, esattamente come lo erano per i bambini vent’anni, o cinquant’anni fa. Prime fra tutte, la qualità e la bellezza, che poi sono strettamente interdipendenti. Anzi, forse sono proprio la stessa cosa.
“La leggerezza perduta” è un racconto in cui ogni parola trova la sua naturale posizione all’interno del testo poiché l’andamento del racconto coincide, quasi in maniera perfetta, con l’intensità del messaggio che si vuole trasmettere. Come è nato questo libro?
Questa storia nasce da una domanda bambina. Quando, qualche anno fa, ha cominciato a ricorrere la parola “crisi”, i bambini mi hanno chiesto cosa significasse, probabilmente anche intimoriti dall’atteggiamento degli adulti, a loro volta spaventati (e, dunque, ben poco rassicuranti) dagli scenari che questa parola prefigurava. Ho riflettuto, innanzitutto, sul valore, e sul peso, che le parole che noi adulti buttiamo in mezzo, come macigni, spesso con superficialità, hanno per i bambini. E mi sono interrogata su come raccontare la crisi ai bambini attraverso la metafora di una storia: ecco, più che un messaggio da trasmettere, cercavo proprio una storia da raccontare. La prima chiave di interpretazione che mi è venuta in mente è stata quella più facile: distinguere tra ciò che è necessario e ciò che è superfluo. Tra le cose leggere e le cose pesanti. Ma questo punto di vista, anziché circoscrivere, definire lo scenario, lo spalancava infinitamente. Fatti salvi i bisogni primari, i diritti fondamentali di ogni persona, la discriminazione tra ciò che è indispensabile e ciò di cui possiamo anche fare a meno ha molto a che fare con la nostra singolarità, con la nostra identità. Non esiste (meno male!) un elenco valido per tutti di ciò che è da conservare e di ciò che è da buttare via: questo sarebbe stato un approccio un po’ presuntuoso e moralistico.
In questo libro tutto gravita attorno a quello di cui ci circondiamo: oggetti inutili, azioni sbagliate e pensieri poco piacevoli. Quanto è difficile spiegare ai bambini cosa è il superfluo?
Credo che sia più difficile dialogare sul superfluo con gli adulti, stimolarli a interrogarsi: gli adulti manovratori, e prime vittime, del mercato, che ci crea subdolamente bisogni, necessità addirittura, che non sapevamo nemmeno di avere, che ci vuole perennemente insoddisfatti, che ci insinua la sensazione stabile di inadeguatezza. I bambini hanno dalla loro, fortunatamente, la purezza e l’autenticità che fanno magari considerare un oggetto senza apparente valore meravigliosamente indispensabile, semplicemente perché bello o perché legato a un vissuto importante e specialmente significativo.
Il grande merito del tuo libro è quello di insegnare al lettore che, se si vuole, si può. E la dimostrazione è la volontà di un re sbadato e pigro che, pur di mantenere quello che ha di più glorioso, la leggerezza del suo regno, si arma di pazienza e voglia di fare. La voglia, il coinvolgimento e la volontà, si possono insegnare?
Nella mia idea re Celeste non è così… eroico! Il fatto che, per qualche momento, si riscuota dalla sua distrazione per assumersi, una volta tanto, i doveri legati al suo ruolo ha più della casualità e della svagatezza, o forse della preoccupazione per se stesso e per la propria incolumità, che della progettualità e della generosità nel servizio. Mi sembrano più “eroici”, nel loro piccolo, i sudditi che, nonostante la loro semplicità e la poca dimestichezza con i ragionamenti filosofici, in maniera molto pratica accettano di mettersi in gioco con molta serietà e disponibilità, arrivando persino al punto di poter rinunciare anche a ciò che hanno di più caro, e vitale, per salvare il castello. L’unica intuizione “geniale” di Celeste centoventitre è la creazione del museo del superfluo, determinata nel suo caso più che altro, probabilmente, dalla sua personale difficoltà a rinunciare alle cose: ma un museo del superfluo, fuor di metafora, è uno stimolo costante a interrogarci su ciò che ha davvero valore per noi, per la cui difesa siamo disposti a lottare. La voglia, il coinvolgimento, la volontà, più che insegnare, si possono contagiare col nostro modo di essere.
“La leggerezza perduta” è un bellissimo albo illustrato; quanto contano le immagini in un libro del genere e come si riesce a equilibrare il ruolo della parola e quello dell’illustrazione?
Il lavoro di Alicia Baladan, in questo libro, è straordinario, tanto che non riesco più a pensare la storia slegata dalle illustrazioni di Alicia: sono diventate il mio “immaginario”, come se fossero originariamente l’ambientazione del racconto, e Alicia avesse acceso la luce per illuminarla. Ma Alicia è andata anche ben oltre le parole, ha raccontato altre sfumature della storia, altre storie direi. C’è una tavola, in particolare (ne sono innamorata!), in cui Alicia ha restituito il turbine di oggetti di cui i sudditi si liberano, dopo il proclama di Celeste. Sono a mezz’aria, sospesi tra il volo e la caduta: tra gli altri, ci sono questo fantastico cappello a due piazze, e questo ombrello “da compagnia”, a tre manici, che non compaiono nel testo. Oggetti inutilissimi (un po’ come le macchine munariane) ma meravigliosamente indispensabili, che richiamano, secondo me, anche alla responsabilità sociale di chi crea un oggetto. Aggiungo che, curiosamente, questa storia ha avuto per entrambe, senza che lo sapessimo, il medesimo sottofondo letterario: Dino Buzzati. “Il deserto dei tartari”, per me, “La famosa invasione degli orsi in Sicilia” per Alicia. E infatti i nostri disegni sono pieni di orsi!
In che direzione sta andando la letteratura per ragazzi?
Credo che vada formandosi, nella letteratura per ragazzi, una sempre più profonda coscienza della sfida di raccontare il mondo affrontando anche i nodi tematici più spinosi. Con i ragazzi si può, e si deve, parlare di tutto. Questo è molto importante. Viceversa, dovrebbe essere più disponibile ad affrancarsi dai dettami del mercato ma, in questi tempi difficilissimi per l’editoria, temo sia quasi un’utopia.
“La leggerezza perduta” e la lezione del superfluo
Giulia Siena
ROMA – “Dopo secoli e secoli di gloriosa tranquillità, il nostro glorioso borgo si trova oggi ad affrontare un problema di un certo peso. Il nostro glorioso castello è diventato troppo pesante e rischia di cadere dalla nostra gloriosa nuvola. Perciò ordino che ciascuno si liberi di ciò che è superfluo, buttandolo giù dalla torre più alta. Solo in questo modo riconquisteremo la gloriosa leggerezza che ci ha consentito di vivere qui per gloriosi secoli e gloriosissimi millenni”.
In “La leggerezza perduta”, il libro di Cristina Bellemo e Alicia Baladan pubblicato da Topipittori, Re Celeste Centoventitré (successore di centoventidue re Celeste) si trova ad affrontare questa strana problematica: il suo regno, appoggiato su una nuvola, sta perdendo la sua leggerezza. Come fare? Cosa fare affinché l’intero borgo con sudditi, case e castello non cada nel vuoto del cielo stellato? Il re Celeste deve reagire alla sua proverbiale sbadataggine e prendere una decisione. Il suo regno è in pericolo. Allora decide: il suo glorioso regno deve fronteggiare l’emergenza sbarazzandosi del superfluo perché è il superfluo che mina alla tranquillità e alla leggerezza della nuvola. Deve costruire, lontano, un Museo del Superfluo per trasportare e e allontanare tutto quello che grava sul suo glorioso regno. “Ma cosa è il superfluo?” Si chiedono i sudditi stupiti. Cercando sul vocabolario scoprono che il superfluo è tutto ciò che non è strettamente necessario. Allora, per alleggerire il proprio regno, possono rinunciare alle arrabbiature e agli oggetti strani, ai sensi di colpa e alla tristezza, ma possono tenere i sogni e le speranze, quelli non pesano!
Le parole di Cristina Bellemo e le illustrazioni di Alicia Baladan ci regalano un libro che non solo parla di sogni, decisioni e leggerezza con parole semplici e fatate, ma rende queste sensazioni palpabili. Attraverso questo magnifico albo illustrato riusciamo a respirare, a essere avvolti in questa nuvola che mano mano, con l’andare del racconto, si alleggerisce e ci porta con sé rendendo tutto più semplice.
“C’era una volta una storia”
Giulia Siena
ROMA – “C’era una volta una storia. La storia abitava in un libro. Il libro era di un bambino, ma il bambino non sapeva leggere. Però guardava le figure, così della storia sapeva già molte cose, tutte interessanti.” Negli Albi della casa editrice Topipittori arriva un nuovo libro, “C’era una volta una storia” di Giovanna Zoboli e Camilla Engman.
Prima di andare a nanna il libro si apre, la mamma inizia a leggere e il bambino segue affascinato quelle immagini che si creano davanti ai suoi occhi. Il libro si chiude, la luce si spegne e il bambino vuole che quella storia continui, vuole far conoscere la magnifica storia anche al suo amico orsetto. Allora comincia nuovamente il racconto: le parole scritte lasciano il posto alle immagini e la fantasia del piccolo protagonista accompagna questa storia tra omini neri, ciliegie, alberi in Giappone, calzini danzati, fino ad arrivare al sole. Quando il sole sorge e la mamma riapre le finestre il viaggio nella magia della notte finisce e il racconto può essere nuovamente riscritto.
“C’era una volta una storia” è un libro che gioca con le parole, lo fa spontaneamente così come la fantasia di un bambino associa le immagini e le lascia libere di creare un mondo astratto.
Per questo libro le autrici si sono spogliate delle sovrastrutture dei “grandi”, hanno messo da parte le logiche e i programmi e si sono avventurate in una magnifica storia, fatta di parole e immagini.