Giulio Gasperini
AOSTA – 61 anni fa, a Marcinelle, in un incidente di miniera, morirono 262 minatori, di cui 136 italiani. Oramai sono considerati eroi, simboli di un’Italia che andava a lavorare all’estero, piuttosto che morire di fame, in cerca di un futuro migliore. Ma, in realtà, i grandi esodi degli italiani – perché di esodi si tratta, essendo partiti quasi 30 milioni di persone dall’Unità di Italia a oggi – sono stati tutt’altro che eroici. Spesso gli italiani (e Sciascia ce lo svela con la sua leggendaria profondità nel racconto “Il mare color del vino”) venivano attratti verso un supposto e ipotetico Eldorado da falsi volantini e procacciatori di esseri umani (essì, anche in passato esistevano i trafficanti e la carne da contrattazione erano nostri connazionali). Parimenti, però, numerose associazioni ed enti benefici cominciarono a scrivere una serie di guide, per aiutare i connazionali che volevano partire e, soprattutto, sopravvivere nelle nuove terre oltremare. Hermann W. Haller ha raccolto, nell’interessantissimo volume Tutti in America, edito da Franco Cesati Editore, alcune delle “guide elaborate per gli emigranti italiani durante il periodo del grande esodo”. Continua
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“No país do futebol”: il Brasile al centro del mondo.
Giulio Gasperini
AOSTA – Sotto tutti i riflettori del mondo. Non solo in quest’estate del 2014 con i Campionati mondiali di calcio ma anche in previsione delle Olimpiadi di Rio del 2016; e poi, per i gravissimi scontri sociali che l’assegnazione dei due grandi eventi ha scatenato nel popolo brasiliano, con le forti contestazioni alla politica e ai poteri forti di una delle economie considerate più in sviluppo del mondo contemporaneo.
Il giornalista Bruno Barba, come da sottotitolo, ha compiuto un viaggio antropologico in questo paese enorme e multiplo, con tante identità a incastrarsi e sovrapporsi in un mosaico complesso quanto affascinante: “No país do futebol”, edito nel 2014 da Effequ, è il risultato di questo ritorno alla casa del calcio, per eccellenza, in un mondiale dal quale l’Italia è già stata eliminata ma che non perde per questo il suo fascino indistinto.
Il punto di vista è quello del “casalingo di Voghera”, ovvero dell’italiano medio, che come sempre comincia a interessarsi di una geografia quando vi accade un evento superiore, che riesce a catalizzare la sua attenzione e ad aggirare i suoi preconcetti. L’obiettivo è quello di presentare un paese che sta vivendo un’evoluzione a ritmi pazzeschi, un’accelerazione alla modernità che ha pochi paragoni nel resto del mondo. Un paese, il Brasile, che ha sempre incuriosito e interessato per i suoi eccessi, le sue peculiarità, la sua natura ribelle, le sue dimensioni spropositate, la sua storia di armi e sangue, le sue devastanti contraddizioni, la sua musicalità anche linguistica, la genialità dei suoi artisti, la carnalità della sua letteratura. Il suo calcio stellare: ed è proprio da questo sport che l’esplorazione comincia, inevitabilmente. L’assegnazione del mondiale, le proteste, i lavori non conclusi, la prospettiva di una festa del calcio che sia orgoglio e rivalsa di un popolo e di una cultura interi. Ma dal calcio si passa ben preso ad altro: si passa ai luoghi comuni, ai pregiudizi, alle favole raccontate su questo paese dalla storia imponente. E poi si parla di libri, di poesie, di canzoni, di bossanova, di favelas, di telenovelas, di Ordem e Progresso. Nel particolare, Bruno Barba passa a descrivere le città protagoniste di questo mondiale, da Salvador de Bahia, “Universo negro”, a Rio de Janeiro, “A cidade maravilhosa”, da San Paolo, “La patria degli italiani”, a Manaus e Recife e tutti gli altri luoghi che adesso tutti sanno per averli sentiti alla televisione ma che nessuno conosce veramente. Il Brasile è il grande esempio, il grandissimo manifesto del meticciato, dell’incontro che crea unione e forza, della contaminazione che non è sinonimo di male ma che diventa potenza per significarsi in maniera migliore e più performante.
Un viaggio affascinante e coinvolgente, questo di “No país do futebol”, in uno stile accattivante che ci accompagna per mano, ci mostra le curiosità, ci rende consapevoli che il Brasile intero è più di un paese o di un orizzonte commerciale: è una ricchezza meticcia per tutti.