Daniela Distefano
CATANIA – Scrittore e filosofo, nato da madre russa e padre italiano, Igor Sibaldi è studioso di teologia e storia delle religioni e uno dei più seguiti esperti di spiritualità in Italia. Dal 1997 tiene conferenze e seminari su argomenti di mitologia, di religione e di psicologia. Negli anni Ottanta e Novanta ha tradotto varie opere di letteratura russa, in particolare romanzi e racconti di Tolstoj.
Ed è l’autore di un libro singolare, Al di là del deserto. Che cos’è la metafisica e come adoperarla per cambiare vita (Salani).
Partiamo dal “che cos’è”. La metafisica è come una fiaba che non finisce mai. La metafisica è un’attività più semplice di quel che solitamente si crede: i bambini la praticano costantemente, sotto forma di domande. Metafisica è chiedersi: “Perché questa cosa è questa cosa?”. Purtroppo, gli adulti hanno perso la capacità di farsi queste domande. Quasi sempre sono chiusi in un recinto mentale che li rende conformisti, impauriti, prigionieri. In questo libro troviamo le istruzioni preziose per superare quel recinto e utilizzare la metafisica nella vita di ogni giorno. Per ottenere questo scopo, l’autore riprende la più grande storia metafisica mai raccontata: l’Esodo di Mosè verso la Terra Promessa. Usciti come Mosè, dalla prigionia d’Egitto, e passati al di là del deserto, possiamo conquistare ciò che più desideriamo. Continua
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Salani, “Dante per chi ha fretta”: una vignetta per comprendere la fortuna di un capolavoro immortale
Daniela Distefano
CATANIA – Dove si trovi esattamente in questo momento è arduo da stabilire però è certo che la mappa per l’aldilà che ha approntato 750 anni fa è ancora fruttifera di indicazioni, segnali stradali nel cammino dalla Vita al Trapasso. Parliamo di Dante Alighieri, la nostra eredità non solo letteraria, il nostro cervello più menzionato, la voce più articolata della nostra poesia, l’uomo che ha amato una donna- angelo con gli occhi puri di un devoto.
Henrik Lange negli anni ’90 era illustratore di libri per ragazzi. Oggi vive in Svezia, dove lavora insieme a Katarina alla realizzazione dei volumi della sua ormai famosissima serie Per chi ha fretta. Dopo uno studio approfondito di Dante, della sua epoca e della sua opera Henrik e Katarina hanno concepito per i lettori italiani (Salani) affidandone la traduzione ad Alessandro Storti. Continua
Salani, “Una rivoluzione sentimentale”: intervista a Viola Ardone
Giulia Siena
PARMA – Quando un libro non è solo una storia, ma in quella vicenda si immerge, ne sviscera i personaggi, i pensieri, i cambiamenti, le sfide, i luoghi e i limiti, quel libro diventa un mezzo. Un tramite per conoscere chi scrive, la sua sensibilità, il suo desiderio di narrare, la sua voglia di raccontare. Un pretesa da puro lettore, certo, quella di immergersi in un volume e da lì trovare tracce dell’autore, eppure è sempre uno dei più forti motivi che spinge a leggere. Questa volta è Viola Ardone (nella foto in basso), autrice di Una rivoluzione sentimentale (Salani) a sospingere quella curiosità: innesta curiosità verso la storia e verso quello che c’è oltre la storia, dall’altra parte, dalla parte dell’autore.
Questa intervista vi svela un po’ di lei, della sua rivoluzione. Continua
Salani: “Una rivoluzione sentimentale”, dalla periferia per ricominciare a vivere
Giulia Siena
PARMA – “E allora, spiegatemelo voi, piccoli rivoluzionari, insegnate anche a me a fare la Rivoluzione. Spiegatemi perché per una volta che ho provato a forzare i miei confini ho dovuto sperimentare il fallimento, la solitudine, l’abbandono. E’ questa la Rivoluzione?”
Zelda, occhi grandi, ricci biondi, casco in testa e scudo sul cuore. Zelda, come nessuna in quella periferia di mondo che è Scogliano, terra dei fuochi, terra di nessuno. Zelda, Vespa bianca, muri bianchi per nascondersi dal mondo mentre tutto urla. Lei, Zelda, protagonista della penna di Viola Ardone in Una rivoluzione sentimentale (Salani), è un’altra donna: si circonda di solitudine, non si lascia trafiggere dal vivere quotidiano, non si sporca le mani, non entra nelle vite degli altri. Zelda rimane fuori. Fuori da tutto. Continua
Salani: “Ti devo un ritorno”, un romanzo sul surf e sull’amicizia in un’isola stregata ‘dall’offerta di Dio’
Daniela Distefano
CATANIA – “La prima cosa che impari in mare, quando sei sulla tavola, è che se vuoi cavalcare l’onda non puoi guardare dietro di te. Devi abbandonarti a lei, rimanendo fermo sulle gambe. Jack London scriveva che il surf è uno sport da re e io sulle onde mi sento invincibile. I miei problemi nascono tutti sulla terraferma”.
Pietro, trentadue anni, cuore sbriciolabile, coscienza a mollo, tenacia nello scarico, ha da poco perso il padre, sua colonna portante. Decide di fuggire da tutti e da se stesso e prende al volo l’idea di trasferirsi per qualche tempo nelle Azzorre dove potrà praticare la passione della sua vita, il surf. Continua
Festival Giallo Garda: il lago si tinge di giallo. Il 9 agosto arriva il libro di Loredana Limone
BRESCIA – Prosegue con successo il Festival Giallo Garda, progetto realizzato da un gruppo di amici e amiche che, riuniti in un “Comitato Festival Giallo Garda”, hanno voluto tingere il territorio del Garda di giallo e di cultura. Sulla scia di esperienze passate, il Festival Giallo Garda comprende un Premio Letterario Internazionale, una serie di incontri con gli autori e molteplici serate a tema, il tutto proiettato intorno al genere letterario del giallo. Continua
La bella favola di “Un asino a strisce”.
Giulio Gasperini
AOSTA – La storia è gonfia di un’umanità così sconcertante e potente come solo in situazione di estrema difficoltà capita di incontrare. A Gaza esisteva uno zoo, lo Zaitun. Il custode era il signor Nidal, un anziano palestinese che si prendeva cura dei suoi animali, nonostante tutte le difficoltà patite dalla sua terra. Sa che per i bambini il suo zoo è un’oasi di pace, un luogo divertente dove poter scordare fischi di pallottole, detonazioni, qualsiasi altro rumore o fantasma di violenza. Ma la guerra divampa, l’offensiva israeliana “Piombo fuso” si rovescia con violenza sui territori martoriati della Striscia. E non risparmiano lo zoo. Quasi tutti gli animali muoiono: rimangono oramai solo cani e gatti. Muoiono anche le due zebre che sono la più gradevole attrazione. Allora il guardiano ha un’idea: una specie di contraffazione della realtà, ma per un fine altamente importante. Prende due asini, denutriti ma pur sempre vivi, le rasa e li dipinge a strisce. Li maschera da zebre. Così i bambini potranno ugualmente divertirsi con gli animali, e sognare che tutto sommato possa esistere un po’ di pace.
Giorgio Scaramuzzino ha raccontato questa storia in “Un asino a strisce. La storia di un’amicizia più forte della guerra”, edito da Salani Editore nel 2013, con i disegni dalle linee emozionanti di Gek Tessaro. L’amicizia è quella tra la zebra Aidha e un bambino di nome Talal, di otto anni, uno dei più assidui frequentatori dello zoo. E dell’amicizia dei due con Nidal, il guardiano. Tutto si consuma in poche pagine ma la magia del sentimento, la commozione dell’incontro, il bisogno senza nome e senza età di un modo che sia in pace, senza più guerre, senza più rumori molesti, senza più cieli e futuri preclusi, durano e perdurano attraverso le pagine e anche a libro chiuso.
Non importa la differenza, non importa se la realtà è stata un po’ contraffatta, un po’ camuffata. Quello che importa è il senso profondo, il valore intimo. Perché tutti i bambini hanno dei poteri magici. E con questi si inventano un mondo che è migliore di quello feroce degli adulti.
Carolina Crescentini è lo “Spirito Noir” della seconda edizione del Premio Zucca
MILANO – Dopo il successo dello scorso anno, con più di 400 racconti pervenuti, parte ufficialmente la seconda edizione del “Premio Zucca Spirito Noir”, il contest letterario ideato e lanciato da Rabarbaro Zucca. Tutti gli amanti del genere potranno dare sfogo alla propria creatività a tinte nere inviando un breve racconto che avrà come soggetto l’attesa, scelto poiché il più votato dagli utenti della folta community Rabarbaro Zucca su Facebook.
A raccogliere il testimone dal collega Michele Riondino, nel ruolo di personaggio “Spirito Noir”, è Carolina Crescentini, come già annunciato in occasione dello scorso Courmayeur Noir in Festival. Sarà lei a decretare il miglior racconto assieme ad una giuria di prim’ordine, formata dal condirettore del Courmayeur Noir in Festival Giorgio Gosetti, l’attore Luca Argentero, gli scrittori noir Maurizio De Giovanni e Maurizio B. Bianchi, e infine dalla vincitrice della scorsa edizione del premio, Maria Elena Corbucci.
Grazie a Zucca, che ha ideato e realizzato il concorso, il racconto del vincitore sarà pubblicato nel secondo volume della raccolta “Spirito Noir Collection”, edito dalla casa editrice Salani. Il primo volume sarà nelle librerie dalla fine del mese di marzo 2013, e conterrà la prefazione di Piero Colaprico e un imperdibile racconto inedito di Marcello Fois.
Tutte le informazioni sul “Premio Zucca Spirito Noir” 2013 e le modalità di partecipazione sono disponibili sulla pagina Facebook di Rabarbaro Zucca.
“Soltanto la memoria è bella. Il resto è polvere e vento”
Dalila Sansone
GRAZ – “Nulla potrà riscattarci. Tu saprai cosa fare per serbare il ricordo di quanti meritano di essere salvati dall’oblio. Soltanto la memoria è bella. Il resto è polvere e vento.” Alla fine del libro questa frase suona come un imperativo. Una sorta di obbligo morale a cui ti senti vincolato, tu che tante cose non le sapevi, tu che ti eri fermato distrattamente a pensare che la storia avesse uno spessore diverso da quello del corpo di un uomo e quando l’avevi fatto fisicità e anima, passi per strada non li avevi “sentiti” abbastanza muoversi dietro di te.
“Il club degli incorreggibili ottimisti” di J.M. Guenassia (Salani, 2010) racconta un frammento della Parigi degli anni ’60, sullo sfondo la guerra in Algeria, l’imperversare del rock ‘nd roll, le defezioni da Est, la costruzione di muri invalicabili. Fisicamente, ideologicamente, emotivamente. E’ difficile dare una definizione all’opera di Guenassia: la narrazione si costruisce su più livelli, le vite non si appartengono e forse nemmeno si intrecciano, si incontrano un giorno per strada e si ritrovano a giocare a scacchi al Balto, un bistro. In un pomeriggio distratto potrebbe anche capitare di vederci seduti Kessel e Sastre lì. Insieme. L’unica regola di quello strano club è parlare in francese. Nessuno racconta da dove viene, chi era o cos’era. Se scegli di sopravvivere devi smettere di parlare, reinventare tutto di te e vivere un presente continuo fatto di alcuna altra prospettiva se non la vita e nessuna retrospettiva per non affogarci dentro. La memoria è un fatto privato, una piega interiore che le labbra non scandiscono per paura di ferirsi e ferire. Eccolo il tratto comune tra i membri del club: esistere, esistere adesso e non lasciare spazio a quello che non può farlo più. Al Balto impera la democraticità dell’assurdo, della fredda perfezione con cui si può cancellare l’esistenza, non importa se con la morte o con l’oblio. Solo che i ricordi di cui quelle esistenze sono la somma restano nello stesso modo delle poesie imparate a memoria, rubate ai fogli da bruciare, e vivono anche se in silenzio, rivivono tutte le volte o la volta soltanto in cui vale la pena che lo facciano.
Michel ha dodici anni quando si accorge della tenda verde che copre la porta d’ingresso del club e separa il calcio balilla e gli avventori ai tavoli dagli scacchi; nei quattro anni successivi imparerà che siano le ideologie, le circostanze o le decisioni di chi ci sta intorno, l’unica possibilità di scelta è limitata a cosa fare proprio di ciò che rimane. Non si poteva scegliere quanto sarebbe accaduto e brucia la sensazione che forse nemmeno quello che potrebbe accadere ancora dipenda fino in fondo proprio da noi.
E’ intessuto di umanità questo libro, nonostante qualche piccolo cedimento ai cliché del romanzo, ti sferra colpi allo stomaco improvvisi, netti e rimane capace comunque, sempre, di strapparti un sorriso. D’altra parte è la vita che fa questo gioco, a volte sembra tessere la trama di un lieto fine, altre sa essere spietata e intrisa nell’inspiegabile ma nella sua immediatezza è quella che è, qualunque sia stata e a chiunque sia appartenuta e a Guenassia riesce raccontarla con tocco lieve e la giusta ironia.
Già! Perché proprio “degli incorreggibili ottimisti”? – Michel! Sei vivo, per te tutto è possibile! –