Giorgia Sbuelz
ROMA – Nell’estate del 1911 un ragazzino dalla faccia tosta che rispondeva al nome di Antoine Marie de Saint Exupéry, ebbe il suo battesimo dell’aria, a Saint Maurice, nella Francia orientale, l’oasi incontaminata dove aveva trascorso la sua infanzia. L’entusiasmo fu tale da suscitare in lui l’incontenibile voglia di riportare l’esperienza in versi: “La scrittura mescolata all’aviazione. Non è che l’inizio”. Fu questo il punto di convergenza della duplice spinta motrice che lanciò la vita dell’appena undicenne conte de Saint Exupéry verso il destino del grand’uomo che sarà, pioniere dell’aria ed illustre scrittore.
Molto è stato raccontato sulle leggendarie imprese di “Saint Ex”, come veniva chiamato dagli amici, non sono mancate nemmeno trasposizioni cinematografiche, del resto la sua vita ben si presta, poiché fu tutta un’avventura fuori dall’ordinario, come la sua produzione letteraria e la sua morte, su cui ancora persiste un alone di mistero.
Quella che ci presenta Bernard Marck per le Edizioni Odoya, “Antoine de Saint Exupéry. Il pilota scrittore”, è una biografia sincera, il ritratto meticoloso di un autore tra i più amati, in cui le cronache delle sue avventure aeree e personali tracciano un profilo psicologico tanto complesso quanto affascinante.
Non si potrà che sorridere della curiosa abitudine del fanciullo Saint Exupéry di svegliare nel cuore della notte la madre e le sorelle per declamare trionfante un verso appena composto, abitudine che manterrà nell’età adulta con buona pace dei suoi amici, costretti ad ascoltarlo al telefono nelle ore più impensate. Antoine era così, non era mai uscito dalla sua infanzia, anzi tenacemente tese a ricrearne gli scenari e gli atteggiamenti. Memorabile in questo senso fu il primo incontro con Consuelo Suncin Sandoval, futura Madame de Saint Exupéry: trascinata a forza su un velivolo da un Antoine stregato dalle sue grazie, fu fatta accomodare sul seggiolino del copilota e, una volta in volo, le venne reclamato un bacio a fronte del quale il pilota avrebbe risparmiato dall’annegamento tutto l’equipaggio. Al “no” secco di Consuelo, come un bambino che non vede accontentato il suo capriccio, scoppiò a piangere e, mentre si lanciava in picchiata verso il mare, riuscì finalmente a strappare quel bacio alla bella salvadoregna… Anche questo era il conte Antoine de Saint Exupéry, un uomo imprevedibile dall’aspetto di un gigante, che amava le favole pur vivendo immerso nel mondo, il bambino bizzoso e l’eroe temerario dell’Aéropostale.
Negli anni Venti gli aviatori a rischio della propria vita esploravano una rete chiamata a diventare commerciale, Saint Exupéry trasporterà la posta verso Sud, assieme a lui una squadra di intrepidi operai del cielo. Nomi come Mermoz, Guillaumet e Reine rimarranno scolpiti nel cuore dello scrittore e nella storia dell’aviazione. Lanciato nei Pirenei, o messo alla prova sulla Linea Tolosa- Casablanca- Dakar, Antoine sfida le avversità, supera malattie e tempra il proprio spirito. Da queste esperienze trarrà spunto per i suoi libri, primo fra tutti “Corriere del Sud”, ma anche “Volo di notte” e “Terra degli uomini” erano opere imperniate di una rara comunione umana, quella che sperimentò con i suoi colleghi a partire da questo periodo.
Il suo rapporto con il deserto, fatto di silenziose alchimie ed infinite attese, costituirà invece molta dell’impalcatura dei suoi scritti.
“Il deserto, col suo balletto d’ombre e di luce, scopre lo scrittore, lo libera momentaneamente dalle sue contraddizioni per meglio rivelarlo”. La morte è a portata di mano e l’avaria è una possibilità reale, mentre gli scali in mezzo alle distese riarse della costa mauritana stordiscono di solitudine gli equipaggi. Diversivo salutare è rappresentato dagli animali, gazzelle o camaleonti, e qui compare il fennec, la volpe del deserto con le sue enormi orecchie. Saint Exupéry sente che “addomesticare” è il suo ruolo, anzi sottolinea spesso la bellezza della parola, che sarà la parola chiave della sua opera più nota, “Il Piccolo Principe”.
Lunga e laboriosa fu la gestazione de “Il Piccolo Principe”, a partire dalla sua pubblicazione: il bambino biondo dalla lunga sciarpa bianca fece per la prima volta la sua comparsa il 6 aprile del 1943 a New York in lingua inglese. In Europa infuriava la guerra e Saint Exupéry era già stato messo al centro di duri dibattiti politici, che lo dipingevano a seconda delle parti, una volta sostenitore di de Gaulle, una volta di Pétain. Le polemiche volte alla politicizzazione dei suoi scritti, contribuirono ad incrementare un palpabile senso di mal di vivere, da cui sembrava affetto nell’ultima parte della sua vita.
Reduce da incidenti aerei gravissimi che avevano fortemente penalizzato il suo corpo, spesso ripensava ai vecchi colleghi, eroi dell’Aéropostale, che oramai non esisteva più, avendo ceduto il passo alla nascente Air France. Anche i suoi colleghi non esistevano più e il suo matrimonio si reggeva a stento in piedi, a causa delle reciproche infedeltà, quelle di lui erano addirittura ufficializzate, e di un comportamento volubile negli affetti come nei lussi. Soffrì sempre una certa precarietà economica e spesso ricorse all’aiuto del borsellino di sua madre, ma raramente rinunciava ai vizi, del resto non era forse nato conte? Eppure non conosceva malizia, si sporcava nella maniera perdonabile con cui si sporcano i bambini. Proprio il Piccolo Principe venne definito da Anne Morrow Lindbergh “un adulto con un cuore di bambino”, descrizione che calzava a pennello col conte Saint Ex. Il successo del libro fu di portata mondiale, definito anche “una favola triste”, era l’occasione di Antoine per rivelare ancora una volta al mondo la sua prospettiva poetica e gentile dell’esistenza, per dichiarare finalmente il suo amore per Consuelo vestendola dei panni della “rosa”, l’unica al mondo, la rosa del Piccolo Principe.
Come quella favola triste, si chiuse anche la sua storia, silenziosamente, una mattina del 31 luglio 1944, mentre era in volo di ricognizione sul Mediterraneo, in missione per gli Alleati, pronto ad infastidire i tedeschi nei loro covi. Era un “Pilota di guerra” (come aveva intitolato una sua opera) e a bordo di un Lightning bimotore semplicemente sparì.
Bernard Marck in 576 pagine offre un racconto davvero generoso, frutto di oltre vent’anni di ricerche, di una vita talmente densa da costituire il solido basamento per le opere dello stesso Saint Exupéry. Si coglie nel linguaggio la profonda deferenza di Marck nei confronti di quest’autore, il ritratto storico è avvincente e appassionato, il punto di vista affettuoso e mai lezioso.
Un lavoro magistrale, all’altezza dell’esistenza straordinaria che viene narrata.