Giulia Siena
PARMA – Con gli anni sono diventata scettica. Cominciai a scrivere di libri perché volevo rimanesse qualcosa di quello che leggevo; volevo che lo spiccato spirito di osservazione che mi tiene in ostaggio servisse agli altri nel districarsi nella contorta logica delle librerie generaliste. Così, cominciai a parlare di libri e a diventare, con il tempo, sempre più scettica. Ora, appena prendo un libro in mano, sono scettica… in senso buono! Lo scetticismo mi ha portato ad un’analisi ancora più profonda (si cade quasi nella paranoia da lettore consapevole) su ciò che vado a leggere. Voglio che quel libro mi tolga ogni titubanza: mi coinvolga, sia attinente con ciò che promette, si faccia ricordare! Per farlo, ogni volta, mi chiedo dove si voglia arrivare e poi, alla fine del libro, tirare le somme: era quello che volevano (editore-editor-autore)?
Vi ho detto, lo faccio con ogni libro, ogni giorno. L’ho fatto anche con Nati sotto il segno del cavolo e, nonostante Irene Vella sia una garanzia di scrittura spassosa e coinvolgente, questa nuova, nuovissima esperienza letteraria – infatti sarà in libreria da martedì 14 ottobre – poteva essere rischiosa. Il libro, scritto a quattro mani con Roberta Giovinazzo (insieme nella foto a lato) – sorprendente per freschezza narrativa e ironia – e pubblicato da Novecento Editore, correva il rischio di lasciarsi fraintendere. La storia è scritta da due differenti punti di vista, quello di Irene e di Roberta, che poi sarebbero quattro, ci sono anche loro, i piccoli protagonisti, Gnomo (figlio di Irene) e Biscotto (figlio di Roberta). Queste due mamme, per loro definizione, sono “mamme che si sentono sbagliate”. Sì, proprio così, perché mentre le mamme perfette sono sempre puntuali, ben pettinate con tailleur o le ballerine o il cardigan di cachemire, le nostre due mamme sono “normali”, ovvero in perenne ritardo, stanche, giramondo e un po’ spettinate. Con loro, in questa avventura, i loro figli, piccoli ometti cinici e diretti. Nati sotto il segno del cavolo, infatti, vuole sfatare quel mito che vuole tutti i bambini buoni, educati e gentili, ci sono infatti veri e propri “bimbi-merda”, quelli che non si vergognano di dire la loro, quelli che, nonostante figli di “mamme-merda”, riescono a mettere quest’ultime in grande imbarazzo. Da zero a dieci anni (più o meno) la vita di Gnomo e Biscotto viene raccontata dalle loro madri attraverso episodi quotidiani di divertimento, gioia, difficoltà e amore. La penna ironica, narrativa, descrittiva e generosa di Irene Vella – quella della Giovinazzo non è da meno! – è un vero e proprio regalo per il lettore che varca la porta di casa ed entra in questo caotico e bellissimo mondo.
La mission, per le due autrici, era difficile: giocare poteva portare a calcare un po’ la mano e risultare l’opposto di perfettine, risultare stronze senza amore. Ma il risultato è stato amore puro, amore senza regole, amore smisurato nonostante le difficoltà della vita, la diversità di approccio, di età, di bisogni, di famiglia. E, per tornare all’inizio, hanno fatto dileguare ogni mia titubanza.
Il libro, con le prefazioni di Cristina Parodi e Rita dalla Chiesa, si chiude con i racconti di cinque genitori alle prese con figlio più o meno “bimbi-merda”.