Giulio Gasperini
AOSTA – La scuola, in Italia, è sempre al centro delle più roventi polemiche. La sua riforma, di solito, accompagna l’insediamento di ogni nuovo governo, che sia di centro di destro o di sinistra. Spesso si susseguono senza lungimiranza né programmazione, con il solo scopo di dar l’impressione di star riformando qualcosa. Ma la riforma non è necessariamente collegata a un effettivo miglioramento della condizione di partenza. Spesso, invece, è stato – soprattutto con la scuola – l’esatto contrario. Marco Rossi-Doria, maestro elementare e co-fondatore del progetto Chance, Sottosegretario di Stato all’Istruzione dal 2011 al 2014, ha dialogato con Giulia Tosoni in questa lunga intervista edita dalle Edizioni del Gruppo Abele di Torino nella collana Palafitte: “La scuola è mondo. Conversazioni su strada e istituzioni”.
L’esperienza di Marco Rossi-Doria è un’esperienza avvincente: il progetto Chance, tra gli altri, ha permesso alla scuola di aprire le porte delle aule e di riversarsi nelle difficili realtà di zone d’Italia dove l’abbandono scolastico è ancora una piaga sociale. Una scuola sociale, cha ha i suoi predecessori e modelli in don Milani e Mario Lodi. E proprio una scuola sociale, una scuola che ha un ruolo politico, di costruzione di identità e modelli per consolidare e arricchire la società, è il punto focale e centrale della lunga conversazione tra Rossi-Doria e Tosoni. Le sei sezioni in cui l’intervista è stata suddivisa, toccando aspetti diversi dell’argomento scuola, sono legati tutti dall’idea che “l’educazione è una funzione umana naturale perché universale. Ma hai anche una missione, socialmente fondata”. Perché “la scuola è un luogo sociale, di costruzione sociale e di apprendimento svolto insieme”. E il maestro ne è la guida, ma anche un artigiano che deve affinare pratiche e inventarsene altre, perché il questo “mestiere” ha un carattere creativo.
Secondo Marco Rossi-Doria la scuola dovrebbe abdicare dal quel suo compito, piuttosto sterile e fallimentare, di “trasmettitrice di nozioni”, rendendosi protagonista di un cambiamento che non si difenda dai bambini, dalla loro creatività, dalle loro esigenze e richieste. A cominciare dagli insegnanti, che Rossi-Doria indica come gli attanti principali nel processo di educazione e apprendimento. “Va fortemente scoraggiato – non solo durante la formazione per diventare insegnante, ma anche dopo che si è entrati a scuola – chi si ostina a credere che un gruppo di bambini o ragazzi possa acquisire gli strumenti per leggere e cambiare il mondo perché un signore più grande glieli ha semplicemente ‘spiegati’”. Questo perché l’insegnante, secondo Rossi-Doria, è “immerso in un artigianato emotivo e cognitivo insieme”. La scuola diventa spazio non solo di conoscenza ma anche di incontro e confronto, di crescita e costituzione della cittadinanza attiva: “Creare, migliorare, custodire e manutenere questo contesto, che vede l’azione dei docenti, ma soprattutto l’incursione quotidiana di ogni bambino e dei bambini tutti insieme. È la prima cosa che va mantenuta, stimolata e promossa in ogni scuola della Repubblica”.
L’ideale è ottimo, ma la nostra realtà a che punto è?
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“Lampedusa”, quale futuro per la porta d’Europa?
Giulio Gasperini
AOSTA – Giusi Nicolini da sempre alza la voce in difesa di terre e uomini. Da quando è stata eletta sindaco, nel 2012, ha portato all’attenzione dell’Europa intera quei ventun chilometri scarsi di terra che amministra. Marta Bellingreri l’ha intervistata, nel luglio 2013, e questa lunga chiacchierata è stata pubblicata dalle Edizioni Gruppo Abele nel 2013 nella collana “Palafitte”. “Lampedusa. Conversazioni su isole, politica, migranti” è un manifesto di grande lucidità e acutezza, nel quale Giusi Nicolini, diventata uno dei sindaci più famosi d’Italia, racconta la sua storia, la sua decisione di dedicarsi all’amministrazione politica delle sue terre, e tratteggia con grande competenza quelli che potrebbero essere gli orizzonti futuri per Lampedusa, la porta dell’Europa.
Giusi Nicolini parla delle migrazioni, del ruolo che Lampedusa ha nell’accogliere le persone in fuga da una realtà feroce, da malattie, dalla guerra, dalla fame. Parla del cimitero che non basta, dei diritti negati anche da morti, parla dei tanti troppi minori non accompagnati che viaggiano sulle rotte del Mediterraneo e che sono abbandonati, senza cure né assistenza. Tra i tanti progetti realizzati si cita anche la Biblioteca dei ragazzi, realizzata grazie a un progetto di Ibby Italia, nella quale saranno utilizzati molti silent books, libri senza parole ma con tante immagini, realizzati per superare le barriere linguistiche tra i bambini italiani e quelli migranti.
Ma non ci sono migranti, nella storia di Lampedusa. C’è anche l’ambiente, una risorsa straordinaria che fino a pochi anni fa era seriamente minacciata dall’uomo e dai suoi abusi di vario ordine e grado. Quell’ambiente che recentemente ha conferito alla spiaggia dell’Isola dei Conigli il titolo di spiaggia più bella del mondo. Un riconoscimento anche al lavoro della Nicolini, che per tanti anni è stata responsabile di Legambiente della Riserva dell’Isola dei Conigli, una delle ultime spiagge europee dove si riproducono le tartarughe marine, le Carretta, che a Lampedusa vengono recuperate e, in un apposito ospedale, curate.
La lunga intervista con Giusi Nicolini mette in luce le potenzialità e le reali esigenze di un’isola, e di una terra, per lungo tempo dimenticata, trascurata ai margini dell’italianità in ogni settore, da quello scolastico-sanitario a quello sanitario, a quello dell’approvvigionamento idrico ed energetico. Un’isola che strategicamente ha la sua importanza, tanto da essere diventata sede di una base NATO, e di esser stata vittima di un attacco missilistico dalle coste libiche, nel 1986, ad opera del Colonnello Gheddafi.
Ma la Nicolini ha parole di accusa anche per la politica italiana, per i partiti, per i meccanismi del potere che vogliono sempre ricondurti in una definizione, in una schematicità. La sua battaglia si definisce quasi apolitica, sfidando preconcetti e pregiudizi che sono propri di intere collettività umane. I valori che sono difesi, le aspirazioni ventilate, gli obiettivi sperati sono patrimonio comune, non esigenze da manifesto partitico o campagna elettorale.