Giulio Gasperini
ROMA – Shakespeare lo aveva fatto. Nella sua commedia forse più straordinaria, “Sogno di una notte di mezz’estate”, aveva addirittura costretto una fata, pur sotto incantesimo, a innamorarsi di una testa d’asino su un corpo di uomo. Pia Pera parte proprio da qui: da un amore che troppo spesso è onirico, perso tra i fumi della trasformazione, quando tutto il mondo si scontorna e, come vento, sposta le sabbie e modifica le dune. I racconti de “La bellezza dell’asino” (Marsilio, 1992) testimoniano proprio questo: quanto il mondo possa essere completamente diverso, persino capovolto, se osservato e analizzato da un’altra prospettiva, collaterale, finanche estraniante.
I sentimenti, gli amori, il sesso, le sensazioni possono pur essere sempre le medesime, ma si quantificano e significano diversamente, offrendoci magari un appiglio estraniato ed estraniante. Un gatto che parla della sua padrona modella come se lei fosse la sua amante, e facendoci credere di esserlo stato veramente, in carne e ossa. Una successione di lettere consequenziali ma pericolanti, in una sorta di “relazioni pericolose” degli anni Novanta. Una confessione dolorosa e lancinante, compromettente e invalidante dell’umanità intima e più profonda. Il mondo va così accelerato, così rutilante, da mozzare il fiato nei polmoni, da lasciarli sgonfi. E allora cosa c’è di meglio che riposarsi tra le parole, tra i pensieri che vengono modellati dalle sillabe, messe poi nero su bianco con la precisione chirurgica di un inchiostro che non si smarrisce e che compatta l’uomo, impedendogli di sciogliersi e perdersi. Tutti marionette siamo, tutti goffi fantocci che il destino (o, chi preferisce, il caso e la casualità) muove docilmente, plasma secondo le sue direttive, gestisce e smentisce. Ma non ci sono solo gli uomini ad avere importanza. Ci sono anche gli animali che pensano e si comportano come gli uomini, meglio di loro in qualche caso, dimostrando sia istinto che inarrestabile spirito di conservazione. I legami umani sono complessi e fragili, delicati nel loro equilibrio di parole non dette ma pensate, di voci compromesse e di destini riscattati.
Al centro di tutto, c’è comunque la bellezza; la bellezza che provoca indifferenza, sospetto nei confronti dell’altra umanità che respira e pulsa tutt’intorno; la bellezza contro la quale ci troviamo a combattere e vivere; la bellezza che non sempre incentiva, quasi mai si trova nei posti che ci aspetteremmo; la bellezza che comporta fatica, mette in gioco l’uomo, lo porta a scommettere persino contro sé stesso, attendendo la possibilità di un riscatto e di una riconversione sincera; la bellezza che lo motiva e lo sostanzia, lo giustifica e lo definisce, che lo compromette e, in qualche caso, lo divora e lo strazia. Qualcuna ha scritto che, forse, potrebbe pure salvarlo!
La bellezza c’è. Da qualche parte. E da qualche parte, ognuno di noi, la scova. Anche in un asino.