Giulio Gasperini
AOSTA – Quando uscì nel 1897 il “Dracula” di Bram Stoker divenne un caso editoriale. Non soltanto per la storia agghiacciante ma seducente che narrava, ma anche per la modalità narrativa in cui era stato composto: un sommarsi e sovrapporsi di lettere e pagine di diari che consentivano di aggiungere un tassello alla volta nella ricostruzione del quadro complessivo, tanti sapidi punti di vista che edificavano una narrazione non scontata e mai banale, sempre in attesa. Nessuno era il narratore principale ma tutti i personaggi, in una coralità sinfonica, co-partecipavano alla narrazione stessa.
Marija Elifërova, in “Morte di un autore”, edito da Voland nel 2013, ha deciso di prendere il capolavoro di Stoker come modello per consegnarci una storia fluida e appassionante su un novello vampiro, il misterioso personaggio, Miroslav Eminovič. Di questa storia, magistralmente narrata, non si può svelare troppo; pena, la perdita di gran parte del piacere della letteratura. Uno dei meriti principali della Elifërova è senza dubbio quello di aver creato un romanzo in frammenti, sfruttando un divertissement narrativo di notevole e indubbio impatto emotivo. Non ci sono soltanto lettere, tra le fonti della Elifërova: ci sono anche ritagli di giornale, di cronaca, di cultura, di critica; ci sono le improbabili pagine della grande Virginia Woolf; c’è la seduzione del cinema e la vanità degli attori; ci sono le pagine intelligente di una studentessa tedesca; ci sono le pagine dettagliate e poetiche di una donna che finirà pazza. Ci sono tante angolazioni, squadernati con sapienza e maestria da una narratrice che sa orchestrare e dirigere i molteplici e distanti punti di vista.
La storia forse è in parte prevedibile, in qualche momento anche scontata. Ma non è l’interesse principale di chi scrive. L’autrice si intuisce come voglia tenere tesa e vibrante l’attenzione del lettore rivelando poco alla volta, centellinando le confessioni e i dettagli, svelando emozioni e misteri con una perizia più che giornalistica. La storia di Miroslav Eminovič incuriosisce e stupisce: e fondamentale, in tal senso, è l’importanza che la Elifërova, nella sua veste di autrice, attribuisce all’importanza dello studio, della filologia, dei tomi alti e polverosi che infestano, per molte persone, le biblioteche, ma che invece le popolano di vita e saggezza. Il più svettante dei meriti, però, la Elifërova l’ha squadernato nella costruzione del rapporto tra autore (fittizio), protagonista (e modello) e riproduttore del protagonista (l’attore): le tre figure, di Alistair Mopper, di Miroslav Eminovič edi Imre Mikesz, rappresentano un capolavoro di sintesi del rapporto tra chi la storia la scrive (che lentamente si spegne di mancata fantasia), di chi ne è protagonista (e che pare vivere solo in funzione della narrazione) e di chi la riproduce (che diventa folle e non conserva più individualità). Il consueto gioco di specchi tra finzione e realtà, che in tanti hanno provato a teorizzare ma che mai nessuno è riuscito – con sapienza eterna e compiuta – a risolvere.
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