Giulio Gasperini
AOSTA – Due zebre che in realtà non sono zebre, ma proprio per questo riescono nel loro compito meglio che se lo fossero. Parrebbe un assurdo se non fosse che la storia è di cronaca; quella vera. Per sopperire alla morte dei due animali africani, tra le tante vittime dell’embargo, il direttore dello zoo di Gaza nel 2009 dipinse due asini. A strisce, nere. Tutti, ovviamente, si resero conto della mistificazione, ma la magia prodotta da un tale gesto bastò per convincere tutti a non smascherare la verità e a continuare nella finzione. Lo zoo è per antonomasia il luogo del divertimento soprattutto per i più piccoli, che lì dentro possono sognare e divertirsi alle prese con i tanti e strani animali: nessuno si assunse il compito di spezzare questo magico incantesimo in una delle zone più martoriate della Terra, di venire meno a un tacito accordo di pacifica omertà. Da questo spunto di cronaca parte il romanzo di Marc Michel-Amadry, la sua prima fatica letteraria edita in Italia da Elliot edizioni nel 2012: “Due zebre sulla Trentesima Strada”.
È un fotoreporter molto famoso quello che, per caso, si imbatte in una zebra che zebra non pare. La sua vita è in una fase critica, delicata. In uno di quei momenti che spesso accadono quando niente dà più un senso e quando tutto pare inutile, senza ragione. Quella zebra gli cambia la vita: capisce quanto basti poco per migliorare la condizione degli altri, e persino di sé stessi. E decide di assumersi una missione: fare in modo che lo zoo di Gaza possa avere tutti gli animali che occorrono per il benessere e la felicità dei bambini e di tutti gli altri abitanti. A questa storia se ne lega un’altra: quella di una coppia, che vive un momento di separazione consensuale. Ma entrambi hanno il pensiero rivolto all’altro, nella convinzione che, prima o poi, torneranno a stare insieme. Ed è proprio sulla Trentesima Strada di New York che il miracolo, originato da quelle due zebre che zebre non sono, avviene e scocca la scintila.
La trama del romanzo è l’architettura robusta alla quale si aggrappano le figure e i personaggi che popolano i tanti setting: Berlino, New York, Gaza. Ed è proprio la trama l’aspetto più solido e consistente, perché il romanzo si incentra sulla casualità degli avvenimenti che non è casualità ma definito destino; racconta le sorprese che l’uomo si può meritare, della speranza di poter trovare un orizzonte felice anche se potrebbe sembrare che la violenza sia eccessiva e la morte inevitabile. Il tono da commedia rosa stanca e alla lunga sfinisce: lo stridore tra il destino martoriato della Striscia di Gaza e il futuro radioso che, quasi senza meriti, i protagonisti si sorprendono a meritare è persino irritante. Resta comunque un piccolo ricamo, effettivamente una pausa rilassante in un contesto dove gli orizzonti sono meno placidi.
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