Marianna Abbate
ROMA – Piccola premessa: seppure non si tratti di un giallo canonico, questa recensione potrebbe contenere spoiler (NdR). Tutta tinta di giallo la copertina del libro di Antonio di Costanzo, ci fa ingiustamente associare questo libro ai classici gialli da edicola. Ma “Non sono un fottuto giornalista eroe”, edito da Cento Autori, sfugge a queste classificazioni estemporanee, ritagliandosi un posto tutto suo nel panorama letterario.
Si tratta di un romanzo, certo, ma non segue i canoni del giallo classico. Il protagonista, che dovrebbe svolgere il ruolo di detective amatoriale, non ha nulla del Poirot di Agatha Christie, e non assomiglia neanche al Watson, fedele amico di Holmes. Iacopo Fernandez è alla seconda avventura da detective ( la prima è stata raccontata nel libro “Volevo solo svegliarmi tardi la mattina” che devo assolutamente rimediare). Non è dotato di spirito di osservazione, né di grande intuito. Non ha la pazienza di studiare 675 tipi di tabacco diversi e neanche le conoscenze di chimica per farlo. Scopre le cose per il semplice motivo che gli vengono dette dalle persone più strane, che per un qualche motivo inspiegabile lo trovano simpatico. Persino il vicecapo della polizia, che odia notoriamente tutti i giornalisti, lo ha preso a benvolere.
Si trova, suo malgrado, in mezzo a una storia più grande di lui, nonostante tutti i tentativi a sfuggire alla realtà che lo circonda con “litrate” di alcolici che si versa in gola a ogni ora del giorno e della notte.
Il caso criminale, che vede coinvolta la morte di un clandestino cingalese, passa in secondo piano. Il crimine si trova sullo sfondo di questo libro che non è altro che un ritratto di parole di un personaggio molto ben costruito ed interessante. Tant’é che alla fine scopriamo che (ATTENZIONE SPOILER) a compiere l’omicidio sono state persone completamente slegate alla storia e mai nominate prima nel romanzo. Quindi non c’è nessun processo deduttivo, nessuna osservazione di una mente superiore: niente di niente. (FINE SPOILER)
E allora perché leggere questo libro? Vi assicuro che ci sono motivi validissimi.
In primis è scritto molto bene, un italiano di qualità di chi non si improvvisa scrittore dal giorno alla notte; il protagonista è interessante come vi ho già accennato, e speriamo di ritrovarlo in altre avventure, anche perché trovo che questo più che un romanzo sia un racconto lungo (signor Di Costanzo ci faccia una bella raccolta con almeno tre avventure e saremo felici).
Inoltre, il mondo raccontato somiglia tantissimo a quei sogni di giornalisti, cui piacerebbe moltissimo trovarsi per caso coinvolti in complicate storie dalle quali uscirebbero eroicamente vittoriosi, con al fianco una bella donna e prime pagine sui quotidiani a loro dedicate.
“Non sono un fottuto giornalista eroe” ha qualcosa di Hemingway qualcosa di Bukowski e moltissimo dei corsi di scrittura creativa. Un linguaggio semplice, chiaro e affascinante.
Unica pecca? Un po’ troppi titoli di canzoni radical chic. Perdonabile.