Garzanti: Cercando Virginia, quando la letteratura incontra la vita

Intervista ad Elisabetta Bricca

Giulia Siena
PARMA – Emma è poco più di una ragazzina quando Franco abusa di lei. La sofferenza, la vergogna, il silenzio. Tutto attorno ad Emma ha il sapore della sconfitta e della derisione; è Settimio, suo fratello, a salvarla portandola nel palazzo di Elisabeth, dove diventerà la nuova cameriera. Emma non è come le altre ragazze che attendono l’amore per fuggire altrove, lei non è interessata ai fronzoli, vorrebbe avere il tempo per studiare, leggere; Elisabeth, dentro quella gabbi dorata è infelice. Qui le due donne, così diverse, così segnate e disilluse, troveranno dialogo e comprensione. Insieme, attraverso la lettura delle più intense pagine di Virginia Woolf, combatteranno per la propria libertà. Quando Elisabeth verrà a mancare ad Emma sarà chiesta una nuova prova. Dovrà partire, abbandonare la familiare Cortona e andare alla ricerca del passato della contessa. Elisabetta Bricca (nella foto in basso) con Cercando Virginia, pubblicato da Garzanti, rende omaggio alla grande letteratura attraverso una storia che parla di donne alle donne. Di questo romanzo ci parla la stessa autrice.

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“Lettere da Sodoma”, dove l’amore è feroce.

Lettere da SodomaGiulio Gasperini
AOSTA – “Un reietto, un rifiuto della società costituita, un borghese che è sceso fino al rango fangoso dei pezzenti, dei falliti”. Fallito, soprattutto, nelle sue ispirazioni artistiche e poetiche. È questo il personaggio protagonista del romanzo epistolare “Lettere da Sodoma”, che Dario Bellezza pubblicò per Garzanti nel 1972. Attraverso missive inviate a scontornati destinatari, Marco narra la storia della sua condizione, di questo strazio di vivere che si tesse con un più profondo supplizio d’amore: “Ho orrore della mia condizione di maniacalmente depresso che desidera l’orrore dell’euforia: fra questi due poli oscilla la mia vita”. E la sua vita è una continua lamentazione, un inarrestabile cadere in spazi d’ombra interiori, dove tiranneggia “la tragicità fanatica del quotidiano”. È un continuo ripensare ai suoi fallimenti, affliggersi con legami sadici e furenti: “Vivere di progetti non mi basta più”, ma neanche il sogno ha più spazio nella sua vita, neanche un amore che sia sano e maturo, puro e coraggioso.
Il tiranno per eccellenza, che spadroneggia e infuria, è Luciano, un ragazzino che si prostituisce per capriccio e avidità, che si diverte in un gioco perverso a tormentare e torturare il fragilissimo amante. La soluzione, Marco, l’ha ben chiara: “Mi ripeto che per farlo stare con me lo devo fare mio prigioniero”. È un amore cannibale, un amore tormentoso, una continua violenta prevaricazione e . Le parole di Marco sono velenose frecce, affondi feroci e violenti, ma anche consapevole che l’altro abbia un’armatura resistente e tenace, possegga una capacità innata di difendersi semplicemente con il potere della sua esistenza svagata e indisciplinata: “Lo scandalo di questa solitudine in cui mi costringi mi ucciderà. Attenta al rimorso. Ma tu sei troppo superiore a tutto”.
Marco sceglie la lettera, una forma di lettera poetica, per indagare il proprio scontento e lanciare anatemi e violente requisitorie contro i suoi amici, i suoi amanti, i suoi nemici, i suoi amori tribolati; la lettera gli dà compagnia, gli concede la possibilità di fingere una sciarada, una ricostruzione aleatoria e fittizia di una vita che lui desidererebbe intensamente non fosse la sua: “Ecco perché almeno queste lettere mi fanno un po’ di compagnia: sorelle della mia futura morte. Sono la mia ultima occasione, dove, niente essendo autobiografico, tutto lo sembrerà, senza rimedio”. Ma la lettera è strumento di strenua difesa, l’unica possibilità – fallito il tentativo letterario – per significare il suo io più profondo e concedersi una giustificazione d’esistenza: “Sono attaccato a queste lettere come un naufrago alla sua zattera che forse lo porterà a salvazione. Soprattutto le scrivo per uccidere il tempo, la noia”. La sua è una confessione, un tentativo di espiazione (“Mi sto laicamente confessando”). Ma abita a Sodoma, e pare non esistere per lui nessuna promessa di redenzione.