Giulia Siena
PARMA – Emmanuel Bove – come scrive Antonio Castronovo nella postfazione de L’equivoco – “aveva rischiato l’oblio: aveva scritto tra il 1924 e il 1945 una trentina di romanzi, vari racconti e un breve diario”. L’abbondante e veloce produzione narrativa, però, non bastò a fare emergere l’interessante voce narrativa dell’autore parigino tra il chiasso corale del dopoguerra. Eppure la scrittura di Bove (nato Bobovnikoff da padre russo e madre lussemburghese) attrae per lucidità, ricchezza e perspicacia. L’occasione per conoscerla, scoprirla o riscoprirla è, appunto, L’equivoco, il racconto del 1930 portato in Italia dalla sempre sorprendente Via del Vento Edizioni.
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