Giulia Siena
PARMA – “La poesia di quel tempo lontano è allo stesso tempo ispirazione e testimonianza”. Il tempo di cui parla lo scrittore lettone Kunts Skujenieks è quello in cui i servizi segreti sovietici gli tolsero la libertà con l’accusa di attività antisovietica. Sette anni di reclusione in cui la scrittura diventa una “forma di vita”. La scrittura serve a Kunts Skujenieks per tutelare il proprio equilibrio mentre la sua vita vive una battuta di arresto; innocente si trova a diventare prigioniero – non schiavo – di un campo di lavoro nella Repubblica autonoma di Mordovia, in Russia. La scrittura di quegli anni diventa Sēkla sniegā – Un seme nella neve, poesie e lettere dal gulag, pubblicato da Damocle. Continua
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