Luca Vaudagnotto
AOSTA – Nessun altro titolo pareva più azzeccato di questo per introdurre “Luce istantanea” (Edizioni della Meridiana), del regista russo Andrej Tarkovskij (1932-1986), un libro da leggere e guardare. Si tratta, infatti, di una raccolta di Polaroid scattate in Russia e in Italia sui set di alcuni film celeberrimi (Lo specchio, 1974, e Nostalghia, 1983), corredate da appunti, pensieri trascritti e annotazioni che permettono al lettore di penetrare la poetica di questo immenso cineasta. E poetica è il termine più giusto per presentare questa raccolta, edita da Ultreya nel 2002, perché la poesia, e nello specifico la poesia della luce, è il fil rouge che unisce non solo queste piccole immagini dense e ricchissime, ma tutta la produzione del Tarkovskij regista.
In queste immagini, così intense ed evocative, Tarkovskij utilizza la luce come un elemento denso, materico, capace di modificare ogni cosa che colpisce e illumina, per veicolare i significati e i temi fondanti della sua ricerca artistica: troviamo, dunque, il topos della famiglia, nei ritratti della moglie e del figlio, trattenuti dal regime sovietico durante il suo viaggio in Italia, quello della casa, che si esprime attraverso gli sguardi sugli interni, i raggi di sole che trapassano le finestre, i mazzi di fiori di un giallo luminosissimo sui tavoli, le pieghe molli delle tende ombreggiate dal tramonto, o ancora l’archetipo dello spazio personale, del guscio, dell’intimità, dei luoghi dell’anima nelle fotografie di paesaggi, alberi e steccati, fiumi e cespugli, che circondano la casa del regista. Luoghi, oggetti, persone che raccontano al lettore, mediante la poesia di queste immagini che diventano per volere del loro autore una guida, un ponte verso altri significati, la nostalgia dell’esilio, la condizione precaria dell’uomo, l’importanza della memoria.
Tutto, infine, è intriso di una certa religiosità, che è difficile definire ma che Tarkovskij richiama continuamente, anche nelle sue parole: si avverte la presenza dell’assoluto, di un approccio religioso, ma di cui non è dato sapere di più. Queste polaroid diventano così icone, nel senso più autentico della parola: tutto ciò che ci circonda, attraverso la luce, è apparizione, immagine di un’entità suprema da cui siamo tutti, seppur inconsapevolmente, illuminati.