Marianna Abbate
ROMA – Un’atmosfera magica, inquietante e un tantino afosa- quella delle tragedie di Garcia Lorca. Uno dei miei autori preferiti, sia per la sua lirica pesante e carica di duende, sia per i versi più riflessivi, ma soprattutto per il suo teatro. Nel tempo in cui in Italia Pirandello cercava con impeto un autore per i suoi personaggi, molti personaggi avevano trovato il loro autore in Garcia Lorca. Un uomo piccolino, scuro e introverso- ma passionale, forte e rivoluzionario. Ha osato sfidare il regime, un po’ in stile manzoniano- raccontando la storia contemporanea vestita di passato, e questa sfida è venuta a costargli la vita. Bodas de sangre- Le nozze di sangue, sono solo un pretesto per avvicinarsi alla sua letteratura teatrale. Un mondo popolato da donne, dipinte in ogni sfaccettatura: deboli e prive di diritti, ma forti delle tradizioni, del coraggio e di un desiderio di sopravvivenza che gli uomini sembrano avere perduto, in qualche lontana battaglia per una Libertà senza volto.
In un mondo in cui il razionalismo sembra aver preso potere su tutto, in cui in tutto il mondo si celebra la guerra, unica pulizia, la Spagna sembra galleggiare in uno spazio-tempo lontano, astruso. Che vede protagonista il surrealismo di Dalì e Bunuel, e il ritorno in auge del Cante Jondo e della magia Andalusa.
Le nozze combinate, contro la volontà di una sposa innamorata, non possono avere luogo. Perché l’amore vero e la passione preferiscono la morte e la tragedia ad una vita spenta e non voluta. I protagonisti sono spinti da forze occulte, molto più grandi di quelle che guidano e regolano la società contemporanea. Forze che sono metafora della poesia, della passione della libertà. Quelle stesse forze che porteranno gli spagnoli nelle piazze a combattere. E ridaranno ai poeti il loro posto nel mondo.