Giulio Gasperini
AOSTA – Jodie Foster, Tom Daley, Maria Bello, Michelle Rodriguez, Thomas Hitzlsperger: il coming out non sta diventando di moda. Sta semplicemente facendosi più facile. Oramai i cambiamenti – seppur lenti – della società permettono di non sviluppare feroci sensi di colpa per la propria vera natura. Il coming out rimane comunque spesso un faticoso percorso interiore, frutto di uno scavo profondo nella propria intimità, nella lenta ma inevitabile presa di coscienza di sé, del proprio io; percorso, questo, che rappresenta per ognuno la pietra angolare dalla quale partire per costruire la propria personalità e sulla quale costruire le capacità relazionali. La storia di Beldan Sezen potrebbe essere particolare per tanti aspetti: turca, cresciuta in Germania, trapiantata ad Amsterdam, artista, lesbica. Ma la sua narrazione, in “Sulla mia pelle”, edito dalle Edizioni BeccoGiallo nel 2014, ce la rende tutto sommato abbastanza comune. Non per questo banale, ovviamente; ma una sorta di exemplum di dantesca memoria: un percorso, cioè, nel quale chiunque si possa ritrovare, adattandolo alle proprie variabili e modellandolo sulle proprie varianti, ma pur sempre carico di valori universali.
Probabilmente questo non era neanche l’intento dell’autrice, ma la capacità della buona letteratura sta proprio in questo: nel diventare strumento comune, identità collettiva. Letteratura, sì; perché oramai la graphic novel è genere letterario, sufficientemente adulto per poter permettersi di affrontare temi e questioni anche complesse, con una facilità di fruizione data anche dalla sinergia di linguaggio iconico e testuale. E questo “Sulla mia pelle” ne è esempio lampante e significativo. Con una varietà sorprendete di tratti e di forme, la storia del suo coming out si sviluppa non semplicemente in ordine cronologico ma seguendo dei percorsi tematici, in particolare il rapporto (e il complesso svelamento) con la madre e soprattutto i primi amori etero, che non riescono a soddisfarla completamente, per vari aspetti. Ma compaiono anche gli altri membri della famiglia, le loro inattese reazioni, i Gay Games di Amsterdam, i rapporti con le amiche, gli amori che si trova a dover affrontare e che la conquistano con la pienezza dei gesti e delle sensazioni.
Il percorso personale è una progressiva scoperta, dalle prime forme che non tengono alla pienezza del comprendersi e nel capirsi indipendentemente da tutti. È una consapevolezza che nel caso di Beldan Sezen cresce in maniera direttamente proporzionale alla scoperta dell’arte e della manifestazione artistica, in particolare del fumetto. Sicché tutta l’ interiorità – femminile, in questo caso –viene messa in gioco, entra nel complesso meccanismo di porsi feroci domande, che spesso inchiodano a terra, e nel trovarsi inequivocabili – ma sofferte – risposte. Perché il coming out, spesso più che con gli altri, è una sofferta forma di riconoscimento di sé stessi per sé stessi.
Nessun commento