Arriva il romanzo vincitore di Anno Zero, la prima edizione del Premio Nazionale di Narrativa NEO Edizioni

505 candidati. 505 manoscritti che contengono storie, fatiche, speranze, supposizioni. 505 fiammelle che tentano di non spegnersi e arrivare accese fino a noi. Tra le 505 storie giunte per Anno Zero, la prima edizione del Premio Nazionale di Narrativa di NEO Edizioni, c’è quella di Riccardo Ielmini. La sua non è una storia qualunque, non è un romanzo incasellabile, non è una narrazione scontata: Spettri Diavoli Cristi Noi, in libreria da un paio di giorni, vibra per la sua originalità e non poteva che diventare una storia del catalogo della casa editrice abruzzese.
In queste pagine ci sono demoni e antiche nenie, fughe e presagi, dolore che contorce le forme e strazia i visi, violenza e rancore, spettri e sangue. C’è una piccola cittadina, la Contea, che sorge alle pendici di un monte, tra un lago e il bosco: è nella provincia lombarda, ma potrebbe essere ovunque e in nessun luogo. Ci sono giovani che si affacciano alla vita e altri che da questa spariscono ingoiati nel buio di una scarpata, con una pallottola conficcata nel petto o con la gola squarciata. C’è l’ombra del fogliame, il freddo di una casa abbandonata, il lamento di una ragazza tenuta prigioniera, la sacralità dell’Arcangelo Gabriele e il rammarico degli anni trascorsi. Gli ingredienti sono tanti e ben miscelati, guidati da una scrittura asciutta e porosa che non indietreggia, che non si fa melensa, che non irradia, ma è un riverbero costante nelle pagine, tra le vite dissestante, durante gli anni di allarme e trepidazione.
Questo è stato, e noi della ghenga eravamo perennemente alle prese con la lista dei nostri peccati scritta su foglietti da raccontare nel chiuso di un confessionale oppure perennemente in fuga, sparviero o guardia-e-ladri, bazzicando come rabdomanti per i boschi prealpini della nostra terra, che noi pomposamente chiamavamo La Contea, in sella alle nostre bmx […]
Non poteva essere altrimenti, quindi, che il romanzo vincitore fosse questo. Spettri Diavoli Cristi Noi delinea un mondo, e in questo mondo il male assume diverse forme per colpire ogni volta, turbare la Contea, segnare la ghenga, confondere i buoni, scalfire la prospettiva del domani. Ogni giorno, infatti, il Diavolo può assumere nuove forme e violare altre vite, soggiogare Artù il muto, offuscare Gandhi, provocare il tormento del giovane Bardo, osservare la fine di Anita. Intanto il limite viene attraversato in sella a dei motorini che lambiscono l’ultimo decennio del Novecento. Il tempo infatti passa. Cambia lo scenario, ma il mondo disegnato da Ielmini resto ricco di increspature e macchie scure di colore.
Tra le pagine, dopo tutti questi corpi ed elucubrazioni, c’è il tempo della maturità: c’è una strada che porta a un tranquillo appartamento con una moglie e un divano per gli ospiti e poi c’è un sentiero antico che porta indietro, al passato, al “ti devo parlare della notte degli spettri e delle gallerie”, ai segreti e misteri che si fanno nebbia. E quegli anni sono il baratro rimasto inesplorato, il dolore rimasto covato. Si torna a pensare a quelle “giunture dell’armatura non reggevano all’urto del mondo di fuori, che premeva sui confini della Contea, né alla spinta di noi, da dentro”. Era un tempo diverso, fatto di interrogativi e domande. C’erano occhi curiosi, storie che sfumavano nella leggenda e dolori che diventavano demoni.