Giulia Siena
PARMA – Un albo illustrato non è mai solamente un libro con immagini e parole; un albo illustrato – e la prolifica letteratura per ragazzi ci insegna – è sempre più veicolo di emozioni e memoria, narrazioni e immaginazione. E’ sempre più un prodotto importante, completo e rivolto a tutti. Quando la storia è affidata all’abile penna di Fabio Stassi, poi, sarà sicuramente anche un viaggio intenso tra vita e letteratura.
Con La gamba di legno di mio zio – pubblicato il 31 ottobre da Sinnos con le splendide illustrazioni di Veronica Truttero – Fabio Stassi torna alla letteratura per ragazzi dopo celebri incursioni negli anni passati. Questa volta il racconto riprende la tradizione orale e le vicende si mescolano al ricordo familiare di emigrazioni e ritorno. Una storia intensa, delicata che ci viene raccontata dalle parole dello stesso autore.
Le parole di Fabio Stassi sono “familiari”; si percepisce la mancanza, l’affetto e l’amorevole cura che c’è nella “non-presenza” di un familiare assente. “La gamba di legno di mio zio” celebra la distanza e il legame che permane. Come nasce un libro con questi tanti sentimenti?
Nasce dalla religione della memoria che c’era nella mia famiglia. La vita aveva allontanato molti, per necessità, per lavoro, ma si continuava a sentirsi vicini attraverso le storie. E’ stato in questo modo che ho potuto conoscere molti zii che vivevano lontano, in America, o in altre parti del mondo.
Viaggio e permanenza, anziani e bambini, racconto e immaginazione: in queste pagine si mescolano gli opposti e il lettore è spettatore di avvicinamenti generazionali. Quanta ricchezza c’è nel racconto orale? Siamo ancora capaci di ascoltare?
Il racconto orale è la forma più antica di racconto che esiste. Sono sempre stato affascinato dai cantastatorie e dai pupari siciliani. Oggi, di sicuro, lo spazio per l’ascolto e forse anche per la messa in scena di una narrazione orale si è ridotto. Siamo distratti, andiamo di fretta, siamo sbrigativi. Ma la voce ha ancora il potere di fermare il tempo, di far ridere, di commuovere.
Il protagonista è spaventato e attratto dalla gamba di legno dello zio. Perché proprio questo espediente narrativo?
Per l’imbarazzo che si può provare di fronte a un invalido o a un mutilato. Quella gamba è un segreto, una cicatrice, una ferita. Contiene una storia, e porta un dolore, è un segno di diversità. Imbarazzo che però lo zio stesso riesce a far superare al bambino.
Lo zio misterioso torna e, stranamente, ha poco da raccontare. Cosa è contenuto in quel silenzio?
Nel silenzio ci sono i segreti. E i segreti sono il cuore dei racconti, quello che non è rivelato. Raccontare vuol dire più nascondere che esibire. In quel silenzio, ci leggo anche una forma di pudore e di discrezione, un’attesa, un darsi del tempo.
Fabio Stassi celebra sempre la lettura attraverso i suoi libri (celebre l’elogio al Novecento attraverso “Con in bocca il sapore del mondo”). Quali sono le letture sedimentate e dalle quali hai attinto per questa storia?
Ho sempre amato Rodari, ma anche i libri d’avventura. Mi piace soprattutto l’illustrazione di Veronica Truttero in cui lo zio con la gamba di legno scala un grattacielo. Mi piacciono le storie sulla mancanza e sui personaggi che sono riusciti a capovolgere le loro mancanze in un punto di forza.
Dopo “La leggenda di Zumbi l’immortale” Stassi torna a parlare ai ragazzi di emigrazione e di avventura: sono queste le tematiche sulle quali coinvolgerli?
La migrazione è il tema che sta dietro a tutte le storie che ho raccontato. Per me, è la grande eresia del nostro tempo, e i migranti sono gli eretici di una società che promuove soltanto immagini di successo, anche per questo sono perseguitati.
Tante storie, tanti scritti e tante letture: scegli per noi 3 delle tue parole preferite.
Desiderio, ricordo, abbraccio.