Giulia Siena
PARMA – “Ma un anno, due, dieci anni non sono niente, perché essere artista non è contare, ma vivere come l’albero senza fare fretta alla sua linfa, attendere l’estate, perché l’estate arriva, perché occorre pazienza e pazienza, e se così non fosse, non condividerete mai il mio pensiero e avreste ragione. Avreste due volte ragione perché, pur dicendomi ogni giorno che devo crescere, pazientare, sviluppare la mia vita interiore con naturalezza, i miei disegni sono frettolosi, impazienti, spesso disperati. Forse ho due volte torto […]”. La figura di Nicolas De Staël non è semplice da descrivere e comprendere: artista nato tra l’aristocrazia di San Pietroburgo, si trasferisce in Polonia dove rimane orfano di genitori; verrà adottato da una famiglia russa e si trasferirà in Belgio. Ma Bruxelles non rimarrà per tanto tempo la sua casa perché comincerà presto a viaggiare ed esplorare luoghi: Olanda, Italia, Francia, Algeria e Marocco. Proprio da quest’ultima terra, il Marocco, tra il 1936 e il 1937 scriverà alcune lettere i cui frammenti sono contenuti nel volume Tutto deve accadere dentro di me, curato da Lucetta Frisa per le edizioni Via del Vento.
La vita, in questi stralci di De Staël, è pensata e soppesata, il suo senso è una domanda ricorrente, è un peso da cui l’artista si scrollerà nel 1955 con il suicidio (“So che la mia vita sarà un viaggio continuo sopra un mare incerto, è la ragione per cui costruisco la mia barca solida, e questa barca non è costruita, Papà”). Tra queste pagine le parole si alternano a tavole che testimoniano il genio e l’ossessione dell’autore; la pittura è testimonianza di ricerca e del cambiamento che avviene in pochi anni nell’artista: da forme geometriche e toni scuri fino al tratto più libero e colori chiari. L’ispirazione di Braque, Turner, Monet, Hiroshige e Hokusai è fuoco che alimenta la curiosità di Nicolas De Staël; il tormento guida il tratto; la solitudine, l’enigmaticità, le insicurezze e le speranze arricchiscono le forme. La conflittualità è una costante dei suoi scritti e dei suoi dipinti poiché la vita e l’arte del pittore russo hanno oscillato sempre tra perfezione e insoddisfazione.
Il saggio critico di Lucetta Frisa rende al meglio la frustrazione, lo scoramento e l’inquietudine di un uomo che ha dipinto i cieli di Sicilia, le nuvole leggere e bianche, il mare di Francia e i confini della luna con tutta la sua sensibilità.
“Dipingo come posso, e cerco ogni volta di aggiungere qualcosa elevandomi su ciò che mi soffoca”.