Elsa Morante, scrittura lineare e grandi tematiche
Giulia Siena
PARMA – Prima che scrittrice, Elsa Morante è una appassionata e attenta lettrice. Le storie avvolgono la fanciullezza di Elsa e i tutti i suoi anni a seguire. Nata nel 1912 a Roma, trascorre l’infanzia nel quartiere popolare di Testaccio, insieme ai genitori e ai tre fratelli. La figura paterna controversa e le radici ebraiche della madre, torneranno come tematiche in diversi suoi libri. Scrive, infatti, romanzi, poesie e favole. Nel 1941 sposa lo scrittore Alberto Moravia e insieme, a causa della guerra, trascorreranno alcuni anni in Ciociaria.
Al ritorno – forte dell’esperienza nella scrittura per bambini (giornalistica e favolistica) – Elsa pubblicherà Menzogna e sortilegio (1948) e L’isola di Arturo (1957); negli anni Sessanta escono Lo scialle andaluso (1963) e Il Mondo salvato dai ragazzini (1968). Del 1974 il tanto discusso La Storia. Intanto cresce in lei l’idea che “l’arte è il contrario della disintegrazione; la sua funzione è appunto questa: di impedire la disintegrazione della coscienza umana nel suo quotidiano, e logorante, e alienante uso col mondo”.
Menzogna e sortilegio, scritto nel 1943, pubblicato nel 1948, è un romanzo ambientato a Palermo e incentrato sulle vicende familiari di tre donne. Anna, Rosaria ed Elisa, l’io narrante, attorniate da maschere in continua evoluzione, simbolo di un legame familiare intenso e claustrofobico. L’esigenza d’amore, lo scontro generazionale e la complessa psicologia dei personaggi fanno di questo libro uno dei più significativi (secondo solo a L’isola di Arturo) della Morante. Qui le donne sono le indiscusse protagoniste, mentre gli uomini verranno descritti in una sorta di perenne limbo. La scrittura prende, nel romanzo, una forma di analisi ed elaborazione delle sofferenze patite da Elisa.
Io sono il punto amaro delle oscillazioni
fra le lune e le maree.
(Il Mondo salvato dai ragazzini)