Giulio Gasperini
AOSTA – La questione se considerare la letteratura LGBT un genere specifico è annosa e, persino, oramai un po’ superata. Perché se è vero che una volta il tema preponderante della scrittura gay era la lenta e difficoltosa accettazione, nonché il tribolato percorso di scoperta del sé (e dell’altro al di fuori), adesso l’attenzione degli scrittori si è spostata sulla contemporaneità, ponendo al centro della loro indagine le nuove forme di socialità, come le famiglie omogenitoriali e i matrimoni. In questo contesto di grandi cambiamenti, la casa editrice Rogas Edizioni, che si sta sempre più affermando sul palcoscenico dell’editoria italiana, ha pubblicato La biblioteca ritrovata, un saggio in cui il giornalista Francesco Gnerre individua dei filoni tematici che sistematizzano alcune esperienze narrativa e saggistiche gemmate all’interno dell’universo LGBT. Dolorosa rimane comunque la scelta di non inserire la poesia all’interno di questa antologia così ben documentata e capillare, anche perché tante sono le voci interessanti che hanno arricchito la letteratura stessa di esperienze imprescindibili.
Il motivi che Gnerre individua come determinante per la stesura di questo saggio è il ricordo di come, per molti anni, i libri siano stati i soli luoghi dove poter andare a confrontarsi con sé stessi, a cercare di capirsi attraverso l’esperienza che qualchedun altro aveva fatto, a sentirsi un po’ meno soli nell’infinito universo delle diversità. Sono libri, insomma, che “ci aiutano a vincere la sensazione di non esistere”, che rimane il primo passo da compiere per potersi accettare e vivere compiutamente a dispetto di tutto e tutti.
Ovviamente, questi testi sono anche degli esempi sommi di cosa sia la letteratura e di come si scriva; con addirittura dei capolavori assoluti che sono entrati a pieno diritto nel novero dei testi per eccellenza della letteratura mondiale. Gnerre, per il suo personale florilegio, sceglie i testi più disparati, anche di case editrici meno note e diffuse, fornendo così un campionario capillare e persino sorprendente, facendo scoprire testi altrimenti ignorati. Si va dai testi saggistici che ci documentano la vita degli omosessuali attraverso vari periodi storici, fino alle biografie di personaggi famosi che erano omosessuali, pur magari il pubblico ignorandolo, a voler dire che il testo letterario ha valore di per sé stesso.
Nei romanzi, Gnerre attinge da ogni letteratura possibile, a significare che l’omosessualità è una condizione non solo naturale ma persino universale, nei confronti della quale tutte le culture si sono confrontate e relazionate; alcune, come quella marocchina e turca, sono addirittura sorprendenti per i risultati che hanno partorito e per le voci narrative che hanno saputo alimentare.
Non c’è il rischio, alla fine di questo testo, di sentirsi imprigionati in una sorta di riserva indiana. Così come, difficilmente si può sostenere ancora a lungo l’esigenza di una schedatura “LGBT” per questi testi, così è facilissimo smarcarsi dall’opinione che siano testi da leggersi solo per le persone omosessuali, come se solo loro fossero interessate al racconto di queste storie: sono storie che hanno significato universale, hanno la capacità e l’abilità, proprie dei testi pregevoli, di conservare lo stesso valore per tutt*.
La letteratura LGBT fuori dai denti e dalla riserva.
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