Daniela Distefano
CATANIA – “Una vita di potere si ottiene solamente sapendo usare gli uomini come strumenti, senza troppo mostrarlo. Il fuoco che arde nel cuore, fatto di debolezze inconffesabili e irrefrenabili pulsioni, va celato sotto un manto ghiacciato”.
Andrea Carandini non necessita di troppe presentazioni: è professore emerito di Anrcheologia e Storia dell’arte greca e romana presso l’Università di Roma La Sapienza, e ha condotto importantissimi scavi tra il Palatino e il Foro. Dal 2013 è Presidente del FAI.
In questo volume – Io, Agrippina (Laterza), con illustrazioni a cura di Maria Cristina Capanna e Francesco De Stefano – ci trasporta in un cosmo affollato di donne scucite moralmente, orge, festini, derive alcoliche, rituali macabri, guerre di potere, insomma: tra gli imperatori dell’antichità romana le cui gesta a volte pervertite rimbalzano nei libri di storia e raccapricciano il lettore moderno. Voce narrante è Agrippina, sorella, moglie e madre di divinità tutte terrene:
“In tutto l’Impero, il solo uomo rimasto libero è il principe e gli unici esseri che di lui tutto sanno sono sua moglie, i parenti, la corte, i liberti, i servi e le concubine. Da questo punto di vista mi considero la narratrice ideale della casata dei Cesari- pronipote di Augusto, sorella di Caligola, moglie di Claudio e madre di Nerone – sufficientemente vicina ai fatti senza però averli potuti determinare salvo in qualche onda lunga del potere. Sono pertanto una testimone inferiore alle pietre, ma superiore ai pettegolezzi che cingono il palazzo con il miasma degli “Ho sentito dire…”. Per gli eventi che ho vissuto e che in alcuni momenti ho contribuito a determinare non riferisco chiacchiere o versioni in contrasto tra loro – come fanno abitualmente gli storici – ma le notizie così come le ho sapute”.
Colpisce il ritratto che la protagonista fa di Caligola, il vero cavallo pazzo dell’antichità:
“Nessun principe come Caligola è stato un despota tanto estremo, che ha mostrato dove possa giungere la crudeltà e la stravaganza di chi possiede un immenso potere. La sua mente disturbata, l’inesperienza militare, politica, pratica e la passione per la scena lo hanno trascinato in una fragorosa assurdità nella quale la tragedia e farsa si sono mischiate insieme”.
Caligola è stato l’esatto contrario di suo padre Germanico, avvelenato perché onesto e clemente – le virtù più invidiate e temute dai potenti – mentre lui è stato ucciso per la sua efferatezza e follia.
E cosa pensa Agrippina del marito Claudio che poi avvelenò come da manuale del tradimento familistico?
Claudio è stato un tradizionalista, ma anche un innovatore: ha tollerato nuove religioni orientali, constatando che la vecchia religione più non soddisfaceva i bisogni del tempo.Esisteva a Roma anche una comunità peculiare di Ebrei che Claudio ha espulso nel 49 a causa di tumulti; questa comunità agiva in nome di un certo Christos, condannato a morte da Pilato; si diceva che alcuni seguaci avessero violato la tomba di quel predicatore, per annunciare che era addirittura risuscitato. Tutto questo oggi è Fede, Eternità, Salvezza. Le conquiste della Britannia e della Mauretania e l’istituzione delle rispettive province hanno poi rivelato la mira espansionistica di Claudio che ignorava limiti prefissati all’Impero. Dopo gli insuccessi e le azioni risibili di Caligola bisognava riaffermare la potenza e il prestigio di Roma tra la Britannia e l’Atlante. Claudio si è dimostrato in ciò un degno figlio di Druso e un altrettanto degno fratello di Germanico.
Claudio – dunque – un imperatore saggio che venne punito mortalmente per far entrare in scena sul palcoscenico del mondo il figlio difficile di Agrippina, Nerone.
“Egli non voleva mostrarsi inferiore ad alcuno. Era sostenuto da una folla che lo lusingava. Tra Nerone e la plebe si era stabilita una intesa particolare, un amore senza precedenti, soprattutto in ciò che l’uomo ha di scadente. Il popolino predilige i tiranni perché invidia i pochi che eccellono ritenendoli troppi, ma tollera lo strapotere di uno solo, e ciò si ripeterà sovente nella storia”.
Io, Agrippina è un libro su una saga imperiale che non conobbe altro che intrighi, complotti, avvelenamenti, esilii e altre declinazioni del Male. Con una narrazione galoppante, la Grande Storia abbraccia l’eternità di una genia che non ha conosciuto l’esplosione del vero senso della vita. Questi personaggi bramano solo il Potere, più Potere. L’Amore non emerge, e rimane nel fondale accanto ai puri e ai semplici che della corte e delle sue turpitudini subiscono le ombre deformi e gli effetti nefasti.