Marilena Giulianetti
ROMA – Prima e dopo. Nel mezzo la tragedia. Il presente non esiste, annullato dalla lugubre spirale che falcia l’umanità. E il futuro? Chi non ha presente non ha neppure futuro. Solo la pestilenza e la paura esistono. Macabra e potente Paola Presciuttini avvince e coinvolge nel romanzo La mannaia – Il macello della peste, edito da Meridiano Zero.
Culla di civiltà e delle arti Firenze è il centro nevralgico dei commerci tra Asia ed Europa. Certo, la famiglia di nascita determina il censo e tutte le possibilità cui gli uomini avranno accesso nella vita; i ricchi arricchiscono e i poveri restano tali. Scorre così la vita nella straordinaria Firenze, con le sue severe ingiustizie e le pavide certezze. Scorre la vita finché il morbo si abbatte spietato. E’ il 1348 e Firenze viene travolta dalla peste. “Spietata mannaia, la peste del 1348 spacca in due come una carcassa animale la storia del millennio falcidiando un terzo della popolazione mondiale”. A Torello il Beccaio sarà risparmiato di vedere la follia della peste, morirà un attimo prima che il morbo entri in città. Della pestilenza saranno invece testimoni Amelia e i suoi figli, Vanna e Gabriello, Fiorenza e Orso. Nobili e artigiani, ricchi e poveri, guelfi e ghibellini, nulla ha più senso, nulla conta più e niente varrà a salvare la pelle. Il morbo seguirà il suo lugubre destino e il mondo non sarà più lo stesso.
Paola Presciuttini affascina nella ricostruzione del periodo storico prima della peste e coinvolge nello spietato racconto del nero morbo che il mondo divora. Con le doti della grande narratrice la Presciuttini dipana la storia attraverso un sapiente equilibrio linguistico che tratteggia con freschezza e dinamismo anche i momenti più tetri del romanzo. L’autrice avrebbe forse potuto dare una dimensione più equa alle tre parti narrando in egual misura anche la ricostruzione dopo la peste, il risultato complessivo è comunque eccellente.