Giulia Siena
PARMA – Bellaq Mostaganem ha nove anni, vive in Francia e ha un solo problema: il suo nome. Bellaq è un nome come un altro, non ha nulla in particolare – penserete – e non ha famosi esponenti che portano a spasso orgogliosi questo nome. E’ vero, avete ragione, è un nome poco conosciuto e poco diffuso; alla sua nascita, i genitori del ragazzo, avevano optato per Bilal, poi, lì all’anagrafe, c’è stato un errore e il nome che ne è venuto fuori è proprio questo: Bellaq. Nessuno ha più fatto caso a questo nome fino ad oggi, quando degli uomini incappucciati scesi da un elicottero hanno fatto irruzione nella scuola Jean-Moulin.
C’è stato un gran trambusto, bambini spaventati e maestre nel panico. Alla fine hanno portato via solo Bellaq; la sua colpa? Chiamarsi Bellaq Mostaganem ed essere – sulla carta – un pericoloso terrorista. Sarà accusato, arrestato, interrogato, spostato da una parte all’altra di Parigi e vivrà le ore più intense della sua breve esistenza. Dall’altra parte, all’oscuro, i suoi genitori, gli amici, le insegnanti. Eppure Bellaq avrà un grande coraggio, riuscirà a non piangere mai, anche quando tutto sembrerà andare per il peggio e la paura si sarà fatta invadente e ingestibile.
Terrorismo, pregiudizi, violenza, onestà, amicizia: sono alcune delle importanti tematiche portate da Vincent Cuvellier in Io sono Bellaq, il libro pubblicato nella collana Maxi Zoom di Biancoenero Edizioni. Il volume – illustrato da Aurélie Grand – percorre con delicatezza e l’ironia tipica dei bambini le varie e spaventose fasi dell’arresto di Bellaq. La storia si muove su uno scenario reale, in una città europea di oggi (con i problemi e le esigenze quotidiane), che reagisce cieca di fronte all’arroganza di uno stato che rivendica esclusivamente giustizia, senza guardare in faccia nessuno. Cuvellier torna con successo alla società attuale e rimarca un contesto tanto multietnico, quanto poco abituato alla diversità, alla tolleranza e al reciproco supporto.