Giulio Gasperini
AOSTA – Il suo segreto, forse, sta tutto là, in quella battuta che Wislawa Szymborska confida – a sé stessa e agli altri – a pagina 103 del nuovo libro di Edizioni BeccoGiallo, disegnato e narrato da Alice Milani. Una vera e propria dichiarazione di poetica, che forse permette di gettare uno sguardo più che penetrante nell’opera di questa poetessa che soltanto la vittoria del Premio Nobel nel 1996 ha portato alla ribalta della scena letteraria mondiale. “Si scrive per un lettore, uno che sia tanto gentile da trovare tempo, voglia e un po’ di silenzio per leggere una poesia”. È per questo lettore che Wislawa dichiara di scrivere. Solo per uno; che è ancora meno dei venticinque lettori manzoniani. E con una persona si instaura un legame talmente familiare, diretto e spontaneo da non aver bisogno di altro che di tempo, silenzio e un atteggiamento di accoglienza. Perché la poesia non può garbare a tutti, pare suggerirci la Szymborska. Ed è inutile, pertanto, affannarsi a cercare un modo di farla piacere. Meglio accogliere e tenersi stretto quel lettore paziente, perché comunque la poesia è già riuscita nella sua missione. Quale? Quella – come sostiene Wislawa – di salvare il mondo, anche soltanto una minuscola particella. La poesia salva, ecco l’assioma. Ognuno deve pensare a salvarne una, di particella, e così si potrebbe salvare tutto il mondo.
Nessuna missione salvifica in grande stile, pertanto, ma solo un dolce e onesto tentativo di non disperdere la bellezza, di darle un significato che sia potente e intenso. La poesia si fa dovunque, anche nella tranquilla e semplice vita di una donna che si scopre persino tradita nei suoi ideali socialisti di gioventù e non ha paura di ammettere l’errore, di scusarsi con il mondo e di confessare che quelle idee sembravano, in quei tempi, il modo migliore per affrontare la realtà.
È una donna coraggiosa, Wislawa; una donna che ha pretese modeste ma ha tanta storia vissuta alle spalle. Una Polonia intensa, quella che vive; un momento storico complesso ma ricco di prove. Una scrittura sfacciatamente comprensibile a tutti ma non per questo banale o, al contrario, pretestuosa. Così, avvicinarsi alla sua poesia è un compito non ingrato né arduo. Perché è una poesia che affonda nel vero, che squarcia e seziona con la precisione di un bisturi; ma è anche una poesia divertita di sé stessa, che si prende in giro tanto quanto basta per diventare ancora più tagliente e significante. Un po’ come la stessa Wislawa, una donna che aveva sempre un sorriso sardonico a piegarle le labbra sottili e lunghe.
Alice Milani, con la sua storia arricchita da citazioni e stralci di brani e interviste, ci dipinge una Wislawa dai tratti non molto definiti, sfuggenti di acqua e aria, ma anche per questo più convincente, perché sovrapponibile con altri lineamenti, con altri profili, con altri sguardi: quasi a voler dire che la poesia, tutto sommato, ha chi la scrive ma ha anche, e soprattutto, chi è disposto con umiltà a leggerla.
Il solo lettore di Wislawa Szymborska
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