Giulia Siena
ROMA – “La lingua felice è assolutamente semplice e brutale: era la ragazza più bella che avessi mai visto. La lingua felice forse è spiacevole: mi guardava come uno più vecchio.”
Ma nell’amore l’età non conta. Nella felicità l’amore non conta; o forse sì. Qualcosa forse, in fondo, conta. Quel divario di età che all’inizio attrae e impaurisce, eccita e rende inquieto Tomas si chiama amore impossibile. Prima di lui, prima di loro, in questo amore controverso e problematico, caddero i cuori di Abelardo ed Eloisa e, ancor prima, quelli dei poeti latini e di quelli greci. Ma in una notte di inizio anno, Tomas e Janna, si incontrano.
“Il corso innaturale delle cose” dell’autore norvegese Tomas Espedal e pubblicato da Ponte alle Grazie, è la visione poetica e sovversiva dell’amore e del lavoro da parte di un uomo che insegue controcorrente la felicità.
Nella scrittura di Espedal e nella storia del suo protagonista, la quotidianità e il lavoro in fabbrica, l’attrazione per Agnete e il matrimonio, l’esperienza in Guatemala e la figlia, il cambiamento, la giovinezza di Janna e l’abbandono sono piccole cicatrici che segnano. Sono impronte che suggeriscono un percorso controcorrente, il percorso di un uomo che trova il successo e lo perde, che cerca l’amore e gli sfugge, che rifugge la solitudine per poi rimanere solo, che assapora la felicità e ne trova l’essenza.
Poche volte l’oggettività dei sentimenti: la felicità – e la sua assenza – la vita e la sua negazione, il futuro e il suo aborto sono state così magistralmente descritte.