ROMA – Garibaldi è stato sulla bocca di tutti: ciascuno di noi avrà pronunciato il suo nome milioni di volte, nelle più disparate occasioni, persino modulato in un canto popolare (onestamente, un po’ irriverente e bruttino), quello che fa “Garibaldi fu ferito, fu ferito ad una gamba…” Garibaldi è ovunque, intorno a noi: teatri, cinema, vie, larghi, piazze, busti e controbusti, targhe commemorative, lungomari e lungolaghi. Tutti, confusamente, ne conosciamo finanche la vita: la sua voglia di combattere, il suo essere sempre in terre di scontri, il suo aver persino guerreggiato in una guerra nell’altro emisfero terrestre. Ma quanti, in realtà, lo conoscono sul serio? Quanti conoscono lui e il suo pensiero?
L’agevole “saggio pop” pubblicato dalle effequ, “Garibaldi fu sfruttato” è un interessante chiave – direi propedeutica – per avvicinarsi a capire chi fu, veramente, l’eroe-dei-due-mondi, nato in una terra che da italiana diventò francese (e da qui, si narra, la sua avversione per Cavour).
, dottore di ricerca in Pensiero politico e comunicazione nella storia, già autrice di interessanti saggi, ha schematizzato, in chiave appunto “pop”, non tanto la figura del condottiero stesso, presentandocelo (grazie anche a un attento e puntale apparato di note) attraverso la sua vita e le sue imprese leggendarie, ma calibrandolo nelle vari riletture (e nell’abuso) che della sua figura furono fornite da qualsiasi partito o corrente politica, da qualsiasi teorico o politico della storia dell’Italia contemporanea. Garibaldi fu il condottiero amante della guerra che si cercò di presentare per giustificare la politica d’inverventismo nel 1914 o fu il Garibaldi delle Brigate che parteciparono alla Guerra di Spagna contro Franco e gli eserciti fascisti? Fu il Garibaldi amante della terra che, con le proprie mani, fece dar frutto alla pietraia solitaria di Caprera o fu il Garibaldi latin lover, anzitempo vitellone, che faceva cadere ai suoi piedi, come pere cotte, tutte le donne che incontrava (qualcuna finanche spingendola ad abbracciare la sua causa guerriera e a partecipare attivamente alle sue azioni)? L’argomento è stato sviscerato in pagine e pagine rilegate e pressate, in fiumi d’inchiostro e di ipotesi, in stravaganze di teorie.
Ma un dubbio permane, al di là di tutto. Ovvero che Garibaldi fosse, in definitiva, soltanto un uomo; un uomo con le sue idee (travisate) e coi suoi caratteri (ignorati). Un uomo che, con assoluta certezza, credé in qualcosa: e par essere questo un sufficiente merito.
Patrizia Laurano
L’agevole “saggio pop” pubblicato dalle effequ, “Garibaldi fu sfruttato” è un interessante chiave – direi propedeutica – per avvicinarsi a capire chi fu, veramente, l’eroe-dei-due-mondi, nato in una terra che da italiana diventò francese (e da qui, si narra, la sua avversione per Cavour).
, dottore di ricerca in Pensiero politico e comunicazione nella storia, già autrice di interessanti saggi, ha schematizzato, in chiave appunto “pop”, non tanto la figura del condottiero stesso, presentandocelo (grazie anche a un attento e puntale apparato di note) attraverso la sua vita e le sue imprese leggendarie, ma calibrandolo nelle vari riletture (e nell’abuso) che della sua figura furono fornite da qualsiasi partito o corrente politica, da qualsiasi teorico o politico della storia dell’Italia contemporanea. Garibaldi fu il condottiero amante della guerra che si cercò di presentare per giustificare la politica d’inverventismo nel 1914 o fu il Garibaldi delle Brigate che parteciparono alla Guerra di Spagna contro Franco e gli eserciti fascisti? Fu il Garibaldi amante della terra che, con le proprie mani, fece dar frutto alla pietraia solitaria di Caprera o fu il Garibaldi latin lover, anzitempo vitellone, che faceva cadere ai suoi piedi, come pere cotte, tutte le donne che incontrava (qualcuna finanche spingendola ad abbracciare la sua causa guerriera e a partecipare attivamente alle sue azioni)? L’argomento è stato sviscerato in pagine e pagine rilegate e pressate, in fiumi d’inchiostro e di ipotesi, in stravaganze di teorie.
Ma un dubbio permane, al di là di tutto. Ovvero che Garibaldi fosse, in definitiva, soltanto un uomo; un uomo con le sue idee (travisate) e coi suoi caratteri (ignorati). Un uomo che, con assoluta certezza, credé in qualcosa: e par essere questo un sufficiente merito.
Patrizia Laurano
un'idea sicuramente interessante, ma a mio avviso cercare di fare un ritratto obiettivo di personaggi come Garibaldi è quasi impossibile o inutile in quanto sono diventati il simbolo , nel bene e nel male, della vittoria stessa alla quale hanno partecipato.
Son d'accordo con te: non si può, neppure cercare, di essere obiettivi con personaggi come Garibaldi. Non è proprio possibile: perché ognuno avrà sempre la sua lettura, la sua visione, il suo taglio d'indagine. Ma questo avviene per tanti e tanti (oserei dire tutti) i luoghi e gli attànti della Storia.
Certo che fra interpretazioni e interpretazioni ce ne corre parecchia, di acqua! Nel senso che si dovrebbe cercare, anche interpretando, di farlo il più "filologicamente" possibile, senza inventarsi né avanzare ipotesi esasperate ed esasperanti.
"Garibaldi fu sfruttato" è un buon punto; propedeutico, appunto. Da qui si può pacificamente principiare.