Daniela Distefano
CATANIA – “Ho dedicato la maggior parte della mia vita a lavorare per i più poveri, in particolare le donne, cercando di eliminare gli ostacoli che si trovano di fronte quando tentano di migliorare la propria condizione. La Banca Grameen – mediante lo strumento noto come microcredito, che ho avviato nel mio paese natale, il Bangladesh, nel 1976 – mette capitali a disposizione degli abitanti poveri dei villaggi, specialmente delle donne. Finora il microcredito ha liberato le capacità imprenditoriali di oltre 300 milioni di persone in tutto il mondo e le ha aiutate a spezzare le catene di povertà e sfruttamento che le imprigionavano”.
Muhammad Yunus è un nome divenuto iconico nel campo dell’economia, specialmente per le sue innovazioni “prodigiose” con le quali ha combattuto e combatte tuttora la piaga della povertà nel mondo.
Nato in Bangladesh nel 1940, nel 1947 Yunus si è trasferito con la famiglia nella cittadina di Chittagong dove il padre ha esercitato la professione di gioielliere. Dopo gli studi alla Dhaka University, sempre in Bangladesh, una laurea in economia ed il trasferimento alla Vanderbilt University, ottenendo il dottorato nel 1969, Yunus è diventato in seguito assistente alla Middle Tennessee State University. Ritornato in Bangladesh, ha diretto il Dipertimento di economia alla Chittagong University e successivamente ha fondato la Grameen Bank, basata sul concetto che il credito è uno dei diritti umani fondamentali. Il suo obiettivo è sempre stato aiutare i poveri a uscire dalla propria condizione in modo dignitoso insegnandogli pochi, essenziali principi finanziari per renderli indipendenti.
In questo ultimo resoconto della sua plurima attività – Un mondo a tre zeri. Come eliminare definitivamente povertà, disoccupazione e inquinamento (Feltrinelli) – il celebre economista compie una disamina della crisi che non è ancora finita ammettendo che gli ingranaggi del capitalismo si sono spietatamente inceppati. Certo, l’economia non si è affatto fermata. Ma alla sua crescita corrisponde una concentrazione sempre più pronunciata della ricchezza nelle mani di pochi. La povertà aumenta in tutti i paesi del mondo, la disoccupazione emargina i giovani e la produzione industriale fuori controllo distrugge l’ambiente. Tuttavia, secondo Muhammad Yunus, un nuovo modello economico esiste già e costituisce la risposta all’economia dell’interesse personale e della diseguaglianza. Da quando Yunus ha cominciato ad articolare l’idea di una nuova forma di capitalismo con lo strumento del microcredito e l’esperienza della Grameen Bank, migliaia di organizzazioni non profit in giro per il mondo l’hanno adottata. E hanno introdotto l’energia in milioni di case bengalesi, hanno trasformato migliaia di giovani disoccupati in imprenditori, hanno finanziato imprese gestite da donne negli Stati Uniti, e hanno portato mobilità, protezione e molti altri servizi nelle zone più povere della Francia. Yunus dimostra che eliminare le diseguaglianze è possibile. La strategia non è complicata.
Si tratta di riconoscere l’inganno del capitalismo classico, secondo il quale la natura umana è egoista e orientata anzitutto all’interesse personale, e di prendere parte a un nuovo sistema economico fondato su una visione più realistica, che riconosca nell’altruismo e nella generosità forze altrettanto fondamentali e potenti.
“Anche nel mondo del business, dove si potrebbe immaginare che l’Uomo Capitalista regni supremo, le virtù dell’altruismo e della fiducia hanno un ruolo vitale. Un esempio lampante è quello della Banca Grameen in Bangladesh. Tutta la banca è costruita sulla fiducia: non è richiesta alcuna garanzia.. non si pretende una dimostrazione di ‘affidabilità creditizia’. La maggior parte delle persone che beneficia dei prestiti è analfabeta e non possiede beni patrimoniali… sono donne che non avevano alcun accesso al sistema finanziario”.
Insomma, non è una favola quello che va sostenendo questo uomo incredibile che ha dedicato buona parte della vita a cambiare il mondo perché davvero “tutte le persone abbiano la possibilità di realizzare il proprio potenziale creativo”, puntando l’obiettivo oltre la soglia della umana visione: “dobbiamo cominciare a prendere queste decisioni non sulla base di bisogni immediati o di breve periodo, ma avendo presenti le speranze e i bisogni delle generazioni future”.