Giulia Siena
ROMA – Una delle presentazione de “Il Condottiero” di Georges Perec avviene a Roma durante Più Libri Più Liberi. Per conoscere meglio lo scrittore francese, noto per il suo amore quasi morboso per elenchi, liste ed enumerazioni, membro dell’OuLiPo e padre incontrastato del Novecento Letterario Francese intervistiamo Ernesto Ferrero, traduttore de “Il Condottiero” (Voland).
Ernesto Ferrero traduce in Italia per Voland “Il Condottiero”, uno dei primi lavori Georges Perec. Come ha affrontato questa avventura?
Ho affrontato questo lavoro con molta simpatia perché tradurre mi piace tantissimo e non succedeva da diverso tempo quindi, quando Daniela di Sora di Voland mi ha proposto questo, lavoro ho accettato. L’ho fatto perché faccio il tifo per i piccoli editori, per la loro capacità, la loro passione e il loro ammirevole coraggio. Allora mi sono avvicinato a questo testo con molta curiosità, affascinato anche dal tema dell’umano, il tema del falso e dell’arte. Poi, portandomi dietro il ricordo dell’affetto che Italo Calvino aveva per Perec, è stato ancora più piacevole affrontare “Il Condottiero”.
Infatti, Perec e Calvino, un legame letterario e umano che Lei descrive molto bene nella postfazione de “Il Condottiero”.
Calvino era un uomo schivo, quasi burbero, ma per Perec aveva l’affetto di un fratello maggiore e gli piaceva il rigore costruttivo, la capacità di Perec di arrivare alla narrazione attraverso la macchina costruita molto minuziosamente. Una stima verso lo scrittore francese che portò Calvino a produrre scritti molto belli per la morte di Perec trenta anni fa, riuscendo a dire con una chiarezza e una lucidità grandiosa quello che andava detto. Perec voleva scrivere molte cose – come poi effettivamente fece – cambiando registro, genere e argomento poiché aveva la grande facilità di giocare con elementi combinatori con i quali riempiva il suo vuoto affettivo.
“Il Condottiero” è l’esempio della grande capacità di Perec di descrivere con minuzia di particolari le figure, i sentimenti e le azioni dei suoi personaggi. Ma la trama di questo libro potrebbe anche riflettere il dissidio affettivo dello scrittore?
Questa è la storia di un uomo, di un falsario che per dodici anni si limita a replicare in maniera perfetta opere altrui, ma arriva poi il momento in cui entra in crisi perché vuole esprimere se stesso e decide di farlo. Ma questa sua iniziativa scatena, però, una crisi esistenziale che lo porta a un delitto che vive come una liberazione. Ed è questo rapporto committente-falsario che Perec vive come un rapporto morboso e delicato tra padri e figli, un rapporto che lo scrittore francese ricerca e dal quale vuole inconsciamente liberarsi.
Secondo Perec la letteratura è un mosaico e tutti gli scrittori contribuiscono a creare questo mosaico con le proprie opere. Oggi cos’è la letteratura secondo Ernesto Ferrero?
Per me continua ad essere la migliore attività conoscitiva che possiamo donare a noi stessi. Quest’arte ha la licenza di una rilettura verosimile che forse riesce ad arrivare più vicino a quella verità più umana e più poetica che l’uomo cerca. E oggi dobbiamo continuare a sfruttare questa possibilità e continuare a porci aperti alla ricerca attraverso i libri; la letteratura, di risposta, deve esplorare e cercare. Vedo, però, che l’andamento generale è diverso; pare stia vincendo l’intrattenimento a discapito del nostro tempo che sì, ve n’è sempre di meno, ma viene speso con leggerezza.
Siamo a Più Libri Più Liberi e mi sorge spontanea un’ultima domanda: la piccola e media editoria diventerà mai grande?
Se avessimo governi degni di questo nome sarebbe normale studiare dei provvedimenti per far sì che la piccola e media editoria (si può anche parlare di librerie indipendenti) crescesse senza snaturarsi, ma la realtà è un’altra. C’è chi dice che per sopravvivere deve crescere, però crescendo potrebbe essere costretta a cambiare, ad acquisire elle inclinazioni commerciali che minerebbero il progetto editoriale iniziale. Perché la piccola e media editoria che a noi piace, e secondo il mio parere ben fatta, è quella che fa ricerca e laboratorio. Allora spero che sì, diventi grande in questo senso, ma rimanga piccola nelle scelte editoriali, quelle che non fanno libri solamente per scopi commerciali.