Marianna Abbate
ROMA – “Pensi che ci saremmo potuti conoscere in un bar?” mi chiede la copertina del libro edito da Caravan. Sinceramente non saprei. I bar che frequento io non credo siano di gradimento di alcuno degli undici autori di questa antologia. Però chissà, il destino segue vie molteplici e insondate.
I racconti non sono molto diversi tra loro: alcuni tristi, altri rassegnati; mancano volutamente di allegria e presentano una realtà un po’ squallida e ai margini della società.
Come il condominio cracoviano che resiste al tempo guardando auto rubate cambiare il look nell’autofficina del suo garage, e una fabbrica di spazzole di fronte, trasformarsi in un covo di malviventi delle più diverse fazioni.
O il resoconto di un uomo che deve vagare per mille locali al seguito della sua bellissima ragazza, tanto per accontentarla, annoiato e stanco.
O la storia di un altro uomo, seduto a lungo sulla panchina di uno zoo a rimuginare sulla vita, sull’amore e in genere sui Massimi Sistemi.
Immagini che scorrono davanti ai nostri occhi, in un mondo che sembra aver dimenticato il Technicolor, in un vintage color seppia anni Ottanta. E ogni tanto la pellicola trema e salta qualche fotogramma.
Ma sono poi così diverse dalle storie della nostra parte di Europa?
“Pensi che ci saremmo potuti conoscere in un bar?”. Ebbene sì, alla fine dei conti sì.
Forse avremmo viaggiato sulla stessa Golf verso una festa infinita e sfiancante, forse avrei potuto attraversare la strada di fronte allo zoo mentre stavi comprando il biglietto. Perchè i quattordici racconti, seppure ambientati nella lontana Europa dell’Est, non fanno altro che ricordarci che ogni uomo nasconde una storia, degna di essere raccontata.
E’ vero che "Pensi che ci saremmo potuti conoscere in un bar?"
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