Giulia Siena
PARMA – “Ma devo provare a scrivere qualcosa per voi, perché siamo occhi e orecchie di un pezzetto di storia ebraica, e qualche volta sentiamo il bisogno di essere una piccola voce”. Questa è stata Etty Hillesum, una piccola voce nel coro straziante della Shoah. La sua piccola voce – da qui il titolo del volume – è diventata una lunga lettera di testimonianza e dolore, il racconto drammatico della vita e della deportazione degli internati ebrei dal campo di transito olandese di Westerbork verso Auschwitz. Una piccola voce, il pubblicata nella collana Ocra gialla della Via del Vento Edizioni ci fa entrare nel mondo crudele di Etty, che a soli ventinove anni ha dovuto abbandonare le sue passioni e la sua curiosità di scrittrice per morire in un campo di concentramento. Prima di farlo, però, è riuscita a congedarsi dal mondo raccontando il suo dramma e quello del suo popolo, è riuscita a raccontare le banalità del male inflitto in quei luoghi di tortura, la cattiveria degli uomini, la vigliaccheria del potere, i ricatti che tende la paura. La sua piccola voce è un urlo straziante che percorre un quotidiano asfissiante e talmente vero che la testimonianza si fa cronaca e romanzo. Perché Una piccola voce di Etty Hillesum non è l’ennesimo libro sulla Shoah; Una piccola voce è una confidenza, una testimonianza, un esercizio di scrittura vero e coinvolgente, scritto come monito per gli altri uomini, per far conoscere il dramma senza urlarlo.
“Dopo questa notte, ho ritenuto per un attimo, in tutta onestà, che si commetterebbe peccato, se in futuro si sorridesse ancora. Ma più tardi ho pensato che qualcuno è partito sorridendo, anche se non sono stati molti”.