Novità Bonfirraro

“I Borbone: “Piemontesi Bastardi!”. La verità rubata” di Luciano Cini

Daniela Distefano
CATANIA
“In questo saggio romanzo denuncio le trame internazionali manovrate dall’Inghilterra ottocentesca per i suoi interessi economici e geostrategici. Tutto questo ha reso Napoli e Palermo, orgogliose grandi città e capitali spagnole, alla situazione in cui versano oggi. Ma c’è di peggio. Il Regno delle Due Sicilie è stato orbato della sua Hispanidad. Il senso dello Stato di matrice iberica era fortissimo e questo libro vuole sottolineare come sia attualissimo. L’ex reame tra l’acqua salata e l’acqua santa avrebbe avuto un grande peso nella storia d’Europa. Purtroppo il suo grande tesoro custodito presso il Banco di Sicilia e il Banco di Napoli fu usato per ripianare il debito piemontese. Fu in questo clima di immiserimento, di delusione, di nostalgia per il monarca Borbone che i sergenti e tenenti dell’esercito di Francesco II si sentirono traditi dai generali e dagli ammiragli corrotti dalle ghinee d’oro inglesi e si diedero alla Guerrilla”. ( Dall’Introduzione)

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“Tre in tutto”: l’Italia povera, l’Italia ospitale

Giulia Siena
PARMA – Viviamo in un tempo fermo. Tutto si è fermato sulla soglia dell’apparenza, dell’egoismo e della noia. Non tutto, certo, ma molto di ciò che eravamo è andato perso, confuso tra i bagliori di un progresso che, con il tempo, ci ha costretti a guardare avanti senza aver bisogno di nessuno. Abbiamo percorso la strada, ci siamo voltati verso l’altro sempre meno; chi rimaneva indietro non doveva essere un nostro problema. Il percorso ha cancellato i valori. Ora, arrivati a una meta quasi invidiabile di progresso e sviluppo, siamo sempre più soli, costretti nelle nostre vite che non hanno più bisogno di nulla. Di nessuno. Eppure un libro come Tre in tutto arriva a destabilizzare le coscienze sopite, scuote e ricorda che un tempo eravamo altro, sapevamo essere diversi, sapevamo essere ospitali. Tolleranti. Aperti. Migliori. Continua

“Giornale di guerra. 1915-1917” (Rubbettino): Mussolini soldato, il diario di una guerra senza Dio

giornale-di-guerra-1915-1917_mussolini-chronicalibriDaniela Distefano
CATANIA – Per i cento anni dallo scoppio della Prima guerra mondiale (1914-2014) si sono versati fiumi d’inchiostro riguardanti quell’evento calamitoso generato dall’uomo
eternamente in lotta con i propri simili.
La casa editrice Rubbettino, coraggiosamente, quest’anno, ha dato alle stampe
Giornale di guerra. 1915-1917, un diario (con l’introduzione di Alessandro Campi) che ripercorre un’epoca di trincee e combattimenti alienanti.  Ma a sorprendere non sono tanto lo stile, il contenuto, la forma, che accompagnano le pagine fitte di notazioni, osservazioni, aneddoti di quei giorni.
La meraviglia scaturisce dal nome di chi li ha vergati con un occhio agli spari, e uno a scansarli. Continua

Leone Ginsburg: letterato e uomo politico in due saggi targati Castelvecchi

leone-ginzburg_castelvecchi_chronicalibriDaniela Distefano
CATANIA – Il volume Garibaldi e Herzen è un saggio di Leone Ginsburg del 1932. Pubblicato da Castelvecchi nel 2015, il libro non ci parla solo del rapporto tra due Ciclopi storici, ma ricostruisce anche il “dissidio” Mazzini – Garibaldi.

Il 17 aprile 1864, in casa Herzen, i due brindarono in nome di un vicendevole pubblico riconoscimento. Dopo dieci anni, “Garibaldi ed Herzen si rivedono […], è conservato un contatto ideale fra loro, sempre attraverso il Mazzini, allora offeso e insultato da ogni parte e apparentemente messo nell’ombra dalla gloria del Garibaldi, liberatore delle Due Sicilie, cui andava intera l’ammirazione popolare”. Continua

Cavallo di ferro: “Effatà”, quando è la storia a parlare

simona_lo_iacono_effataGiulia Siena
ROMA
“Anche se non può sentire, ci sono mille modi per far capire al mondo che lui è Nino e che per i nomi c’è sempre un motivo”. Nino non sente e non parla: le sue orecchie sono scatole vuote e la sua bocca non articola i suoni che donano la libertà e il dignità anche ai bambini della sua età. Infatti Nino è un bambino e “non è facile alla sua età, quattro palmi d’altezza, capelli biondi e orecchie sorde, farsi rispettare dal nugolo di ragazzini che girellano per i vicoli sotto zazzere nere infestate da pidocchi carnagioni olivastre e udito buono. Non è facile”.  Non è facile nella Sicilia del primo dopoguerra: qui arrivano Nino e sua madre. Lui è un bambino diverso e la madre non è come tutte le altre donne dell’isola; lei è un’attrice tornata dall’Inghilterra alla sua terra natia. Lei, la mamma, recita al Teatro Luna e Nino si lascia incuriosire da una buca che si trova nascosta sotto le assi del palcoscenico. Scopre, così, che da quella postazione privilegiata, osservando il via vai degli attori, si può immaginare un mondo che non conosce e sentire la propria voce che sente graffiargli la gola. Nino viaggia con la fantasia, aiutato dalle movenze e dall’affetto del maestro di buca, un misterioso omaccione cieco. Tra loro nasce una profonda amicizia: insieme si compensano e insieme possono “dettare” i tempi e le scene dello spettacolo che ogni giorno prende vita al Teatro Luna. Da questo scenario parte “Effatà”, il romanzo di Simona Lo Iacono pubblicato da Cavallo di Ferro. La scrittrice-giudice torna in libreria con una storia che si muove su due piani narrativi differenti e paralleli: Siracusa e Norimberga, la città tedesca che ospitò i processi dei principali criminali di guerra davanti al Tribunale Militare Internazionale. Infatti, alla storia di Nino si alterna a quella del dottor Karl Krauser, uno dei medici che aderì al programma di eugenetica del regime nazista. I protagonisti sono, quindi, due bambini che in due differenti periodi e luoghi vissero la loro diversità: entrambi sordomuti ed entrambi curiosi ed intelligenti da capire il mondo circostante e apprendere anche quello che per la scienza non potevano.

 

“Effatà” è una parola aramaica, una parola dal fascino arcaico e profetico: “apertura al suono”, apertura naturale verso qualcosa che può essere udito anche non avendo la capacità dell’ascolto. “Effatà” è un libro intenso, una storia che è un magistrale intreccio tra fatti realmente accaduti, fantasia narrativa e fattore emotivo.

 

 

 

 

 

 

“La sesta stagione”, una grande saga italiana

Silvia Notarangelo
ROMA – “La sinfonia in musica può considerarsi il corrispettivo del romanzo in letteratura”. È partendo da questa singolare riflessione che Carlo Pedini si è cimentato in un originale esperimento nel suo romanzo d’esordio “La sesta stagione” (Cavallo di Ferro), selezionato per il Premio Strega.

Prendendo come modello di riferimento I Buddenbrook di Tomas Mann, l’autore, celebre compositore e direttore d’orchestra, ha tentato di utilizzare nella narrazione la stessa tecnica compositiva della sinfonia, conferendo al racconto una struttura ben definita e tempi e ritmi precisi. Il romanzo, per certi aspetti corale, ed imponente per varietà di temi e personaggi, ripercorre cinquant’anni di storia italiana, dal 1934 al 1985, rievocandone gli eventi principali, le tragedie, i devastanti cambiamenti che hanno interessato anche le più piccole realtà.
Una storia inventata, ma verosimile, che si apre con la grande festa organizzata per l’inaugurazione di un santuario mariano nell’immaginario paesino di Civita Turrita. Qui le vicende di tre seminaristi, Piero, Ottavio, Oreste, si intrecciano con quelle della diocesi e della comunità locale. Diverso è il loro modo di vivere il sacerdozio. Alla freddezza e all’ambizione di Don Ottavio, proiettato ad una brillante carriera ecclesiastica sacrificata per un atto spregevole, si contrappongono l’esuberanza di Don Oreste e il suo ministero vissuto tra la gente, la timidezza e l’insicurezza di Don Piero destinate a riservargli una vita protetta all’interno del vescovado.
La decadenza che, a poco a poco, investe la diocesi di Civita Turrita va di pari passo con la crisi che colpisce la Chiesa: perdita di fedeli, diminuzione delle vocazioni, nascita di nuove correnti religiose. Tutti cambiamenti che non sfuggono alla riflessione conclusiva di Don Oreste: “ Il Concilio è servito solo ad allungare la nostra agonia…se ci saranno dei giusti allora verrà davvero la primavera. Se no guardati bene dalla sesta stagione che sarà ben più terribile della quinta perché non vedrà una settima”.

"Alias MM" Cent’anni d’Italia

Marianna Abbate
ROMA In questo periodo di festeggiamenti per l’Anniversario italiano è un piacere trovare tra le novità editoriali piccoli gioielli di letteratura sul nostro Paese. Il libro di Pino Sassano “Alias MM” edito da L’infinito è sicuramente tra questi. Racconta le complesse vicende generazionali di una famiglia del Sud tra il 1860 e il 1966, mostrando con maestria i cambiamenti sociali e politici di un paese in fieri. 
Se Gabriel Garcia Marquez ci ha presentato “Cent’anni di solitudine”, quelli di Sassano sono cent’anni in compagnia, dove anche le peggiori difficoltà vengono affrontate con spirito e desiderio di rivincita.
Il capostipite della famiglia si trova alle prese con gli intrighi politici di uno stato ancora da formare, con tutte le sue lacune di potere e una malavita da sempre organizzata. Suo figlio Giovanni si vedrà affrontare una realtà diversa ma altrettanto complessa: cercherà di cavalcare l’onda dello sviluppo industriale in un’inedita Bell’Epoque napoletana. La nipote Milly, a sua volta, calcherà i palcoscenici del varietà, fino a che, travolta da inaspettati rivolgimenti politici del Ventennio, non sarà costretta ad emigrare in America.
Fino ad arrivare ad Alias MM il nipote omonimo del capostipite, Mario Mignone, al quale il nonno stesso, in punto di morte, racconterà la sua storia.
Un libro piacevole, appassionante. Per ricordarci chi siamo e da dove veniamo- senza dimenticare dove stiamo andando.