“Tramonti d’Occidente”: il romanzo d’esordio di Emilia Blanchetti

Alessia Sità

ROMA – “ Ci sono luoghi dove dovresti essere. Le responsabilità, i doveri, il tuo posto nel mondo, la voglia di fuggire e di lasciarsi tutto alle spalle, la voglia di sparire, la certezza che può cambiare le cose, il bisogno di espandersi nel cosmo e di fondersi con un sentire più vasto. E poi c’è casa tua: il posto che ti sta stretto, che ti soffoca a volte, che ti stritola, privo di slanci selvaggi e di eroiche planate, pieno di ordinarie insidie.
Quante volte sentiamo il bisogno di evadere, di alienarci da tutto e tutti? Quante volte ci sentiamo insoddisfatti? Non dimentichiamo però che “la vita è un semplice e tumultuoso susseguirsi di episodi minori. A volte si può ripartire […] a volte invece è troppo tardi.
Nel suo romanzo d’esordio,“Tramonti d’occidente”, pubblicato da Autodafè Edizioni, Emilia Blanchetti spinge a riflettere sulle imprevedibili dinamiche dell’animo umano e su come la vita sia molto spesso una corsa disperata contro il tempo. Improvvisamente, tutto può cambiare. La sensazione di essere prigionieri di responsabilità, ambizioni e potere svanisce non appena sopraggiunge la consapevolezza di aver perduto qualcosa di terribilmente importante.
Claudio conduce apparentemente una vita tranquilla: è sposato con Daria, dalla quale ha avuto una figlia, ed è un professionista stimato e brillante. Spesso però, le apparenze ingannano. Dietro la maschera di uomo colto e affermato si nasconde un’anima logorata da un terribile segreto. Improvvisamente, tutte le sue certezze, consolidate faticosamente nel tempo, crollano sotto il peso massiccio di pensieri e sensi di colpa. Il rimorso per aver commesso qualcosa di abominevole spinge l’uomo a intraprendere un viaggio non solo fisico, ma soprattutto spirituale. Un viaggio alla ricerca della propria identità smarrita. Fra drammi e tradimenti, la vicenda di Claudio si inserisce in una storia drammaticamente corale. Sullo sfondo di tre città, Roma, Torino e Milano, le vulnerabili esistenze di Daria, Nina, Angela, Alberto, Manu, Nichi, Amina, sono destinate a incontrarsi e intrecciarsi. Gradualmente, ogni personaggio prende coscienza di essere vittima di qualcosa di incontrollabile e di terribilmente ‘umano’. Il lettore assiste impotente a un susseguirsi di tragici eventi destinati a mutare irreversibilmente le vite dei singoli protagonisti.
Con una scrittura lineare e dettagliata, Emilia Blanchetti riesce a fare emergere il senso di inquietudine e di smarrimento che accomuna ogni singolo personaggio. Fra violenze sessuali, terrorismo, vari abbandoni, l’incapacità di guardare avanti e di costruire un futuro diventa il dramma collettivo di un’umanità vittima di se stessa.

“L’enigma della pietra”: l’intrigante romanzo di Maurizio Agostini

Alessia Sità
ROMA – “Aelia Laelia Crispis/né uomo ne donna, né androgino / né bambina, né giovane, né vecchia / né casta, né meretrice, né pudica /ma tutto questo insieme. / Uccisa né dalla fame, né dal ferro, né dal veleno, / ma da tutte queste cose insieme. / Né in cielo, né nell’acqua, né in terra, / ma ovunque giace, / Lucio Agatho Priscius / né marito, né amante, né parente, / né triste, né lieto, né piangente, / questa / né mole, né piramide, né sepoltura, / ma tutto questo insieme / sa e non sa a chi è dedicato”.
Un intrigante mistero legato a un’antica iscrizione latina, probabilmente del XVI secolo, fa da sfondo a “Aelia Laelia Crispis. L’enigma della pietra”, il nuovo romanzo di Maurizio Agostini pubblicato dalle Edizioni Pendragon.

La  tranquilla vita di Marcello viene scombinata dalla misteriosa morte dell’amico Piero.L’improvvisa tragedia spinge l’uomo a fare chiarezza sulla strana vicenda che, sorprendentemente, sembra essere collegata alla falsa iscrizione funeraria della Pietra di Bologna. Ad alimentare i sospetti sulla morte di Piero contribuiscono anche una serie di mail datate simbolicamente venerdì 13 ottobre 2007, e alcuni doni apparentemente casuali. Il desiderio di scoprire cosa si nasconda dietro tutta questa strana vicenda, spinge Marcello a coinvolgere anche l’affascinante e sagace Francesca. La loro determinazione e il loro desiderio di verità li porterà fino ad Edimburgo; ed è proprio nella bellissima città, sede di un importante esperimento genetico, che l’indagine giunge finalmente ad una svolta importante e decisiva.
Con grande capacità narrativa, Maurizio Agostini ci riporta indietro nel tempo, alla scoperta di uno dei misteri più noti della Bologna esoterica, facendoci rivivere i segreti dei Templari e, al contempo, scoprire i misteri dell’Ordine dei frati Gaudenti.
Con uno stile brillante e lineare, l’autore ci regala un romanzo-verità sull’intrigante mistero di Aelia Laelia Crispis, un ‘giallo’ che da secoli è al centro delle divergenti interpretazioni degli studiosi e che ancora oggi suscita la curiosità di molti studenti.

“La meraviglia delle piccole cose”: un ritratto dedicato alle famiglie imperfette

Alessia Sità

ROMA – Tutti sognano la famiglia perfetta, quella in cui l’armonia fra genitori e figli regna sovrana e tutti i problemi si risolvono nel migliore dei modi e senza troppi drammi. Come sappiamo, però, la perfezione non esiste. Nel suo romanzo “La meraviglia delle piccole cose”, edito nel 2011 da Leggereditore, la brillante scrittrice Dawn French ci offre un divertente ritratto dei Battles, scardinando completamente l’ideale della famiglia da favola.
Mo è una madre, una moglie, una psicologa ed è quasi autrice di un libro dedicato a tutti i genitori alle prese con i problematici adolescenti di oggi. Nonostante la sua notevole esperienza professionale nel campo dell’infanzia, comprendere i suoi due complicatissimi figli – la diciassettenne Dora, determinata a diventare una cantante di successo, e il dandy Peter, totalmente ossessionato da Oscar Wilde – non è assolutamente facile. La povera Mo si sente puntualmente esclusa dalle loro vite e incapace di dar loro tutto il sostegno e il supporto di cui hanno bisogno. A seguirla passo dopo passo, in questo difficile cammino di crescita e di maturazione personale, c’è sempre il suo paziente e affidabile marito: Den. L’arrivo di Noel, il nuovo tirocinante dello studio, però stravolgerà inaspettatamente la vita della psicologa, che finalmente riscoprirà la bellezza del suo essere donna, riappropriandosi inoltre di quella libertà che per troppo tempo ha sacrificato e raggiungendo allo stesso tempo anche la piena consapevolezza che la vera felicità, in fondo, si nasconde proprio dietro le piccole cose di tutti i giorni. Del resto, sono i semplici gesti quotidiani che aiutano a ritrovare la giusta via quando improvvisamente ci si sente perduti e senza più una meta.
Grazie alla grande capacità di suscitare piccole e grandi emozioni, “La meraviglia delle piccole cose” ha conquistato il primo posto delle classifiche inglesi in soli sette mesi, vendendo 500.000 copie. Con uno stile brillante, originale e soprattutto divertente, Dawn French ci regala un romanzo unico, che ritrae con grande ilarità la classica famiglia imperfetta, con tutti i suoi vizi e le sue virtù.

"Fare l’amore a Roma", tra guida e gossip storico

Marianna Abbate

Roma Perché, l’Amore frequenta forse altri posti? E’ anche possibile che sia così, ma nessuna storia profumerà d’eterno come quelle nate nell’Urbe. 
E questa tesi, semplicissima da dimostrare, aleggia su tutto il lavoro di Barbara Fabiani.
“Fare l’amore a Roma”, pubblicato da Infinito Edizioni, è a metà tra una guida e il gossip storico, che io amo tanto. Un modo divertente per conoscere i fatti e i luoghi della città che un tempo governava il Mondo intero. Si parte simbolicamente dal Ratto delle Sabine, fatto leggendariamente-storico, alle mondane vicende di papa-re e prostituzione.
Perché a Roma, anche il sesso più squallido sembra amore: ne ha il sapore, l’odore e l’aspetto.
Cominciamo così a seguire uno dei percorsi indicati dall’autrice e, accanto ai monumenti statici e silenziosi, scopriremo storie chiassose e sconvolgenti. Il tutto correlato da schede di approfondimento che permetteranno di capire, a chi non lo conosce già, lo spirito della Città.
Certo, se siete a Roma per la prima volta, fornitevi di una guida Planet e scarpe da ginnastica; ma se a Roma ci state tornando, portatevi il libro della Fabiani e indossate abiti eleganti. Due passi nelle serate estive di Roma e un tuffo nella storia dell’Amore.

"In viaggio con Kapuściński", dialogo sull’arte di partire

Silvia Notarangelo

ROMA – Nasce da una profonda e sincera ammirazione, unita ad una passione condivisa per il viaggio, il breve profilo che il giornalista Andrea Semplici dedica a Ryszard Kapuściński, reporter polacco scomparso nel 2007.
“In viaggio con Kapuściński”, pubblicato da Terre di Mezzo Editore (collana I singoli), attraverso rapidi flash sulla vita e sugli scritti del reporter, offre una riflessione sulla condizione del viaggiatore, di colui che sceglie di farsi guidare dalla curiosità per scoprire e conoscere nuovi territori.
Semplici racconta al lettore il “suo” Kapuściński, o meglio Kapu, come amava farsi chiamare. Un uomo che ha rifiutato la qualifica di giornalista sentendosi più vicino ad un “interprete”, impegnato a tradurre “da una cultura ad un’altra”.

Il suo desiderio di varcare quelle frontiere dove regnano “silenzio e mistero”, la sua irrefrenabile sete di conoscere l’ignoto “che sta oltre la linea dell’orizzonte” lo portarono, complici una serie di fortunate casualità, ad intraprendere un viaggio durato una vita intera. La prima, inaspettata meta del giovane inviato è stata l’India, seguita dall’Africa, e da dieci lunghi anni trascorsi a raccontare le sue drammatiche rivoluzioni.
Fra i tanti paesi visitati da Kapu non è mancata l’Italia, dove ha avuto modo di intrattenersi, per qualche giorno, proprio in compagnia di Semplici.
Dell’incontro, tanto atteso, il giornalista italiano ricorda la timidezza e la curiosità del collega, la sua capacità di restare nell’ombra, di mimetizzarsi tra le persone che incontrava mostrando, per tutti, grandissimo rispetto, perché senza gli altri “non ci sarebbero storie da raccontare”. Un uomo che ha fatto del nomadismo la sua ragione di vita, che ha preferito indossare le ali e non piantare più facili radici, che si è sforzato di diventare parte di quel mondo che voleva descrivere, perché un viaggio ha senso solo quando diventa “territorio di incontri, saperi e conoscenze”.

Nella Roma spagnola è davvero….un "Autunno Rosso Porpora"

Silvia Notarangelo
Roma 

– “E’ essenziale dare al lettore la sensazione di vivere nell’epoca in cui si svolge la narrazione e quindi anche i particolari sono importanti. Occorre studiare e farsi molte domande perché i personaggi compiano i gesti corretti”.

E’ con questa premessa che le sorelle Elena e Michela Martignoni hanno pubblicato il loro nuovo romanzo, Autunno Rosso Porpora, edito da Corbaccio.
Roma, autunno 1497. Tre cardinali sono brutalmente assassinati. Dietro gli efferati delitti, un unico autore, Segundo. Taciturno e astuto, celato dietro travestimenti sempre diversi, conosce le sue vittime e agisce con freddezza, nel tentativo di portare a termine la propria terribile vendetta.

All’improvviso, però, qualcosa va storto: nel corso del terzo omicidio, Andrea Gianani, un nobile appassionato d’arte, ne scopre, casualmente, l’identità. Segundo, dopo aver colpito il suo “testimone oculare”, riesce a scappare, facendo ricadere la responsabilità del misfatto proprio sul giovane romano.
Anche per lui, ha inizio, a questo punto, una lunga e travagliata fuga, mitigata dalle attenzioni di una dolce popolana, Gemma, che gli offre il suo sincero aiuto.
A districare la vicenda, cercando di far luce su quanto realmente accaduto, viene chiamato Riccardo Fusco, il bargello della città, per il quale l’incarico si preannuncia tutt’altro che semplice. La Roma dei Borgia è, infatti, lacerata da conflitti e interessi, le ingiustizie sono all’ordine del giorno e, persino dietro ai più insospettabili, si nascondono, in realtà, segreti e questioni irrisolte.
Non sarà facile, dunque, arrivare ad una verità che, al termine del romanzo, promette di non lasciare delusi i lettori.

"Strada India", un viaggio alla ricera di sé

Silvia Notarangelo

ROMA “Strada India” di Daniela Morgante, Editrice effequ, è il racconto di un viaggio compiuto a metà degli anni Settanta dall’autrice, allora studentessa universitaria.

In quel periodo, per i giovani occidentali, era “più che una moda, un rito, una febbre”, partire per l’Oriente alla scoperta di qualcosa di nuovo e di più vero in cui credere, da contrapporre alla mentalità e ai valori dominanti.
Il viaggio rappresentava una strada per la ricerca di sé e di nuove mete per costruire una società migliore.
Nel presentare questa personale, significativa esperienza, la scrittrice oltre a rendere il lettore partecipe delle emozioni e delle sensazioni scaturite dall’incontro con una realtà e con un mondo così diversi dalla sua Maremma, vuole anche coinvolgerlo nell’atmosfera di quegli anni, offrendogli una chiave per comprendere il contesto in cui maturarono i sogni, le idee dei ragazzi di allora.
I luoghi, le persone incontrate, i profumi, i colori dell’India sono rievocati con uno sguardo intriso di affettuosa nostalgia, ma nello stesso tempo ormai distaccato per la lontananza che pone il tempo trascorso.
Con uno stile essenziale, ma di grande efficacia narrativa, Daniela Morgante conduce il lettore nell’itinerario di viaggio da lei condiviso con tre amici, vissuto con giovanile allegria e con una certa ironia tutta toscana, capace di sdrammatizzare le situazioni più spiacevoli.

Con "I Gemelli" continuano le avventure de "Il mondo senza nome"

Stefano Billi

ROMA – Continua la trilogia della saga “Il Mondo senza Nome”, scritta da Manuela Raffa.
“I gemelli” è il secondo capitolo della serie pubblicata da Runde Taarn Edizioni.
La trama di tutto il romanzo si innesta sul solco della storia già tracciata ne “La maschera”, primo segmento di questa saga: Isabel, insieme al gruppo formatosi per contrastare l’oscuro mago Dosemberg, attraversa gran parte del Mondo senza Nome per poter acquisire altri tipi di magie che consentano loro di vincere lo scontro, ormai prossimo, con il perfido stregone. Durante il percorso, poi, questi paladini del bene e della pace nelle terre del Mondo senza Nome incontreranno anche altri membri che si aggiungeranno alla spedizione e perciò cambieranno anche gli equilibri che si erano delineati nell’ambito dei trascorsi precedenti (narrati ne “La maschera”), complice in ciò anche la chiarificazione dei misteri inerenti l’identità dei protagonisti delle vicende, che fino ad allora erano rimaste in parte segrete al gruppo stesso.
Tra le pagine si profilano moltissime avventure dove

il viaggio costituisce la tematica centrale del racconto, elemento mediante il quale ogni personaggio è chiamato a confrontarsi con se stesso e con le numerose avversità incontrate lungo il cammino.
Tuttavia, la dinamicità conferita alla storia da questa costante non impedisce all’autrice di soffermarsi tra le pagine per dare il giusto spazio alla caratterizzazione – soprattutto sentimentale – dei personaggi, ed infatti altra caratteristica fondamentale de “I gemelli” è proprio l’ampio spazio conferito, nella narrazione, agli affetti e ai rapporti che si instaurano tra i vari protagonisti delle vicende.
Ad esempio, è davvero ben descritto il legame che si instaura tra Isabel e Amir, contraddistinto da intensi momenti di complicità, ma anche da punte di forte incomprensione a fronte di un accordo segreto tra lo stesso Amir e Denis (altro membro della sopracitata spedizione).Il libro presenta molti profili di interesse: non solo la storia riesce a catturare l’attenzione del lettore, ma inoltre il modus scrivendi dell’autrice, semplice e asciutto, permette di assaporare ogni singola riga dell’opera senza alcuna distrazione.
Inoltre,
Manuela Raffa denota una spiccata abilità nell’elaborare colpi di scena: ogni vicenda ha un esito inatteso, inaspettato, cosicché la lettura è sempre stimolata dal desiderio di sapere come possa evolvere la situazione raccontata in quel particolare momento.
Lo stesso finale de “I Gemelli” crea un piacevole scompiglio e spinge perciò ad attendere l’ultimo capitolo (intitolato “Sotto il manto nero”) di
questa bella trilogia, che merita di essere letta – soprattutto dagli appassionati del genere fantasy – per i suoi numerosi spunti di originalità.

"Il Metodo Puffetta" la riscossa delle Barbie

Marianna Abbate
ROMA Non saprei dirvi con certezza se quella che ci offre Silvia Pingitore nel suo libro sia un’immagine confortante della realtà. L’autrice de “Il Metodo Puffetta”, già nel titolo del suo ultimo libro pubblicato da aliberticastelvecchi, ci parla del collaudato Metodo puffetta – Come fare la scema del villaggio senza rischiare di diventarlo, offrendoci esempi illustri di Puffette in carne e ossa: dalle veline a Valeria Marini.
Ebbene, è inutile cercare di negare la somiglianza di queste note figure dello showbiz nazionale con l’unica femmina tra i Puffi. Tuttavia, non mi trovo del tutto d’accordo con l’affermazione racchiusa nel sottotitolo. Stupido è chi lo stupido fa diceva il saggio Forrest Gump e io l’ho ritenuta da sempre una verità di vita. Comunque addentrandomi nella lettura ho scoperto un misunderstanding alla base. In effetti non avrei mai classificato Puffetta come la scema del villaggio: le ho sempre riconosciuto un ruolo materno e la sua prorompente femminilità unita alla sua delicatezza erano utili a controbilanciare il maschilismo predominante nel villaggio dei Puffi

Seguire la moda, desiderare l’impossibile, spendere e spandere, ostentare la propria bellezza, sfruttare il proprio fascino per far carriera non significa essere stupide, anzi! La storia odierna dimostra assolutamente il contrario: il nostro Paese assomiglia un po’ al villaggio dei Puffi.

Con una serie di consigli racchiusi in 10 comandamenti la Pingitore mostra alle lettrici la perfetta strada da seguire per ottenere successi nella vita sociale, lavorativa e privata. “Non desiderare la roba d’altre (se non puoi permettertela), fa che loro desiderino la tua”.. è da sempre il mio motto e non avrei saputo esprimerlo meglio! E se anche a volte mi rodo dentro per l’invidia, la diretta interessata non verrà mai a saperlo.

Insomma, riconosco la furbizia di Puffetta, perché essere l’unica donna in un villaggio di uomini è già una cosa scaltra.  

"Il vino a Roma", un guida utile e indispensabile per tutti

Marianna Abbate
ROMA – Ci capite di vini? No? Bene, credo che siamo rimasti solo io e voi. “Capirci di vini” è diventato un must negli ultimi anni. Un sine qua non nelle cene tra amici, nelle discussioni di lavoro e persino nei pettegolezzi tra commari: “Hai visto Giovanna ha portato quel finto Barolo, l’avrà pagato due euro”, “Certo che Luca è proprio un uomo di classe, che figurone con quel – Chianti!”.

Persino io, che di vini ci capisco poco, partecipo con grande faccia tosta a queste disquisizioni: “Ma vi pare? E’ antico pensare che con il pesce si abbini bene solo un bianco!” Citando quelle frasi fatte originale a Decanter, la trasmissione cult di Radio2.
Volete fare anche voi la figura di chi sa di cosa sta parlando? E’ qui che entra in scena la guida “Il vino a Roma – guida alle migliori aziende vinicole del Lazio e ai locali in cui bere bene nella capitale” edita da Castelvecchi e scritta con maestrìa e chiarezza da Slawka G. Scarso.

Innanzitutto sfaterà il mito che nel Lazio non si faccia del buon vino, e già questa è un’informazione da esperti nel campo. Ma in più, se siete romani, vi tirerà su il morale, perchè dovreste essere davvero ciechi e sordi per non conoscere almeno un paio delle aziende citate. Io,ad esempio, otre alla commercialissima cantina Bernabei che fornisce alcolici a tutta la città, conoscevo l’azienda vinicola Cavalieri. Ma devo rivelare un trucco: sono i medesimi proprietari della famosa pasticceria Napoleoni di via Appia.
Dite che non è abbastanza per autoproclamarsi sommelier? Allora aspettate un attimo, mi lascerò ancora guidare dalle guide!