Giulio Gasperini
AOSTA – Dal 1992 al 1996 Sarajevo fu stretta in un assedio giorno dopo giorno sempre più crudele e furioso.
La vita in città era un azzardo, una danza macabra. I cecchini appostati sui fianchi delle colline che, come in una culla, abbracciano la città non concedevano quasi speranze a chi decideva di spostarsi, o di attraversare uno dei ponti che allacciano le due rive della Miljacka. La vita degli abitanti di Sarajevo fu furiosamente sconvolta da un’insensatezza irrazionale e feroce, nella quale, però, gemmarono forme di resistenza e di resilienza, ampiamente descritte in Sopravvivere a Sarajevo, edito da BéBert Edizioni.
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Categoria: razzismo
Adolescenti ad Alta Leggibilità: “Io no!… o forse sì”, la storia di Steven, lo square-dance e i dubbi sulla propria sessualità
Giulia Siena
PARMA – Steven ha sedici anni, vive a Beaver Lake e ha un segreto: adora ballare square-dance e lo fa con la madre nel gruppo della Api Operose; balla non per fare un favore a sua madre o a tutte le vecchiette del gruppo, no, lui lo fa perché ballare lo rende felice. Già, proprio così. Come se non bastasse, poi, odia l’hockey, non è per niente attratto dalle ragazze, è un ottimo osservatore, è estremamente ordinato e, inoltre, ha una amica del cuore, Rachel. Nonostante tutti questi indizi, però, Steven continua a ripetere: “Io no, non posso essere gay! No. Io no. Assolutamente no”. Da questo continuo tentativo di Steven di auto-convincersi nasce il titolo del libro di David LaRochelle, Io no!… o forse sì pubblicato da biancoenero edizioni. Steven, fantastico protagonista della penna di LaRochelle, per dimostrare a se stesso di non essere gay si informa, ruba un libro in biblioteca per approfondire la questione adolescenti-identità-sesso, comincia a frequentare i veri maschi e a uscire con le ragazze. In poco meno di un mese, tra un esame di guida e l’altro, esce con oltre venti fanciulle senza essere attratto da nessuna; la sua attrazione, però, è per il Bowman, il giovane professore di educazione alla salute. Ma tutto questo non farà altro che confondere ulteriormente le idee di Steven. E se davvero fosse gay?
La storia continua, così, tra un tentativo e l’altro per schiarirsi le idee e capire in che direzione sta andando la propria vita.
Biancoenero edizioni, la casa editrice capitolina che dal 2005 si occupa del progetto Alta Leggibilità per avvicinare ai libri tutti i ragazzi – anche quelli che hanno difficoltà di lettura – con Io no! alza il proprio target e questa volta si rivolge agli adolescenti (dai 15 anni in su) con una tematica di estrema attualità raccontata con arguzia e semplicità. I lettori crescono, le problematiche da affrontare si moltiplicano e l’Alta Leggibilità rimane.
Ottimi spunti.
Qui lo speciale ChronicaLibri a Più Libri Più Liberi 2014 dove è stato presentato Io no!… o forse sì
Federico Appel: “Pesi massimi. Storie di sport, razzismi, sfide”, passioni e tolleranza ad alta leggibilità
Giulia Siena
ROMA – “Le vere vittorie non sono quelle sportive, per quanto possano essere memorabili, ma sono quelle sociali. Combattere per la libertà del proprio popolo come stai facendo tu è la cosa più importante che un uomo possa fare nella sua vita”. La partita è andata bene, il piccolo si sente un gran campione… è riuscito, infatti, a parare il rigore di quel ragazzino nero che ora può tornare nella giungla a tirare calci con i leoni. Ah sì, oggi il piccolo portiere può tornare a casa soddisfatto, è un gran campione! All’improvviso, però, senza essere invitato da nessuno, un grosso omaccione di colore compare a casa dell’aspirante portiere. I due non si conoscono, ma qualcosa li lega, lo sport: il “gigante” è Cassius Clay-Mohammed Alì, il campione di pugilato. Alì compare, come un fantasma o un grillo parlante, per insegnare a questo bambino la tolleranza e lo spirito sportivo. Il grande pugile comincia, così, a raccontare le vicende di uomini di sport, le loro vite e le loro sfide. Comincia, così, Pesi massimi. Storie di sport, razzismi e sfide, il nuovo libro scritto e illustrato da Federico Appel per Sinnos.
Il libro, una grapfhic novel ad alta leggibilità (con font Leggimigraphic, pensata per chi ha difficoltà di lettura o problemi di dislessia) è una carrellata di grandi nomi e grandi storie di sport e vita: dalla storia del leggendario Jesse Owens che vinse quattro medaglie d’oro a Berlino nel 1936 davanti a Hitler; passando, poi, al tennista Arthur Ashe che nel 1975 fu il primo atleta di colore ad arrivare a Wimbledon e a vincere nel tempio del tennis. Conosciamo le storie di Gino Bartali e della sua bicicletta durante la grande guerra, la determinazione e la forza di John Carlos, Tommie Smith e Peter Norman che rinunciarono alla carriera per la loro rivolta in favore dei diritti umani. Incontriamo la squadra di rugby del Sudafrica e l’avventura di Carlos Caszely.
Storie di sport e di vita raccontate in maniera leggera e, allo stesso tempo, dirompente. Storie per tutti.
“Alla fine ho capito che non sempre serve diventare campioni del mondo per essere veramente dei pesi massimi”.
“Habiba la Magica”, la fantasia non ha nessun colore di pelle
Giulia Siena
ROMA – “Faccio la quarta elementare, ho dieci in italiano e nove in storia, e… Allungò la mano e afferrò la sua sciarpa, sullo schienale della poltrona. Accarezzò il giallorosso: …e sono romanista, ecco chi sono! Sono una Lupetta della Migica! […] Sono Magica anch’io, si disse. Ho una scopa magica, ieri notte ho volato. Come ho potuto dimenticarlo?” A parlare è Habiba, la protagonista di Habiba la Magica, il libro di Chiara Ingrao pubblicato da Coccole Books.
Habiba è una bambina come tante, nonostante zia Aminata continua a sostenere che Habiba, guardandosi allo specchio, non sa chi è. Che esagerata questa zia così legata a mamma-Africa da continuare a pensare che oggi Habiba non sappia nulla delle sue radici! Habiba, invece, lo sa benissimo: sa di essere arrivata in Italia nel grembo della madre dopo un burrascoso viaggio in nave, di aver perso in quella stessa notte l’uomo da cui aveva preso la bocca e il sorriso; sa, anche, che lei è uguale agli altri, a tutti i suoi amici di scuola, nonostante abbiano tutti lineamenti e nomi forse un po’ troppo bizzarri per chi la pensa come zia Aminata. Ma Habiba ora ha altro a cui pensare. Da quando ha ricevuto in dono dalla vecchia Filomena una scopa – piccola, praticamente minuscola – ogni notte è una nuova avventura e quasi una sfida per debellare le proprie paure. Che strana la magia! Per fortuna Habiba a queste cose ci crede, ci crede veramente. Inizia, così, una vita parallela che mentre di giorno la porta ad ascoltare le varie maestre a scuola, la notte, dopo i giochi in cortile e le cene con la mamma, affronta un volo incantato che la porta a sorvolare la magnifica Città Eterna, tra monumenti, palazzi e grandezze del passato. Ma l’avventura di Habiba è solo all’inizio.
Chiara Ingrao costruisce una storia fatta di più storie: in questo libro si intrecciano tra loro i fatti attualissimi delle seconde generazioni (Habiba vive nella periferia di Roma, in un condominio pieno di cinesi, indiani, egiziani, ma parla romano e non ha mai visto l’Africa); la passione per il calcio; i legami tra bambini e quelli tra adulti e bambini (l’amicizia tra Silvia e Habiba e il rapporto tra Habiba e Nagib); il tutto tenuto insieme dalla magia che alle volte prende il sopravvento per stupire e far sognare.
Dai nove anni.
“Gli Stranieri”, in guerra per una terra
ROMA – “La guerra di chi lottava per non perdere la propria terra fu vinta da chi lottava per conquistarsi una patria”.
“Gli stranieri”, il libro scritto e illustrato da Armin Greder, è una delle ultime novità targate Orecchio Acerbo Editore. Dedicato ai ragazzi, il racconto di Greder è una lirica senza età e senza tempo poiché racchiude una poesia universale, che inneggia al rispetto della propria e altrui libertà.
“Era una terra di sabbia e pietre e poco altro. Ma era la patria di un popolo. Su questa terra la gente si occupava delle proprie capre e aspettava il maturare delle olive e la sera i vecchi raccontavano le loro storie ai giovani così che potessero ricordare chi erano.” Qui un giorno arrivarono gli Stranieri a rivendicare il possesso di quella terra dalla quale erano stati cacciati. Ma il popolo non capiva: i loro figli stavano crescendo lì, loro vivevano lì, i loro padri erano vissuti lì e in quella terra avevano dato sepoltura ai nonni dei loro padri.
Dopo anni in giro per il mondo a vivere come nomadi in terre che non li appartenevano, gli Stranieri ora reclamano la loro terra e sono pronti a tutto pur di riaverla. Ma come può un’unica terra accogliere due diversi popoli? Comincia così una guerra e la costruzione di un muro, la divisione fisica e l’odio profondo.
La tragica storia di popoli erranti diventa poesia in questo libro di Greder. Le sue parole, il suo modo di scrivere (e illustrare) richiama alla poesia italiana del Novecento. Leggendo “Gli Stranieri” ci si accorge di un legame (forse voluto o forse no) con “Alle fronde dei salici” (da Giorno dopo giorno del 1947) di Salvatore Quasimodo. Il poeta siciliano prese spunto dal Salmo 137 della Bibbia dove si narra che gli ebrei avevano appeso le loro cetre sui rami dei salici e avevano perso la gioia di cantare perché prigionieri in terra straniera. Oggi, come già nei secoli passati, l’esodo e l’emigrazione sono temi cari a una scrittura che per bellezza e sensibilità diventa pura poesia.
“Brutti, sporchi e cattivi. L’inganno mediatico sull’immigrazione”: stereotipi culturali e copioni mediatici del nostro tempo
Alessia Sità
ROMA – «Nel Paese arriva la guerra, arrivano a valanga le bugie» diceva un vecchio proverbio tedesco, citato nel libro “Riflessioni di uno storico sulle false notizie sulla guerra” di March Bloch. Potremmo fare verosimilmente la stessa affermazione alla ciclica notizia dell’arrivo di profughi e migranti?
Questa è solo l’inizio della lunga riflessione del giornalista Giulio Di Luzio in “Brutti, sporchi e cattivi. L’inganno mediatico sull’immigrazione”, pubblicato dalla casa editrice Ediesse nella collana Saggi. Con grande rigore scientifico, l’Autore indaga sul ruolo rivestito dai media nella diffusione dell’immagine stereotipata e negativa dell’immigrato, ormai chiamato esclusivamente clandestino.
“Nel villaggio globale l’informazione – è superfluo ribadirlo – assume un ruolo centrale e invasivo delle coscienze”. Lo scrittore definisce un vero “killeraggio mediatico” quello fatto contro l’immigrato; ogni giorno siamo bombardati da sondaggi, diagrammi e percentuali che non perdono l’occasione di mettere in evidenza il crescente numero di dati allarmanti che sottintendono una vera e propria ideologia xenofoba.
Con grande passione civile, Giulio Di Luzi analizza le diverse forme di intolleranza, soffermandosi anche sul linguaggio e sulle “mille forme dispregiative di connotazione”: extracomunitario, clandestino, immigrato, irregolare, profugo, disperato, rifugiato.
Il clima di sospetto nei confronti dei nuovi arrivati, riporta alla memoria l’analogo trattamento riservato in passato ai migranti meridionali, sbattuti in prima pagina dalla stampa italiana come “calabresi, siciliani o pugliesi”.
Con “Brutti, sporchi e cattivi”, l’Autore tenta di ripristinare la “verità storica”, distaccandosi totalmente dall’immagine mediatica, arricchita dai soliti cliché narrativi, che col tempo ha contribuito ad alimentare la visione dell’extracomunitario – clandestino – criminale. In conclusione, Di Luzi si sofferma anche sul panorama fotogiornalistico italiano, definito come riduttivo e superficiale, dal momento che “l’immagine viene meno al compito di rappresentare i mutamenti in corso, presentandosi a simbolizzare vecchi copioni”.
“L’autobus di Rosa”, la forza di cambiare la storia
Giulia Siena
ROMA – “Per questo ti ho portato qui oggi, per ricordarti che c’è sempre un autobus che passa nella vita di ognuno di noi. Io l’ho perso tanti anni fa. Tu tieni gli occhi aperti: non perdere il tuo”. E’ una storia fatta di ricordi, rimpianti, confidenze e speranza. “L’autobus di Rosa”, il libro di Fabrizio Silei, illustrato da Maurizio A. C. Quarello e pubblicato da Orecchio Acerbo, è il racconto di un anziano al proprio nipote. Un visita a un vecchio autobus all’interno di un museo è l’inizio di una storia cominciata nel 1955 in Alabama. Continua