Editrice Nord: "Il cuore nero d’Europa"

Valerio Martella
ROMA “Il cuore nero d’Europa” di Mila e Marco Vajani, pubblicato dall’Editrice Nord, sembra seguire un filone poliziesco che in epoca recente ha ottenuto un grande successo.
Il racconto si legge tutto d’un fiato non tanto per il desiderio di arrivare a capire il quadro generale, che, dopo le prime battute si rivela abbastanza prevedibile, quanto per scoprire l’evolversi e il concludersi dell’avventura vissuta dalla protagonista Mila e dell’azione svolta dal tenente Rolko il quale porta avanti le indagini sul macabro ritrovamento di alcuni cadaveri, orrendamente mutilati, avvenuto da parte della stessa Mila durante una gita.Quest’ultima, bella e brillante avvocata italiana in cerca di tracce necessarie per la soluzione di
un caso affidatole, si ritrova suo malgrado coinvolta nella terribile vicenda; il tenente, nel corso
della narrazione, si rivela un investigatore acuto ed efficiente, oltre che persona dotata di una certa sensibilità, ben diverso dallo scialbo personaggio che in un primo momento sembra, invece, essere.


La vicenda si svolge in varie ambientazioni, non escluso il set di film pornografici sulle cui scene gli autori si sono soffermati oltre il necessario, quasi al limite della morbosità.
Quello che del libro colpisce, e in un certo senso preoccupa, è che il racconto oltre che condurre il lettore attraverso scenari, purtroppo reali, del passato che hanno segnato tragicamente la storia e che con ampia probabilità sono comuni anche ad altre località d’Europa diverse da quella in cui è ambientato il romanzo, apre una prospettiva anche verso scenari immaginari, ambientati nel presente, raccapriccianti ed inquietanti. Questi, benché frutto della fantasia degli autori sono, tuttavia, percepibili dal lettore medio come verosimili e possibili e sono idonei, perciò a suscitare nel lettore stesso sconcerto e timore ed a lasciarlo, finita la lettura, che scorre veloce, con una sensazione di profondo disagio.

“Chiedi al Dottor Chopra” la valida guida per migliorare la propria salute

Alessia Sità
ROMA – Il caffè è davvero un salvavita? Esiste davvero la dieta “ideale”? L’aspirina previene il cancro?
Questi è molti altri sono i quesiti affrontati in “Chiedi al Dottor Chopra”, di Sanjiv Chopra e Alan Lotvin, con la collaborazione di David Fisher, edito da Casini nel 2011. Negli ultimi anni – complice lo sviluppo della rete e dei social network – la cattiva informazione medica riportata dai media è diventata un fenomeno dilagante. Cercare di ottenere diagnosi usando il web e affidandosi a motori di ricerca per auto-curarsi, può essere però estremamente rischioso.
Ogni giorno veniamo ‘bombardati’ da promesse allettanti per dimagrire, per avere capelli più sani, per mantenere una pelle giovane o per prevenire spiacevoli malattie. Capire cos’è buono per la nostra salute non è mai stato così difficile. Come si fa dunque a distinguere le notizie valide dalle ciarlatanerie?
Se desiderate migliorare la vostra condizione fisica ed evitare inutili rischi, che potrebbero costarvi caro, seguite i consigli del Dottor Chopra. L’intento di questa valida guida, perfetta da consultare velocemente, è quello di sfatare i falsi miti sulla salute, eliminando definitivamente “la propaganda e le promesse per far paralare i fatti”.
Scritto in forma di conversazione e con uno stile semplice e diretto, “Chiedi al Dottor Chopra” fornisce i risultati di studi clinici al fine di rafforzare o sminuire i quesiti più comuni in campo medico.
Dopo avere letto questo libro, sarete in grado di dare la giusta importanza a tutti quegli annunci riportati sui giornali e saprete come distinguere le speranze dalle false promesse.

Da Fandango "Due amici", il nuovo romanzo di Carlo Mazzoni

Silvia Notarangelo
Roma – Due trentenni, Matteo e Giò, più che amici, più che fratelli. Un rapporto viscerale, indissolubile, capace di rendere le loro vite intimamente legate. Carlo Mazzoni racconta, per Fandango“Due amici” ovvero la storia di un’amicizia, di un sentimento che va oltre le divergenze, oltre il tempo e le distanze che potrebbero scalfirlo. Metà settembre, Matteo si accascia improvvisamente. Nella sua testa una vena va in frantumi. In un attimo, si ritrova disteso in un letto di ospedale, la situazione è disperata, il primario decide di intervenire. Nella sala di attesa Giò è sconvolto, incapace di reagire, di credere che lì, a pochi metri da lui, a lottare per la vita, c’è proprio Matteo, il suo migliore amico, quell’amico con il quale ha condiviso tutto. Inevitabile che la mente inizi a vagare alla ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi, ripensando a quei tanti, troppi momenti trascorsi insieme, momenti lontani, ma così prepotentemente vivi nella memoria di Giò. I ricordi prendono il sopravvento. Le interrogazioni a scuola, le feste, i viaggi privi di una meta, il lavoro, le donne. Sempre insieme, lui e Matteo, con la loro spensieratezza, la voglia di vivere, il desiderio di “cercare, camminare per le vie del mondo, per le arterie degli uomini, senza trovare riposo”.
Sono simili, anzi, quasi uguali: parlano, si muovono, ragionano e rispondono allo stesso modo. Eppure si fanno del male, discutono, litigano, si rendono la vita difficile, ma nulla sembra poter intaccare la loro amicizia. Anche quando Giò prova a dire basta, a spezzare questa catena che, talvolta, appare soffocante, eccolo toccare il fondo, perdere il controllo, lasciarsi andare. Lo intuisce ma non riesce ad ammetterlo, è l’assenza di Matteo a rendere la sua vita priva di significato. Per questo, di ritorno da New York, in una camera di ospedale, il mondo sembra crollargli addosso. “Non puoi morire”, continua a ripetere.
Perché qualunque cosa succeda, qualunque persona, qualunque situazione dovranno affrontare, Matteo e Giò saranno lì, l’uno per l’altro, ad aspettarsi.

"Kiss face" e l’importanza delle "streghe".

Giulio Gasperini
ROMA –
Nel gergo (cinematografico e da sit-com, come Will&Grace) si chiamano streghe; in romanesco vengono definite frociarole. Ma qualsiasi termini si usi (anche più neutro e dimesso) resta indiscutibile che per un giovane ragazzo gay siano imprescindibili e insostituibili. Giorgio Ghibaudo, fresco scrittore e caparbio volontario, esordisce alla narrativa con “Kiss face”, pubblicato da Lineadaria nel 2011, scegliendo proprio di presentarci una sorta di Éducation sentimentale dei nostrani Anni Zero.
La storia, in sé per sé, è un riproponimento – prevedibile, a dire il vero – di qualcosa di già sentito: un ragazzo, che non si accetta fino in fondo, dopo un’inevitabile enorme crisi sentimentale e affettiva, sventa la rovina conoscendo, in circostanze divertenti, una ragazza (la strega, appunto), che lo guiderà, con la sua mancanza d’inibizioni e il suo polso fermo, a capirsi e accettarsi.

È prevedibile, si diceva, che tali storie abbiano, ben o male, lo stesso canovaccio. E questo romanzo non sgarra dal previsto. Però Ghibaudo sa introdurre delle novità, a cominciare dal titolo: cos’è la kiss face, ve lo siete chiesto? Ebbene, ci pensa lo scrittore a rendercene edotti, fornendoci la definizione di un dizionario, sia nel suo significato letterale che in un significato esteso, traslato. (Però io ve lo taccio). La grande protagonista, in tutto ciò – che rischia persino di soffocare la voce narrante (quella del ragazzo gay) – è, appunto, Francesca, deliziosa e anticonformista ragazza dall’animo (all’apparenza) completamente disinibito e sapientemente duttile (e che ancora, beata lei, sa scrivere cartoline!).
“Kiss face” è un romanzo stuzzicante perché ha il coraggio di prendersi in giro, di smascherarsi per quello che in realtà è: una sorta di commedia degli errori (e delle maschere), nella quale tutti i protagonisti si ritrovano, all’arrivo, sciolti dai loro enigmi e declinati secondo nuove prospettive; proprio come succede nella realtà, quando si cresce, e si accumulano i giorni. “Kiss face” è un sogno di una notte di mezz’estate: attraversa la follia d’una confusione di ruoli e, dopo il disvelamento magico e giocoso, approda alla definizione; o meglio, se non proprio a una definizione, quanto meno a un “contornamento”.
Questa è la nuova declinazione del romanzo di formazione, negli Anni Zero: una lievità disarmante ma intelligente, una virata verso meccanismi lineari di causa-effetto e poco arzigogolati meandri mentali. Sicché niente più Le Rouge et le Noir né l’educazione sentimentale è più quella di Flaubert. Ma questa, nuova e più istantanea, che persegue anche Ghibaudo: fulminea, repentina, divorante nella sua irruente frenesia.

"Dormire Low Cost", la guida che ti fa spendere poco senza rinunciare alla qualità

ROMA“Dormire Low Cost da Touring Club la guida agli Alberghi, B&B, agriturismi, campeggi con oltre 2000 indirizzi in Italia per spendere poco senza rinunciare alla qualità. Dedicato ai viaggiatori alla ricerca di un’Italia ancora a misura d’uomo e soprattutto…a misura di portafogli.
Regione per regione, vengono proposti alberghi, B&B, locande e ostelli che vincono la sfida di una spesa ridotta senza rinunciare alle comodità indispensabili a un soggiorno di qualità.
La selezione degli indirizzi è accompagnata da 60 box che racchiudono suggerimenti su itinerari naturalistici e culturali, artigianato, fiere, eventi e manifestazioni, mentre 20 riquadri regionali forniscono i principali portali dove trovare le informazioni turisistiche.

Tutti gli "Spigoli" di una mela. Cronache di un italiano oltre oceano

Agnese Cerroni

ROMA – Prendi un ventinovenne qualsiasi e portalo a New York. The city who never sleeps lo stregherà con i suoi colori e le sue luci, lo rapirà come nessun’altra: con le guglie e i picchi dei suoi grattaceli sfavillanti, guidandolo tra i marciapiedi di Manhattan come sul set di un film. Empire state building, Rockfeller centre, Broadway, Time square. Se quel ventinovenne qualsiasi però si chiama Devor De Pascalis, i contorni della grande mela, affascinanti per i più, diventano degli Spigoli. Italo-americano dal nome inconsueto, autore del blog autobiografico da cui il libro edito da Caravan Edizioni è tratto, Devor De Pascalis decide di tentare fortuna sbarcando sul suolo americano. Dopo che gli studi conclusi a Roma da tempo non lo hanno ricompensato con un posto di lavoro di lavoro decente, il protagonista decide di mollare il Bel Paese. Equipaggiato con uno zaino in spalla e una discreta paura di volare, raggiunge the land of hope and opportunity, dove l’appoggio presso alcuni parenti può garantirgli la possibilità di tornare indietro fra un mese, fra un anno o forse mai. Ma la storia del ragazzo che decide di cambiare vita trasformandola in una soap opera a stelle e strisce è meno edulcorata di quelle dei personaggi dei telefilm americani. New York non è Manhattan e Manhattan non è New York, che piuttosto assomiglia al Bronx e ha le fattezze dei sobborghi claustrofobici di qualsiasi altra metropoli, in cui vivono immigrati assiepati in casermoni umidi, suddivisi rigidamente per cartelli, etnie e professioni religiose. La vita americana dunque si configura come dura, razzista e spietata, il viaggio quotidiano in metro una lotta per la sopravvivenza, la sopravvivenza stessa una rinascita.

"Ieri è un altro giorno", un romanzo di passione e vivacità sentimentale

Agnese Cerroni
Roma – Edito da Ugo Mursia nel 2011, “Ieri è un altro giorno” è la più recente delle fatiche di Pasquale Intonti, docente di Comunicazione d’Impresa presso l’Università La Sapienza di Roma e individual coaching per Executive e Manager di aziende di primaria importanza. Quarantanovenne, separato e senza figli, Michele Resi da anni ricopre il ruolo di Direttore delle risorse umane presso la CINFOS, una multinazionale operante nel settore dell’informatica e dei call center. È un dirigente affermato e stimato da tutti che svolge il proprio lavoro con orgoglio e piena soddisfazione, mediando i rapporti, non sempre facilissimi, tra gli impiegati “disseminati in gran parte negli uffici di un moderno mini-grattacelo” e i piani alti. Le azioni si svolgono sullo sfondo di rivendicazioni sindacali, delicati licenziamenti e tentativi di scacco ai danni di Michele, il quale dovrà tentare di rimanere a galla in una lotta al potere fatta di colpi bassi, calunnie, deresponsabilizzazione. A movimentare il quadro, la vivace vita sentimentale del protagonista, che in un turbinio di microstorie a singhiozzi diventa uomo-oggetto del desiderio di procaci segretarie in via di divorzio, conturbanti amiche e ballerine scatenate con cui condividere senza impegno attimi di effimera felicità. Saranno gli inaspettati risvolti di una fosca vicenda lavorativa a indicare la donna con la quale intraprendere un rapporto a tempo indeterminato, una con cui, suo malgrado, Michele ha già una love story iniziata. “Davvero Direttore? E da quando”.”Da ieri.” 
“Che bello!Ieri è un altro giorno…”

"Al limite della notte": siete proprio sicuri che la Bellezza salverà il mondo?

Giulio Gasperini
ROMA –
È proprio certo che la Bellezza, quella con la “B” maiuscola, quella che non lascia spazio a dubbi e fraintendimenti, salverà il mondo? Che ci farà varcare i confini di quella notte sul cui limite sempre tentenniamo e perdiamo l’equilibrio? Peter Harris è un gallerista, che porta avanti il suo lavoro coraggiosamente, in tempi di recessione e crisi economica: chi meglio di lui potrebbe esser certo che il Bello, anzi: la Bellezza, può – senz’ombra di dubbio – innalzare l’animo umano sopra la barbarie dei tempi moderni?
Michael Cunningham esplora, in “Al limite della notte” (pubblicato da Bompiani nella collana Narratori stranieri), le anse mentali d’un esponente (in estinzione) d’un terziario che, dopo aver garantito soldi e potere, si ritrae di fronte alla crisi economica mondiale. Quasi ammirevole quest’adesione impietosa al contesto sociale ed economico, che evidenzia ancora di più la crudele e spietata analisi alla quale il personaggio, un po’ involontariamente (e sadicamente) si sottopone, con una sicurezza quasi granitica nella sua capacità, alla fine, di saper risolvere il sé stesso perplesso e dolorante.

Il mestiere di gallerista è, per Cunningham, uno status (come non ricordare, inoltre, Charlotte York, una delle quattro “stelle guerriere” di Sex and the City, che, per l’appunto, svolgeva codesta professione?) della scintillante ma passata New York City. Adesso, negli Anni Zero, è uno dei pretesti per accelerare narrativamente la crisi del protagonista, e sviluppare la conturbante e rapsodica messa a fuoco dei suoi interiori disastri. Peter conosce la Bellezza, sa quantificarla e mercificarla, la sa vendere e appendere; la sa anche rinnegare (per la dittatura del dollaro). Però, quando si trova di fronte alla perfetta bellezza classica (da scultura marmorea) del complicato fratello della moglie, smarrisce ogni sua difesa, abbandona ogni veglia e asseconda la sua crisi, rispondendo con sempre più partecipazione al presunto richiamo della Bellezza. Ma la Bellezza si rivelerà per quella che è veramente: un’entità che gioca sporco e non ti concede mai l’occasione per riscattarti.
Michael Cunningham ci ha abituato, ahimè, a ben altri capolavori. Ma anche in questo romanzo sentiamo la presenza dei suoi percorsi mentali, delle sua architetture narrative che così affascinano, per la loro arditezza e il loro rumoroso respiro. Per tutto il romanzo ricerchiamo, nell’accelerazione d’un’apnea, una risposta alla domanda. Alla fine, siamo solo certi che
la Bellezza tradisce; e che, ancor peggio, indisturbata ricatta.

TEA: L’amore secondo Torben Guldberg

Silvia Notarangelo

Roma“Tutti i miei viaggi nascevano dallo stesso desiderio. Tutte le storie che andavo raccogliendo le scovavo nel tentativo di trovare una risposta alla stessa domanda”. Queste parole sono di un cantastorie, un cantastorie immortale ma ormai stanco, dalle rughe profonde, che decide di fermarsi, perché è arrivato il momento di smettere di raccontare per cominciare ad ascoltare. Inizia con questa confessione “Tesi sull’esistenza dell’amore”, il romanzo d’esordio di Torben Guldberg, pubblicato da TEA. L’interrogativo che tormenta da sempre il protagonista è uno solo: capire che cos’è l’amore, come si manifesta, quali sono, se ci sono, delle leggi in grado di svelarne gli impenetrabili meccanismi. Cinque secoli di storia sono ripercorsi mediante il racconto di altrettante vicende, intimamente legate, eppure profondamente diverse l’una dall’altra.

Nel Cinquecento l’amore si esprime nella melodia di Frans e Amelie, nel suono della straziante nostalgia evocata dai due innamorati lontani, poi, nel secolo successivo, prende vita nei quadri di Gregarius, uno stravagante avventuriero stregato da un “angelo”, la bellissima Mari, ma incapace di resistere al richiamo del mare. Il desiderio di conoscere è irrefrenabile anche nel giovane Hans, capace di intuire una metafora suggestiva quanto fatale per la sua vita. L’amore è, per lui, come la luce, “invisibile mentre si muove” ma capace di farsi “sentire quando colpisce”. Filosofia, momenti di felicità difficili da decifrare e impossibili da trattenere, uno squallido scambio economico: sono queste le forme assunte dall’amore nelle storie degli ultimi due secoli. Henrik, il protagonista del Novecento, persegue un suo, personalissimo obiettivo, dimostrare che l’amore, al pari di tutte le cose, si può comprare e che il suo prezzo non è una “questione sentimentale”, ma è determinato da semplici e oculati investimenti. Una storia amara, priva di illusioni e senza lieto fine, che sembra prospettare un futuro tutt’altro che roseo.
Al termine di questo incredibile viaggio, i dubbi del vecchio cantastorie non sono ancora sciolti: magari è la domanda ad essere sbagliata, se si chiede cos’è l’amore, si presuppone che esista. Ma forse, come gli suggerisce l’amico Baldur, la risposta è proprio nella domanda, perché è nel momento stesso in cui sorge l’interrogativo che l’idea di amore è già lì, presente in ognuno.