“Credevo fosse un’amica e invece era una stronza”, evitarle anche prima di incontrarle

Giulia Siena
ROMA
“Non importa quanto amore ti professano, a un certo punto la voglia di sparlare di te con il gruppo delle seguaci sarà troppo forte, e si mostreranno per quello che realmente sono. Delle api regina in cerca del consenso della folla, sia esso composto da seienni o da dodicenni. Il palco è il loro regno, lo scherno il loro strumento, la maldicenza è la loro arma.” Questa è la descrizione che fa Irene Vella delle stronzamiche. Loro, numerosi esemplari di falsa affettuosità, sono sempre in agguato nella vita di ogni donna: dall’asilo all’università, nascoste nella parentela e sul lavoro, la loro è una seriale escalation nelle vite degli altri.
Per questo nasce “Credevo fosse un’amica e invece era una stronza” (pubblicato nella collana Dieci! di Laurana Editore), il libro scritto da Irene Vella per mettere in guardia la figlia dodicenne da queste sedicenti figure che indossano i panni dell’amica per ferirti con sempre maggiore astuzia e precisione. E’ questo, infatti, lo scopo delle stronzamiche; sin dalla nascita hanno questa “dote” e, con il tempo, non fanno altro che affilare la tecnica.  Così la giornalista e scrittrice toscana ci porta a scoprire i 10 modi per sopravvivere alle stronzamiche attraverso questo piccolo manuale di salvezza.

 

 

Partiamo dalla base: le stronzamiche sono quelle che credevamo  amiche, invece erano stronze. Stronze perché ci hanno fatto credere nell’amicizia, nella condivisione e nella complicità per poi voltarci le spalle e sparlare di noi. E in questo modo ci feriscono perché ci sentiamo prese in giro, sentiamo che la fiducia che abbiamo posto in loro era ingiustificata, diventiamo diffidenti e sole. Questa consapevolezza, però, nelle amiche “tradite” cresce con gli anni e con l’esperienza, ma come si può salvaguardare le fanciulle innocenti dalle stronzamiche? Irene Vella è anche una madre e come tale parla, attraverso questo libro, alle altre madri per proteggere i propri figli da questa strana forma di “bullismo”. Sì, perché le stronzamiche si comportano per avvicinare, ferire ed emarginare le persone più deboli, o semplicemente più buone.

 

“Credevo fosse un’amica e invece era una stronza”, una piccola guida che già si preannuncia un grande successo poiché mai nessuno ci ha insegnato a evitare le stronze prima di incontrarle.

 

“Nessuna esperienza richiesta”: felici e precari

Marianna Abbate
ROMA  Ho conosciuto un tale di quarant’anni con il posto fisso statale e più di cinquemila euro (!) di stipendio che amava definirsi “precario della vita” (sic!). A nulla è valsa la mia faccia disgustata e il mio tentativo di spiegare che “precariato” non è una condizione dovuta alle scelte personali, all’inettitudine e alla pigrizia, ma uno stato di disagio sociale strutturale. Il precario non si arrende, il precario rema controcorrente, insiste. Se si fosse arreso, quel contratto a breve scadenza non l’avrebbe mai trovato, o sarebbe già scaduto. I precari non sono dei falliti: è il sistema ad essere fallimentare.

Descentio, il protagonista di “Nessuna esperienza richiesta“, edito da Intermezzi, non è un fallito. Nonostante ci si senta fortemente.

Gianluca Comuniello ci ritrae con la tecnica del cubismo pittorico, tutti gli aspetti della sua personalità, tutti gli aspetti della sua vita, senza mai svelarlo completamente. Cambi repentini di narratore aiutano a mostrare quel senso di instabilità, di insoddisfazione e sempre più tangibile disagio che accompagnano Descentio in tutta la sua storia.

Perché Gianluca si sente un po’ Descentio, e forse l’unica cosa che non li accomuna è questo nome parlante, che sembra segnare disgraziatamente il destino dell’uomo di carta. Un nome volutamente altisonante, che invoca una gloria passata in opposizione all’attuale ineluttabile discesa.

Uno stato che non affligge solo il protagonista, ma un po’ tutti i suoi conoscenti, dall’amica sfortunata, all’esule calabrese. Tutti tranne una: Greta, la ex che non sbaglia un colpo. quella che quando dice cosa ha studiato, nessuno le fa le condoglianze.

Bhè io le farei le condoglianze ad uno che ha studiato agraria, non per amore della terra ma per mero calcolo. Ma che ne posso sapere io, che faccio l’impiegata contabile, dopo la mia bellissima e commovente laurea in lettere.

L’ultima nota va all’editore: Intermezzi si conferma un unicum nel panorama editoriale italiano. La capacità di scegliere libri complessi, innovativi anche nella forma e la scelta di scommettere sul “vero” nuovo, dà una piacevole ventata di freschezza e porta la speranza che giovani scrittori capaci esistono. Forse servirebbe un pelino in più di editing.

 

“Ladurée – L’Arte del ricevere”

MILANO– Michel Lerouet e Vincent Lemain portano in libreria “Ladurée – L’Arte del ricevere”, un libro targato L’Ippocampo Edizioni che racchiude lo stile e il gusto de La Maison Ladurée. Fondata nel 1862 e divenuta un must  per i gourmet di tutto il mondo, simboleggia l’art de vivre francese – in primis per il mitico macaron – il pasticcino più alla moda dei nostri giorni. Le boutique Ladurée sono ormai presenti in tutte le metropoli globali, da New York a Beirut, Shangai o Milano.

Vincent Lemain e Michel Lerouet, rispettivamente chef pasticciere e chef des cuisines della Maison, ci svelano in 90 ricette i loro menu e i loro consigli nell’Arte del ricevere. Nove sono le sezioni del libro, corrispondenti ai momenti più importanti della giornata: Colazione, brunch tra amici, picnic elegante, pranzi di famiglia, merende, cene a buffet, cene per due, cene invernali, cene di gala.
Rilegato in geltex con doratura delle pagine, il volume è rinchiuso in un’elegante scatola che richiama volutamente le sontuose confezioni dei macaron Ladurée.

La forza di raccontare

Giulia Siena
ROMA
– “Se non puoi aggiungere giorni alla vita prova ad aggiungere vita ai giorni.” Questo è quello che si ripete Anne-Dauphine da quando il primo marzo, nel giorno del secondo compleanno di Thais, scopre che sua figlia è malata. Thais, la sua bambina, presto sarà portata via da una malattia. Il tiranno tanto temuto si chiama Leucodistrofica metacromatica. Il nome le fa paura, ma forse, a farle più paura sono quei piccoli ed esitanti passi sulla sabbia bagnata lasciati da Thais sulle spiagge della Bretagana. Comincia così la storia di una madre che racconta con amore e minuzia la malattia genetica di sua figlia.
“Due piccoli passi sulla sabbia bagnata” è il primo libro di Anne-Dauphine Julliand, giornalista e scrittrice francese, che nel romanzo di Bompiani racconta due anni della propria vita: sfide, dolori e scommesse.

Il giorno del secondo compleanno di sua figlia, Anne-Dauphine scopre che la bambina, con il passare del tempo, non potrà più correre, sorridere e parlare. Con il tempo i movimenti di Thais diventeranno più lenti, sempre più lenti, fino a spegnersi. L’allegria e la curiosità della bambina saranno annientati da questo mostro oscuro, da questa lenta e inesorabile coltre che offuscherà le giornate della sua famiglia. E cosa ne sarà del bambino che ora porta in grembo Anne-Dauphine? La nuova gravidanza, quel piccolo germoglio che sta crescendo nel suo grembo, è minato dal mostro che ha catturato ora Thais? Domande, dubbi e perplessità accompagneranno i protagonisti di questa storia per due anni di vita, un periodo in cui la caparbia e l’amore hanno combattuto con forza il dolore.

“Due piccoli passi sulla sabbia bagnata” è il resoconto di come la vita possa essere riscritta al presente; vivendola ogni giorno, nonostante tutto.

“Il corso innaturale delle cose”

Giulia Siena
ROMA
“La lingua felice è assolutamente semplice e brutale: era la ragazza più bella che avessi mai visto. La lingua felice forse è spiacevole: mi guardava come uno più vecchio.”
Ma nell’amore l’età non conta. Nella felicità l’amore non conta; o forse sì. Qualcosa forse, in fondo, conta. Quel divario di età che all’inizio attrae e impaurisce, eccita e rende inquieto Tomas si chiama amore impossibile. Prima di lui, prima di loro, in questo amore controverso e problematico, caddero i cuori di Abelardo ed Eloisa e, ancor prima, quelli dei poeti latini e di quelli greci. Ma in una notte di inizio anno, Tomas e Janna, si incontrano.

“Il corso innaturale delle cose” dell’autore norvegese Tomas Espedal e pubblicato da Ponte alle Grazie, è la visione poetica e sovversiva dell’amore e del lavoro da parte di un uomo che insegue controcorrente la felicità.
Nella scrittura di Espedal e nella storia del suo protagonista, la quotidianità e il lavoro in fabbrica, l’attrazione per Agnete e il matrimonio, l’esperienza in Guatemala e la figlia, il cambiamento, la giovinezza di Janna e l’abbandono sono piccole cicatrici che segnano. Sono impronte che suggeriscono un percorso controcorrente, il percorso di un uomo che trova il successo e lo perde, che cerca l’amore e gli sfugge, che rifugge la solitudine per poi rimanere solo, che assapora la felicità e ne trova l’essenza.

 

Poche volte l’oggettività dei sentimenti: la felicità – e la sua assenza – la vita e la sua negazione, il futuro e il suo aborto sono state così magistralmente descritte.

“Caterina fu gettata”. Vi è mai capitato di differenziare la vostra fidanzata?

Marianna Abbate
ROMA – Siamo nell’epoca della raccolta differenziata, del rispetto dell’ambiente e dei romanzi fatti con lo stampino: tutti uguali e tutti già letti. Viviamo in un mondo in cui tutto è già stato fatto e detto, comprese queste mie banalissime parole.

E allora “Caterina fu gettata” diventa un simpatico momento di astrazione. Ho letto che in internet qualcuno ha definito questo romanzo breve di Carlo Sperduti, edito da Intermezzi, come urban fantasy. Non dico che sia una definizione completamente sbagliata, ma potrebbe risultare deviante per un lettore che non sa di cosa stiamo parlando e si immagina fatine volanti e draghi sputafuoco. Si tratta di un romanzo nonsense, una narrazione sperimentale, che tanto ricorda quella corrente anni ’70 che ha visto come protagonista assoluto Calvino.

Nel mondo di Caterina si muore mille volte, ma questo non influenza in nulla la vita dei protagonisti, che continuano imperterritamente a risorgere in un trionfo di virgole e punti esclamativi, da sconvolgere Manzoni. La sperimentazione non si trova solo nella trama, assurda e decisamente astrusa, ma anche nello schema linguistico, nell’utilizzo della parola come significante, spesso privata del significato.

Un esperimento linguistico e letterario, ma nel contempo narrativo. La costruzione dei personaggi avviene attraverso le loro azioni, e non attraverso la caratterizzazione aprioristica dello scrittore, che influenza al minimo lo svolgimento degli eventi. A volte sembra di trovarsi nella casa di una coppia qualunque, dove la fidanzata sciorina nel sonno tutte le cose che odia del proprio compagno. Ma subito dopo ci ritroviamo nell’incredibile mondo astratto, dove si può buttare in un secchio gatto e fidanzata.

Un losco individuo condisce gli avvenimenti con una delicata suspense che ci fa temere chissà perché, quella morte che nel testo è un avvenimento quotidiano e abitudinario.

Devo riconoscere che la mia fantasia non è riuscita a prevedere gli eventi di questo libricino, che mi ha fatto sorridere e scuotere la testa con allegria.

 

Bellino, proprio bellino.

“Non sono un fottuto giornalista eroe” – un detective un po’ sgangherato

Marianna Abbate
ROMA – Piccola premessa: seppure non si tratti di un giallo canonico, questa recensione potrebbe contenere spoiler (NdR). Tutta tinta di giallo la copertina del libro di Antonio di Costanzo, ci fa ingiustamente associare questo libro ai classici gialli da edicola. Ma “Non sono un fottuto giornalista eroe”, edito da Cento Autori, sfugge a queste classificazioni estemporanee, ritagliandosi un posto tutto suo nel panorama letterario.

Si tratta di un romanzo, certo, ma non segue i canoni del giallo classico. Il protagonista, che dovrebbe svolgere il ruolo di detective amatoriale, non ha nulla del Poirot di Agatha Christie, e non assomiglia neanche al Watson, fedele amico di Holmes. Iacopo Fernandez è alla seconda avventura da detective ( la prima è stata raccontata nel libro “Volevo solo svegliarmi tardi la mattina” che devo assolutamente rimediare). Non è dotato di spirito di osservazione, né di grande intuito. Non ha la pazienza di studiare 675 tipi di tabacco diversi e neanche le conoscenze di chimica per farlo. Scopre le cose per il semplice motivo che gli vengono dette dalle persone più strane, che per un qualche motivo inspiegabile lo trovano simpatico. Persino il vicecapo della polizia, che odia notoriamente tutti i giornalisti, lo ha preso a benvolere.

Si trova, suo malgrado, in mezzo a una storia più grande di lui, nonostante tutti i tentativi a sfuggire alla realtà che lo circonda con “litrate” di alcolici che si versa in gola a ogni ora del giorno e della notte.

Il caso criminale, che vede coinvolta la morte di un clandestino cingalese, passa in secondo piano. Il crimine si trova sullo sfondo di questo libro che non è altro che un ritratto di parole di un personaggio molto ben costruito ed interessante. Tant’é che alla fine scopriamo che (ATTENZIONE SPOILER) a compiere l’omicidio sono state persone completamente slegate alla storia e mai nominate prima nel romanzo. Quindi non c’è nessun processo deduttivo, nessuna osservazione di una mente superiore: niente di niente. (FINE SPOILER)

E allora perché leggere questo libro? Vi assicuro che ci sono motivi validissimi.

In primis è scritto molto bene, un italiano di qualità di chi non si improvvisa scrittore dal giorno alla notte; il protagonista è interessante come vi ho già accennato, e speriamo di ritrovarlo in altre avventure, anche perché trovo che questo più che un romanzo sia un racconto lungo (signor Di Costanzo ci faccia una bella raccolta con almeno tre avventure e saremo felici).

Inoltre, il mondo raccontato somiglia tantissimo a quei sogni di giornalisti, cui piacerebbe moltissimo trovarsi per caso coinvolti in complicate storie dalle quali uscirebbero eroicamente vittoriosi, con al fianco una bella donna e prime pagine sui quotidiani a loro dedicate.

Non sono un fottuto giornalista eroe” ha qualcosa di Hemingway qualcosa di Bukowski e moltissimo dei corsi di scrittura creativa. Un linguaggio semplice, chiaro e affascinante.

Unica pecca? Un po’ troppi titoli di canzoni radical chic. Perdonabile.

 

 

Le professioni amiche dell’ambiente in “Guida ai green jobs”


Silvia Notarangelo

ROMA – Il monito lanciato poco tempo fa, “50 mesi per salvare il pianeta”, fa davvero paura. Perché non si tratta di uno dei tanti allarmi, purtroppo, sistematicamente ignorati (o quasi). È un vero e proprio ultimatum, un grido disperato per scongiurare un pericolo che si fa sempre più concreto e drammaticamente vicino. La terra è arrivata al limite. Mai come ora, occorre intervenire e farlo al più presto, perché il sistema si sta rapidamente avviando al collasso. La questione ci coinvolge tutti da vicino, ognuno con il proprio bagaglio di piccole o grandi responsabilità. L’attenzione e l’interesse per il tema devono essere alti. Per fortuna, opportunità concrete e progetti importanti non mancano, come emerge anche dall’interessante ed accurato saggio “Guida ai green jobs”, scritto da Tessa Gelisio e Marco Gisotti per Edizioni Ambiente.
Un testo prezioso, un’analisi ampia e articolata che si avvale dei numerosi contributi raccolti dai due autori e che abbraccia moltissimi comparti produttivi: dalle energie rinnovabili alla mobilità sostenibile, dall’ecofinanza alla green fashion. Attraverso le risposte di imprenditori ed esperti del settore, si delinea un profilo dettagliato della green economy italiana: che cosa significa oggi puntare sul verde, quali sono i profili professionali più ricercati, quali le sfide da affrontare e gli aspetti da migliorare. La parola d’ordine è efficientamento, ovvero “riduzione dei consumi energetici e più in generale di materie prime, ottimizzazione dei processi produttivi, creazione di modelli di consumo e risparmio”.
Una riflessione, però, è d’obbligo: se alcuni settori, come quello edilizio e chimico, fanno registrare incoraggianti segnali positivi, in tanti altri siamo appena all’inizio di un percorso lungo e certamente non facile, che necessita di scelte coraggiose e di nuove professionalità. E allora, di che cosa devono occuparsi e quale formazione è più indicata per quanti intendono intraprendere un lavoro green? Tra professioni ormai diffuse e consolidate, si inseriscono alcune interessanti novità. Per gli amanti del mare, si può contribuire attivamente alla salvaguardia del Pianeta in veste di bagnini sostenibili. Ma ci sono buone prospettive anche per amministratori di condominio con il pallino della sostenibilità, per ecovigili, disaster manager, wedding planner sensibili all’ambiente e al portafoglio.
Dunque, come dimostrano i due autori, le possibilità sono numerose. L’importante, ora, è prestare attenzione affinché “l’onda verde che sta spazzando il paese non si infranga contro interessi antichi e una politica cieca”.

Un paio di tacchi alti- un giallo per le serate d’autunno

Marianna Abbate
ROMA – E’ autunno, piove e fa finalmente freddo. Ci vuole proprio una tazza di té con del bourbon, castagne arrosto, un plaid e… un bel giallo. Quindi, eccomi qui a consigliarvi un giallo d’autore; un classico del genere: “Un paio di tacchi alti” di Timothy Fuller pubblicato da Polillo Editore.

Se avete amato Aghata Christie non potete perdervi questo romanzo, carico di sottintesi e indizi.

La trama è presto detta: si indaga su un omicidio avvenuto durante la riunione di ex studenti dell’università di Harvard. Ma quello che ci interessa è l’atmosfera: quell’aria che sa di mistero e cannella che avvolge i protagonisti di tutti i gialli d’autore.

Il libro è stato pubblicato per la prima volta nel 1941, ed è innegabile che sia proprio la sua età a renderlo ancora più affascinante.

L’autore ci accompagna sui passi di Jupiter, un detective dilettante che si dimostra estremamente sveglio e abile- e anche un pochino nerd. La riunione degli studenti viene scossa dall’evento inaspettato, che li porterà a guardarsi con sospetto e scoprire vecchi rancori. Un unico indizio: un’impronta di scarpe con tacco accanto al cadavere. In più bisogna affrettarsi a risolvere il caso per scagionare l’amico innocente che sta per sposarsi!

Condite tutto con cappellini, cappotti cammello, una luce soffusa e un finale a sorpresa e avrete tra le mani un giallo come si deve.

Un altro punto a favore di questo romanzo è l’edizione, piccola e maneggevole, ma nel contempo rispettosa della nostra vista.

Polillo Editore da tempo si dedica alla ricerca e pubblicazione di gialli d’autore, dedicandosi in modo particolare ai classici del mistery inediti in Italia. Una serie di piccoli gioielli per gli amanti del genere. Il cofanetto con i primi 100 romanzi è una bellissima idea regalo per Natale.

 

 

Paulo Coehlo- siete pronti ad emozionarvi ancora?

ROMA – E’ in libreria il nuovo libro di Paulo Coehlo:”Il manoscritto ritrovato ad Accra” edito da Bompiani.

14 luglio 1099. Mentre Gerusalemme si prepara ali invasione dei crociati, un uomo greco, conosciuto come II Copto, raccoglie tutti gli abitanti della città, giovani e vecchi, donne e bambini, nella piazza dove Pilato aveva consegnato Gesù alla sua fine. La folla è formata da cristiani, ebrei e mussulmani, e tutti si radunano in attesa di un discorso che li prepari per la battaglia imminente, ma non è di questo che parla loro il Copto: il vecchio saggio, infatti, li invita a rivolgere la loro attenzione agli insegnamenti che provengono dalla vita di tutti i giorni, dalle sfide e dalle difficoltà che si devono affrontare. Secondo il Copto, la vera saggezza viene dall’amore, dalle perdite sofferte, dai momenti di crisi come da quelli di gloria, e dalla coesistenza quotidiana con l’ineluttabilità della morte. “Il manoscritto ritrovato ad Accra” è un invito a riflettere sui nostri princìpi e sulla nostra umanità; è un inno alla vita, al cogliere l’attimo presente contro la morte dell’anima.

Paulo Coelho è nato a Rio de Janeiro nel 1947. È considerato uno degli autori più importanti della letteratura mondiale. Le sue opere, pubblicate in più di centosettanta paesi, sono tradotte in settantadue lingue. Tra i premi ricevuti dall’autore, il “Crystal Award 1999”, conferitogli dal World Economic Forum, il prestigioso titolo di Chevalier de l’Ordre National de la Légion d’Honneur, attribuitogli dal governo francese, e la Medalla de Oro de Galicia. Dall’ottobre del 2002 è membro della Academia Brasileira de Letras. Dal settembre 2007 è stato nominato Messaggero di Pace delle Nazioni Unite. Bompiani ha pubblicatoL’Alchimista (1995), Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto (1996), Manuale del guerriero della luce (1997), Monte Cinque (1998),Veronika decide di morire (1999), Il Diavolo e la Signorina Prym (2000), Il Cammino di Santiago(2001), Undici minuti (2003), lo Zahir (2005),Sono come il fiume che scorre (2006), La strega di Portobello (2007), Henry Drummond Il dono supremo (2007), Brida (2008), Il vincitore è solo(2009) e Le Valchirie (2010).