Paola Rondini e Il salto della rana, racconto visionario

Il salto della rana_FernandelGiulia Siena
PARMA“Come tutti i sognatori, come i bambini lasciati troppo soli, come gli adolescenti tappezzeria alle feste, io amavo la fantascienza, il silenzio ferroso dello spazio, gli sbuffi di decompressione delle astronavi, l’ordine asettico dei moduli lunari, i pianeti desertici abitati da un’umanità bizzarra, più bizzarra di me e della mia famiglia“. Comincia così, con questa descrizione che è quasi un monito, Il salto della rana, il romanzo di Paola Rondini pubblicato da Fernandel.

 

 

Emma è giovane, fantasiosa, libera e lavora giocando con le parole, come fosse una normale abitudine. Questa abitudine, forse, è un dono genetico da parte di sua madre Rita, la viaggiatrice bella ed evanescente che ora si è fermata in una casa di cura e lì parla mettendo le parole in rima. Rita è cambiata ed Emma con lei; è lontano, infatti, il tempo in cui Emma bambina seguiva quella mamma bellissima e distratta, un’anima vagante e silenziosa, irrequieta e fascinosa. Ora sono divise, distanti e lontane; entrambe hanno la propria vita. Quella di Emma, ora, in una mattina presto nel centro di Milano la pone di fronte al civico 16, alle soglie di un portone socchiuso dopo che il rombo di una macchina ha scosso, all’improvviso, una tranquilla giornata di una strada elegante. Immaginazione e intuito si rincorrono, ma Emma non ha tempo per farsi domande, deve pensare a un nuovo viaggio. Dall’agenzia di pubblicità dove lavora, infatti, le hanno comunicato che dovrà partire: destinazione Arizona per cercare un nome, come sempre, legato a una nuova pubblicità. Arriva – o viene catapultata, fate voi –  in un mondo immaginifico fatto di paesaggi preistorici e costruzioni di ultima generazione. Il Cubo, il palazzo meta del viaggio di Emma, non è altro che un luogo di mistero: qui, tra queste pareti di vetro dove tutto è possibile ma nulla è reale, è racchiusa l’occasione della sua vita. Ma mentre Emma vive in questa perfezione quasi cinematografica, le condizioni di Rita peggiorano, il tempo si ferma, inverte e confonde. Il viaggio si arresta, prende una nuova strada.

 

Con Il salto della rana Paola Rondini, alla sua terza esperienza da romanziera, dimostra che la scrittura, in uno stesso libro, può essere evasione, indagine, racconto e confessione. Il salto della rana, infatti, è romanzo visionario, un thriller, un racconto familiare e un diario: un buon mix, certo, ma volevo leggere di più. Forse 142 pagine sono troppo poche per contenere tutto?

 

“Breve trattato sulle coincidenze”: il postino che fece la storia

DomenicoDara-Coincidenze_chronicalibriGiulia Siena
PARMA“In alcune giornate particolarmente malinconiche, quando ogni oggetto sfiorato, ogni pensiero perso, ogni azione cominciata era nostalgia, il postino si fermava a rimirare il suo archivio, come se vagheggiare la torna di esistenze evocate nelle lettere potesse consolarlo della sua vita inerte. Apriva i cassetti, sfogliava i fascicoli, ridestava per un momento vecchie parole dal lungo letargo”. Il postino di Girifalco aveva racchiuso gli accadimenti, le storie e le vite dei suoi compaesani in quell’archivio. Lo aveva fatto costruire ad arte, perfetto per tenere in ordine, secondo la tematica, il nome e una propria logica, tutto quello che era passato dai sacchi postali alla scrivania, dalla mente e la penna dei mittenti al suo sguardo indiscreto prima di arrivare nelle ansiose mani dei destinatari. Siamo sul finire degli anni Sessanta e questo è il romanzo di Domenico Dara, Breve trattato sulle coincidenze, libro pubblicato da Nutrimenti e finalista al Premio Calvino 2013.

 

Qui, a Girifalco, in Calabria, il tanto sospirato boom economico arriva quasi sussurrato dalle parole scritte degli emigranti e dallo scempio dei politici. Qui, a Girifalco, la vita è sempre uguale, o quasi. La vita qui viene spesso filtrata da un burattinaio buono e misterioso, da un postino che “appartiene al folle e inerme gruppo di uomini che si credono eterni fanciulli, che vedono di fronte a loro una vita infinita” e sicuramente solitaria. Il postino appartiene a quella categoria di uomini distratti dalla solita vita, indifferenti al tempo che cambia ma attenti alle piccole cose, alle coincidenze, tanto da appuntarle e lasciarsi guidare, come Pollicino e i suoi sassolini, e contarle tutte, ben 464 coincidenze. Il postino è sempre stato attento a queste cose, alle piccole cose, forse per questo aveva quel dono. Durante le scuole medie il postino scoprì che sapeva imitare la calligrafia dei compagni. Ma per molti anni questo suo talento rimase lì fermo, l’occasione si presentò molti anni dopo, quando per inerzia e per noia decise che il suo lavoro potesse essere quello di postino, annunciatore di novelle. Il suo ruolo, spesso sottovalutato, era di primaria importanza poiché poteva con i suoi messaggi cambiare il corso degli eventi e la vita della gente. Memore di questa sua capacità e curioso per quello che una lettera d’amore alquanto misteriosa poteva celare cominciò ad aprire la corrispondenza altrui. Solo lui – nel piccolo ufficio postale cittadino – aveva questa possibilità, perché non farlo? Si accorse, così, che i politici del luogo stavano svendendo il patrimonio di tutti, il monte Covello per farne una discarica; seppe di tradimenti e di passioni; conobbe le ansie delle mamme di figli lontani; di dolori, lutti e amori non corrisposti. Seppe i piccoli segreti e le aspirazioni di tutti, di tutti coloro che ricevevano o inviavano lettere. Il suo compito ora, quello del postino, era quello che gli prescrisse il fato, farlo messaggero di notizie, ma non solo; la sua capacità calligrafica gli permetteva di addolcire, modificare o assecondare il messaggio.

 

Domenico Dara dà vita un romanzo in cui intreccia varie storie e vari personaggi, tutti legati all’esistenza di un postino senza nome, un “postino custode”, che veglia sulle sventure e le gioie di altri uomini e di altre donne. In questo racconto costruito ad arte, mentre il dialetto calabrese si alterna all’italiano per sottolineare i legami e gli eventi, la figura del postino da sommessa e solitaria si fa quasi eroica perché il racconto continua e veicola, attraverso il protagonista, il racconto di tempi che cambiano e si susseguono, i sogni sperati e le quotidiane prove di vita.

 

“Egli poteva inserirsi nelle vicende della gente e talvolta cambiarle, e forse in questo cambiamento stava la ragione del suo esistere, nel tessere trame di vita usando frammenti di esistenze altrui. La certezza di aver trovato il bandolo della matassa d’una vita fino ad allora ingarbugliata lo aiutò a interpretare e disciplinare le ferite del passato, rendendolo meglio disposto verso gli uomini e il mondo”.

 

 

“Causa di forza maggiore” di Chiara Giacobelli vince il Premio Letterario Internazionale Marguerite Yourcenar 2014

chiara_giacobelli_intervista-chronicalibriROMAChiara Giacobelli, con il racconto Causa di forza maggiore si aggiudica il Premio Letterario Internazionale Marguerite Yourcenar (sezione Narrativa) edizione 2014; il Premio che vede ogni anno la partecipazione di centinaia di autori da tutta Italia e non solo, nelle due sezioni Narrativa e Poesia. La giuria, composta da esperti del settore, ha selezionato in un primo momento una rosa di dieci finalisti e successivamente sono stati i finalisti stessi a scegliere il racconto giudicato migliore. La cerimonia di premiazione della XXII edizione del Premio avverrà sabato 31 gennaio presso l’Auditorium «Recagni» della Scuola Sociale Accademia delle Arti a Melegnano, in provincia di Milano.

 

Il racconto di Chiara Giacobelli – giornalista e scrittrice, autrice di “101 cose da fare nelle Marche almeno una volta nella vita” e “1001 monasteri e santuari in Italia da visitare almeno una volta nella vita” (Newton Compton) ; “Furio Scarpelli. Il cinema viene dopo” (Le Mani); “Emilia Romagna. Una visione artistica” (Round Table Bologna) – sarà pubblicato all’interno dell’Antologia ufficiale del Premio (contenente anche gli altri nove racconti finalisti) che verrà consegnata agli autori nel corso della cerimonia di premiazione e sarà poi acquistabile sia in libreria che online. Inoltre, come vincitrice della sezione Narrativa, Chiara Giacobelli avrà la possibilità di pubblicare gratuitamente un libro di una trentina di pagine, stampabile in 100 copie. Il racconto vincitore “Causa di forza maggiore” sarà inoltre pubblicato dalla rivista “Il Club degli Autori” – ente promotore del Premio insieme alla casa editrice Montedit – ed anche in internet sul sito www.club.it.

 

Questa la motivazione per l’assegnazione del premio:
“Il racconto è pervaso da profonda umanità, resa perfettamente dalla scrittura di Chiara Giacobelli, che propone la storia di due figure narrative estreme: da un lato, una donna che “gioca a fare la scrittrice” e, dall’altro lato, un barbone che vive di stenti, come ad enfatizzare la presenza di due mondi agli antipodi. Eppure hanno una cosa in comune: l’inerzia. Seguendo un costante scandaglio dell’animo umano, si giunge al simbolico dono di un libro, con la convinzione che l’uomo ne farà carta straccia, ma non sarà così. Chiara Giacobelli dimostra la sua bravura nel rendere pienamente percepibile la sua intenzione narrativa”.

 

 ChronicaLibri ha voluto fare qualche domanda a Chiara Giacobelli

Complimenti per il risultato ottenuto! Causa di forza maggiore, infatti, vince il prestigioso Premio Letterario Internazionale Marguerite Yourcenar (sezione Narrativa), come nasce questo racconto?
Nasce dall’incontro quasi quotidiano con il barbone descritto nel testo, di cui non so nulla, ma che sin dall’inizio mi ha molto incuriosita. Ho cercato di immaginare la sua storia, mentre ero nel bel mezzo di una brutta malattia dalla quale temevo che non sarei mai riuscita a guarire. Di fatto, mi sembrava fossimo due personaggi agli antipodi eppure assai simili nella disperazione, che con il tempo si era trasformata in inerzia. Il racconto, infatti, verte principalmente sul concetto dell’inerzia umana, lo analizza, lo scandaglia da varie angolature, prova ad andare a fondo per capire come nasce e anche fino a dove può arrivare.

Il racconto sarà pubblicato all’interno dell’Antologia ufficiale del Premio e, da vincitrice, potrai pubblicare un nuovo libro. Tante occasioni, quindi, ma secondo te qual è lo stato dei premi letterari in Italia?
A me sembra ottimo, ce ne sono tantissimi organizzati da regioni, enti e associazioni, ovviamente non tutti con la stessa importanza e non tutti in grado di mettere a disposizione premi in denaro o in pubblicazioni. Ma sappiamo bene quanto difficile sia la situazione culturale italiana in questo momento, perciò vedere un simile fervore, una così grande voglia di fare che nasce direttamente dalle persone e dal loro amore per la letteratura è secondo me molto commovente. E’ naturale che poi di tutti coloro che partecipano – e magari vincono – ai premi, solo una piccolissima percentuale riuscirà a farsi notare e magari un giorno ad arrivare a vivere di scrittura, ma ciò non toglie il valore e l’importanza di simili iniziative.

Ti abbiamo conosciuto in veste di scrittrice e giornalista, alle prese con libri di viaggio, saggi sul cinema e dedita a raccontare l’Italia, le sue ricchezze e i suoi paesaggi. Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto ultimando il mio romanzo d’esordio rappresentata dalla Walkabout Literary Agency di Fiammetta Biancatelli, Ombretta Borgia e Paolo Valentini, che hanno creduto in me e per questo ringrazio di cuore. Ho anche altri libri di varia da scrivere nei prossimi mesi e alcuni progetti giornalistici, ma per il momento il romanzo è la mia priorità. Parzialmente autobiografico, prende spunto dalle mille figuracce che ho fatto nel corso della vita per raccontare un personaggio femminile che da Giacomo Scarpelli, sceneggiatore de “Il Postino”, è stato definito “una buffa Woody Allen in gonnella finalmente non apologetica”. Un viaggio inaspettato in Italia la porterà a vivere una dolce storia d’amore ambientata nel Golfo dei Poeti (e in buona parte all’interno dei Pronto Soccorsi in cui inevitabilmente finirà, per un motivo o per l’altro).

 

Antonio L. Falbo: “Finché brucia la neve” si può entrare nel buio del dolore

finchèbrucialaneve_falbo_chronicalibriGiulia Siena
PARMA“Loro, come tutti gli altri ventidue utenti, ai miei occhi è come se non fossero più esseri umani, speciali nel loro essere affetti da una grave patologia psichica, ma insieme a me e ai colleghi, a pari livello, i nervi, le arterie, il midollo, i globuli bianchi e rossi che compongono e regolano l’organismo di una sola gigantesca creatura. E come tali, continuiamo a svolgere il nostro compito senza conoscere lo scopo”. Una comunità, la neve, il dolore intenso della sofferenza, il dolore inflitto e i problemi di ogni giorno visti e vissuti da Desy e Alex. Questi ultimi sono i protagonisti di Finché brucia la neve, il nuovo romanzo di Antonio L. Falbo pubblicato da Armando Curcio Editore.

 

Desy è una giovane educatrice della comunità che da qualche tempo, anche a causa della misteriosa morte di Max, il suo collega e compagno, vive una sorta di burn-out. Si sente persa nella sua solitudine, attraversata da quelle stesse sofferenze che vivono i suoi pazienti e caricata di quegli stessi problemi che ogni giorno cerca di alleviare. Forse la soluzione alla sua devastazione potrebbe essere il farmaco, lo stesso che viene somministrato agli utenti della comunità. Una dose, anche piccola, per alleviare la morsa di quel senso di colpa per la scomparsa di Max, per quella condanna che pende sulla sua testa per l’incapacità di avvicinarsi ai “suoi ragazzi” con la semplicità e la gioia di prima. Solo un po’ di cura, qualche pasticca, nulla più. Il nulla poi arriva, veloce come un turbinìo e doloroso come un calcio nello stomaco per farla svegliare. A svegliarla è Nikolas che la mette di fronte a una verità scomoda e dolorosa. Verità, e poi, verità per chi?

Dall’altra parte c’è Alex che lotta con tutte le sue forze per non cadere in quello stesso baratro che ha travolto, anni prima, anche sua sorella Clare. Ora lei non c’è più, ma c’è la sua voce che cerca, in ogni istante, di coinvolgere Alex in quella malattia disarmante che è la schizofrenia.

 

Desy e Alex si sfiorano per tutto il romanzo; le loro storie camminano accanto per tutte le pagine del racconto per poi avvicinarsi, incontrarsi e scontrarsi sul finire del romanzo. Falbo li delinea come due mondi paralleli estremamente diversi eppure simili: due mondi assordati dalla propria lotta personale e lacerati dalle sofferenze che incontrano. Il mondo di Desy e quello di Alex si intrecciano a causa del dolore mentre fuori nevica e il tepore invernale sembra non avere mai fine una volta arrivato. Qui, mentre la neve attutisce la rabbia e i rumori, e proteggi i protagonisti dai propri demoni, la mano dell’uomo infligge nuova sofferenza e nuovo rammarico a un equilibrio già instabile.

 

Antonio L. Falbo con Finché brucia la neve ha il merito di raccontare – come già fece nel 2010 con Bonding (Pendragon, 2010) – il dramma interiore dei personaggi e di descrivere – alle volte in modo un po’ troppo prolisso (questa l’unica pecca) – i sentimenti e il sentire con molta arguzia e precisione.

 

Vedi QUI il booktrailer di Finché brucia la neve.

“Il giorno più crudele”, il Natale raccontato da dodici grandi scrittori.

FullSizeRenderGiulia Siena
ROMA – Quello che sta per arrivare è per molti un giorno speciale, nel bene e nel male. Un giorno fatto di ricordi malinconici, sentimenti contrastanti e piccoli dispiaceri; un giorno in cui la memoria diventa nostalgica e ci riporta agli anni passati, al fasto di un tempo felice, alla compagnia, alle risate e agli abbracci; un tempo che vorremmo fermare o che ci ha fatto solamente soffrire; un tempo che comunque si lascia ricordare. Stiamo parlando del Natale, e oggi, nel giorno della vigilia vogliamo proporvi una visione diversa da quella solita fatta di luci, sorrisi, regali e abbuffate; vogliamo proporvi una lettura stridente e piacevolissima: Il giorno più crudele, il Natale raccontato da dodici grandi scrittori. Pubblicato da ISBN Edizioni, questo libro contiene i racconti di H. C. Andersen, Anton Čechov, Carlo Collodi, Guy de Maupassant, Charles Dickens, Fëdor Dostoevskij, Nikolaj Gogol’, o. Henry, Luigi Pirandello, Dylan Thomas, Lev Tolstoj, Mark Twain che, ognuno secondo la propria inclinazione, si confrontano con il tema del Natale. Nascono così – e vengono raccolti sapientemente dalla giovane casa editrice milanese – storie di epoche e terre lontane, sentimenti, emozioni e suggestioni, famiglie, scrittori e bambini, ricchi, miserabili e viandanti, malati, nascituri e moribondi; storie che trattengono, da secoli, la magia del Natale e quel gusto classico, prerogativa di una letteratura che accomuna epoche e luoghi.

 

 

“L’azzurro squarciato di Ester”: Nicola Vulcano e il suo racconto di violenza, rabbia e perdono

Natalevulcano PARMA“Come se fosse facile perdonare! Se si provasse a essere umiliati e a sentirsi schiantati dentro come un albero colpito da un fulmine, non si userebbe  facilmente la parola perdono. Contro la cattiveria serve la vendetta più atroce”. Ester vorrebbe vendetta per l’orrore subito, vorrebbe trascinarsi in un deserto e lì, finalmente, poter urlare tutto il suo dolore e il disgusto per quella sua vita rovinato. Ora “la sua vita è in bilico tra la dannazione di vivere e il desiderio di farla finita”. Comincia così L’azzurro squarciato di Ester, il libro di Natale Vulcano pubblicato da Falco Editore. Ester era un’adolescente come tante, di quelle che sognano l’amore e di diventare, un giorno, un buon medico. Ma qualcosa ha arrestato la sua corsa. In una notte di violenza tutto è cambiato. Ora con lei c’è Tamara, quasi una ulteriore condanna, ricordo  di quella notte.

Tamara che vorrebbe morire anche se non sa cosa è la morte, Tamara che batte le mani, dondola e urla. Tamara che cerca un legame con la madre che non la ama, anzi, a casa la picchia. Tamara, infatti, “è piccola, ma è il parafulmine su cui si scarica ciò che accade in casa”. Perché Tamara è figlia di quello stupro che Ester ha subito e ogni volta, nei suoi occhi in cui si specchiano gli occhi della figlia, torna il ricordo di quella violenza.

 

La violenza di Ester è la violenza che alcune donne subiscono, nel corpo e nell’anima, nel presente, nel quotidiano e nel futuro. E questa violenza viene narrata da Natale Vulcano con la semplicità e il trasporto in un romanzo di forte impatto emotivo.

#PiùLibri2014: le oltre 56 mila presenze confermano il successo di una grande edizione

PIU libri2014ROMA – Tredicesima edizione da grandi numeri: 400 editori, oltre 300 eventi per 5 giorni di esposizione, ma quest’anno #PiùLibri2014 Più Libri Più Liberi, la fiera della piccola e media editoria, è stata da record. Con oltre 56 mila presenze e incontri “sold out”, l’ormai storico evento capitolino dedicato alla piccola editoria segna un punto a vantaggio della cultura resistendo alla crisi e partendo dai giovani e dall’incontro fra autori, editori e lettori.

 

“L’Italia che vuole partire alla riscossa con passione e onestà si è riunita qui a Più libri – ha dichiarato Fabio Del Giudice, direttore della Fiera – che quest’anno ha sfidato la crisi offrendo un giorno in più e un programma ancora più ricco e sperimentale. Oltre un decennio di successi si può spiegare solo con l’entusiasmo, la professionalità e lo spirito di progettualità che animano gli editori indipendenti, autentico motore per il futuro”. E conclude con un messaggio di costruttivo ottimismo: “I libri e la cultura, il coraggio di innovare, sono la migliore risposta al disagio sociale ed economico che stiamo vivendo e alle recenti notizie di malaffare e corruzione: ripartiamo da qui per rilanciare la cultura italiana e l’immagine del nostro Paese”.
Noi di ChronicaLibri, insieme alle telecamere di ITvRome, abbiamo girato tra gli stand seguendo i temi proposti dalla Fiera e lasciandoci guidare dal bellissimo slogan di quest’anno: è tempo di leggere! Abbiamo chiesto a editori e scrittori le proprie novità e i progetti, oltre che il significato della frase è tempo di leggere. Un tempo, quello per leggere, che il pubblico di #PiùLibri2014 ha trovato. Nei giorni della manifestazione, infatti, i lettori – quest’anno particolarmente attenti – che qui costruiscono e consolidano un rapporto con gli editori che prosegue per tutto l’anno sono diventati protagonisti. Antonio Monaco, Presidente del Gruppo dei piccoli editori dell’AIE e direttore delle edizioni Sonda ha parlato di “lettori interessati che vogliono dialogare con gli editori e sono informati sulle tematiche editoriali di attualità”. 
Libro dell’anno, secondo gli ascoltatori di Fahrenheit, la trasmissione di Radio3 Rai,  è stato proclamato Dimentica il mio nome di Zerocalcare (Bao Publishing).

 

Ecco qui le nostre chiacchierate tra gli stand. Tre video, di cui uno tutto dedicato all’editoria per ragazzi, che racchiudono la nostra tredicesima edizione di Più Libri Più Liberi 2014.

Silvia Pingitore, “Il disordine delle cose” per le generazioni senza santi in paradiso

il disordine delle cose_pingitore_chronicalibriGiulia Siena
PARMA
– Lucia non aveva mai pensato al suo futuro. Lucia si accontentava di vivere giorno per giorno senza domande e senza richieste tra l’ordine della sua scrivania e le quattro mura di un seminterrato nel centro di Roma con sua madre e suo padre. Lei, come molti, non aveva “santi in paradiso” ma, come pochi, non voleva diventare un’artista, una celebrità, un’attrice, nonostante il suo nome, Lucia Fellini, potesse suggerire – ai suoi coetanei – quel tipo di carriera. Lucia non aveva pretese ma, quando all’ultimo anno di liceo venne presentata l’Università La Speranza, capì che la sua strada era imparare a comunicare! Così, fuori dal tempo, dalle mode e dalla realtà Lucia scelse la sua strada. Lucia, nata dalla geniale penna di Silvia Pingitore, però, rimaneva ai margini di quella vita troppo diversa da lei, fatta di arrivisti, segreti e invidie. Dal suo mondo ordinato e quasi intatto, fermo a decenni che non le appartenevano, nel mondo di Lucia entrò il disordine, Il disordine delle cose.

Pubblicato da La Lepre Edizione, il romanzo di Silvia Pingitore dopo averci presentato la protagonista e il suo mondo ci porta in viaggio: dal crollo dell’Università La Speranza alla Finlandia. Sì, la Finlandia, perché Lucia aveva fatto entrare poche cose nuove nella sua solita vita, tra queste c’era il poema epico Kalavala, il libro “sacro” finlandese incentrato sull’amore per la natura. Come una sorta di ossessione questo libro era uscito dalle aule universitarie ed era entrato nella sua quotidianità, era simbolo, segno e sogno di una speranza che in Lucia si stava destando. Allora per gioco e all’improvviso Lucia partì verso questo nuovo mondo senza sapere per quanto tempo e per quale obiettivo sarebbe stata lontana dalla sua solita vita. Il viaggio alla ricerca di santi in paradiso ha inizio.

 

Silvia Pingitore con ironia e disillusione crea un particolarissimo ritratto di giovani dalle belle speranze. Quello che ne esce è una generazione tradita, insicura, talentuosa, rabbiosa e ormai quasi indifferente. Giovani donne e uomini che partono alla ricerca di qualcosa che nella loro terra gli viene negato. Ma cosa? La possibilità di sperare, ancora?

 

 

“E voi che la guerra l’avevate vista solo in televisione, voi ancora non lo sapevate che di guerra ce ne sarebbe stata un’altra, e che vi avrebbe tolto non il pane ma la dignità. 
Era la guerra fra poveri, era per voi tutti.
Tutti quelli senza i santi in paradiso. 
Proprio come Lucia, che aspettava quell’uomo seduta su una panchina”.

“A Sud di Lampedusa” prende vita grazie a una mostra di Eloisa Guidarelli

a sud di lampedusaPARMAA Sud di Lampedusa (minimum fax) di Stefano Liberti non è solo un libro: dopo il successo di pubblico è diventato un documentario di Andrea Segre con la sceneggiatura nata dalla collaborazione proprio con l’autore e Ferruccio Pastore. Ora, A Sud di Lampedusa prende vita, forme e colori diversi e diventa una vera e propria galleria di immagini create da Eloisa Guidarelli, in mostra alla Libreria Diari di Bordo di Parma fino al 16 novembre. Si comincia oggi, 16 ottobre ore 18 con una reading in libreria davanti alle bellissime immagini create dalla Guidarelli nell’ultimo anno.

 

Stefano Liberti – vincitore con questo libro del Premio Indro Montanelli – è uno dei pochi giornalisti italiani che seguono gli aspetti meno conosciuti dei movimenti migratori dell’Africa verso l’Europa: senza fidarsi dei luoghi comuni o dei proclami ufficiali, ha scelto di esplorare la «geografia del transito» tra il Sahel e il Maghreb, risalendo alla sorgente di un flusso umano di cui spesso vediamo solo la foce. Ha incontrato migranti che preferiscono chiamarsi avventurieri, politici africani sudditi dei diktat europei, gruppi di clandestini bloccati in mezzo al deserto e piccole città sorte dal nulla, e ci restituisce il quadro vivo e sfaccettato di un fenomeno che l’appiattimento mediatico riduce e generalizza, ingestibile «emergenza».

“Nati sotto il segno del cavolo”, tutto quello che le mamme perfette non ti dicono

natisottoilsegnodelcavolo_anteprima_chronicalibriGiulia Siena
PARMA 
– Con gli anni sono diventata scettica. Cominciai a scrivere di libri perché volevo rimanesse qualcosa di quello che leggevo; volevo che lo spiccato spirito di osservazione che mi tiene in ostaggio servisse agli altri nel districarsi nella contorta logica delle librerie generaliste. Così, cominciai a parlare di libri e a diventare, con il tempo, sempre più scettica. Ora, appena prendo un libro in mano, sono scettica… in senso buono! Lo scetticismo mi ha portato ad un’analisi ancora più profonda (si cade quasi nella paranoia da lettore consapevole) su ciò che vado a leggere. Voglio che quel libro mi tolga ogni titubanza: mi coinvolga, sia attinente con ciò che promette, si faccia ricordare! Per farlo, ogni volta, mi chiedo dove si voglia arrivare e poi, alla fine del libro, tirare le somme: era quello che volevano (editore-editor-autore)?

 

Vi ho detto, lo faccio con ogni libro, ogni giorno. L’ho fatto anche con Nati sotto il segno del cavolo e, nonostante Irene Vella sia una garanzia di scrittura spassosa e coinvolgente, questa nuova, nuovissima esperienza letteraria – infatti sarà in libreria da martedì 14 ottobre – poteva essere rischiosa. Il libro, scritto a quattro mani con Roberta Giovinazzo (insieme nella foto a lato) – sorprendente per freschezza narrativa e ironia – e IReneVella RobertaGiovinazzopubblicato da Novecento Editore, correva il rischio di lasciarsi fraintendere. La storia è scritta da due differenti punti di vista, quello di Irene e di Roberta, che poi sarebbero quattro, ci sono anche loro, i piccoli protagonisti, Gnomo (figlio di Irene) e Biscotto (figlio di Roberta). Queste due mamme, per loro definizione, sono “mamme che si sentono sbagliate”. Sì, proprio così, perché mentre le mamme perfette sono sempre puntuali, ben pettinate con tailleur o le ballerine o il cardigan di cachemire, le nostre due mamme sono “normali”, ovvero in perenne ritardo, stanche, giramondo e un po’ spettinate. Con loro, in questa avventura, i loro figli, piccoli ometti cinici e diretti. Nati sotto il segno del cavolo, infatti, vuole sfatare quel mito che vuole tutti i bambini buoni, educati e gentili, ci sono infatti veri e propri “bimbi-merda”, quelli che non si vergognano di dire la loro, quelli che, nonostante figli di “mamme-merda”, riescono a mettere quest’ultime in grande imbarazzo. Da zero a dieci anni (più o meno) la vita di Gnomo e Biscotto viene raccontata dalle loro madri attraverso episodi quotidiani di divertimento, gioia, difficoltà e amore. La penna ironica, narrativa, descrittiva e generosa di Irene Vella – quella della Giovinazzo non è da meno! – è un vero e proprio regalo per il lettore che varca la porta di casa ed entra in questo caotico e bellissimo mondo.

 

La mission, per le due autrici, era difficile: giocare poteva portare a calcare un po’ la mano e risultare l’opposto di perfettine, risultare stronze senza amore. Ma il risultato è stato amore puro, amore senza regole, amore smisurato nonostante le difficoltà della vita, la diversità di approccio, di età, di bisogni, di famiglia. E, per tornare all’inizio, hanno fatto dileguare ogni mia titubanza.

 

Il libro, con le prefazioni di Cristina Parodi e Rita dalla Chiesa, si chiude con i racconti di cinque genitori alle prese con figlio più o meno “bimbi-merda”.