"La confraternita del lupo", il primo libro di Daniele Lombardi è fuori dalle solite ambientazioni

Marco Di Luzio
ROMA “< I Sanniti erano, per alcuni versi, un popolo abbastanza evoluto, ma conservavano anche delle usanze molto primitive > spiegò lei. < Alcuni studiosi affermano, ad esempio, che i giovani destinati alla Legio Linteata venissero uccisi, se si rifiutavano di entrare a farne parte o che molti dei riti pagani compiuti per ingraziarsi gli dei prevedessero sacrifici animali e, forse, anche umani. Una delle leggende più affascinanti, però, prediceva l’avvento dell’Ercole sannita, il guerriero perfetto che avrebbe condotto la tribù alla vittoria sui nemici. > < Interessante > commentò Davide < ma cosa centra la mitologia sannita con ciò che è successo a Giulia? > < Prestami attenzione ancora per un po’, ti prego, caro Davide > rispose lei, sibillina < e tutto ti sarà più chiaro >. ” Per raccontare la “Confraternita del Lupo”, romanzo primo di Daniele Lombardi edito da Volturnia Edizioni,  prendiamo in prestito la tecnica del giornalismo detta delle “5 W”. Dove “w” sta per le particelle interrogative inglesi Who, What, When, Where, Why.  
Chi? Non c’è un personaggio principale nel libro, ci sono vari interpreti che si muovo all’interno della storia. Possiamo citarne qualcuno: Carmine Di Ianni, il morto ammazzato (ma tranquilli non muore alla fine del libro, è un fatto che accade all’inizio), Giorgio Vincenti, il giornalista in cerca di gloria e Massimo Guidi il maresciallo in cerca di risposte. Cosa? Bhé, in parte lo abbiamo detto, c’è un omicidio e questo ci dice che siamo di fronte ad un thriller di quelli intricati, senza punti di riferimento, con continui cambi di prospettiva. Quando? E qui viene il bello, perché la storia è ambientata ai nostri giorni ma nel bel mezzo del romanzo ci si ritrova proiettati nel medioevo. Stessi posti e stessa lingua, solo che secoli addietro. Dove? Siamo in Molise, nel Molise al confine tra l’Abruzzo ed il Lazio, con paesi piccoli e a misura d’uomo, dove Castel di Sangro sembra la Capitale e Cassino addirittura New York. Perché? Il perché è chiaro, la storia, e con sé il libro, nascono dal sogno di Daniele Lombardi di raccontare la sua terra, la sua storia, di sfidare il gusto dei lettori proponendo qualcosa di diverso. 

Sarebbe troppo facile suscitare appeal ambientando una storia nell’affascinante New Orleans o nell’inesplorato Alaska e dare ai personaggi nomi americani come Alan o John. No, qui siamo al cospetto di San Pietro Avellana, paese di poco più di 500 anime a due ore e mezza da Roma. Qui i buoni si chiamano Davide, Massimo, Giorgio, Luca e il cattivo più cattivo di tutti: Matteo. Qui siamo in un mondo che in pochi conoscono ma che Lombardi ha la bravura di farci apprezzare, luoghi dove la vita scorre a contatto con la natura più profonda (non c’è bisogno di fuggire in Alaska per trovarla) e dove la storia con la “s” maiuscola l’hanno scritta i Sanniti, antico e fiero popolo Italico e preromano, che fanno da cornice alle vicende del racconto. Il libro piace: se siete avidi lettori lo finirete in un pomeriggio, se amate gustarvi quello che avete per mani sarete accontentati lo stesso, ad ogni colpo di scena potrete fermarvi, chiudere il libro e immaginare cosa succederà. Ad ogni modo resterete soddisfatti, promesso.