Agnese Cerroni
Roma – Irrompe nelle librerie con un vigoroso je accuse Massimo Siviero, giornalista e sociologo, firma d’eccellenza de Il Mattino di Napoli e de Il Messaggero. Tuona attraverso le pagine dell’ultimo libro e le sue parole pesano come macigni. “Mater Munnezza” (edizione CentoAutori) è giallo in superficie e storia in nuce, romanzo che ha in sè le prerogative di un’inchiesta e scava puntigliosamente nelle torbide acque della cronaca nazionale. Attraverso l’incedere accattivante del thriller, forma narrativa che con freschezza maschera e trascende la realtà nella finzione, l’autore mette in scena le crude degenerazioni – assolutamente autentiche – della storia dei nostri giorni, con particolare riferimento, come il titolo stesso suggerisce, alla questione dello smaltimento dei rifiuti. Partendo dall’assunto che la munnezza non è che la punta dell’iceberg, il sintomo della malattia.
Il protagonista Gabriele Abruzzese (abruzzese di nome e di fatto) la definisce “borghesia camorrara“. E’ la classe napoletana dei “colletti sporchi, anzi sporchissimi”, che sguazza nella sottocultura del malaffare e che è responsabile del disinteresse della cosiddetta società civile per la storica emergenza (accoppiata ossimorica) rifiuti in Campania, che da vent’anni, con alterne vicende, attanaglia la metropoli e la sua periferia. Sono loro l’autentico cancro da asportare. Loro che hanno spesso voltato la faccia altrove quando si trattava di denunciare. Loro che talvolta hanno preso parte al business.
Sullo sfondo c’è il ritorno di Abruzzese, già conosciuto dai lettori di Siviero: un non napoletano tra i napoletani affinchè il reale venga ben delineato, la critica resa oggettiva e i problemi affrontati con distacco e senso di pietà. Il commissario dovrà riavvolgere il bandolo della matassa, in una complessa storia che coinvolge un delitto atipico contraddistinto da inquietanti ritualità, ostacoli istituzionali e crimini internazionali. Sullo sfondo la città di Napoli, cupa, pericolosa, bellissima.