Fossa delle Marianne, gli abissi del mare nel libro di Jasmin Schreiber

Dopo il successo riscosso in Germania, arriva in Italia il romanzo che è già un film

Le Edizioni Alphabeta Verlag portano in Italia Fossa delle Marianne, il romanzo della biologa marina tedesca Jasmin Schreiber tradotto da Giovanna Ianeselli. Dopo aver conquistato il pubblico tedesco ed è essere stato inserito nell’elenco bestseller della rivista “Der Spiegel”, Fossa delle Marianne è diventato un film per la regia di Eileen Byrne, di prossima uscita anche nelle sale italiane.

11mila metri. Questa è la misura dell’abisso rappresentato dalla Fossa delle Marianne (MARIANENGRABEN in lingua originale), la più vasta depressione oceanica, così profonda che “se ci buttassero dentro l’Everest, ci affonderebbe senza lasciare traccia”, si legge nelle prime pagine del libro.

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Cagliari: XV edizione del Marina Cafè Noir, il festival delle letterature applicate

CAGLIARI – Quindici anni di Marina Cafè Noir, il primo e più longevo Festival letterario della Sardegna. Quindici anni di storie resistenti, quindici anni di utopie dal respiro libertario, quindici anni di letterature applicate.
Il Festival Marina Cafè Noir, organizzato dall’associazione culturale Chourmo, torna a Cagliari da venerdì 1 a domenica 3 settembre dopo una lunga serie di appuntamenti declinati in tutto l’anno tra Cagliari, Torino, Milano e Toulouse. Tre giornate dense di appuntamenti con scrittori, musicisti, storici, giornalisti, attori, antropologi, sociologi e urbanisti che animeranno il Giardino sotto le Mura e il Terrapieno, sotto le mura di Castello, sul versante dei campi sportivi. Tre giorni a contatto con la grande letteratura internazionale: autori francesi, spagnoli, americani, cubani, iraniani per la prima volta in Sardegna a raccontare le loro storie. Storie nere, spesso, come nero è il filo conduttore di questo quindicesimo anno, un ritorno alle origini del Marina Cafè Noir. Continua

Le Rane Interlinea: Anna Vivarelli racconta “I gamberetti dispettosi” a spasso nel mare

PARMA – Nei mari, tra le onde, si aggirano I gamberetti dispettosi descritti da Anna Vivarelli e illustrati da Andrea Astuto. I gamberetti sono vivaci, amichevoli e giocherelloni; adorano prendere in giro gli altri pesci e passano il tempo a tramare tranelli: inventano l’arrivo di squali, pescatori e nemici. Il guaio è che questi gamberetti sono davvero tanti e tutti hanno lo stesso carattere e lo stesso umorismo: ridono, ridono, ridono e prendono e scherzano a spese degli altri abitanti del mare. Quando un pescatore arriva e porta via un po’ di gamberetti nessuno si accorge del cambiamento; quando, dopo qualche giorno, i pescatori saranno tanti ci saranno molti meno gamberetti. A quelli rimasti la voglia di scherzare sarà passata poiché avranno da pensare a come sfuggire dalle reti degli umani. Continua

“Guida Blu 2013”, tutto il mare che cerchi

Guida-Blu-20131ROMA – Quindici splendidi territori che coniugano con successo buon turismo e qualità ambientale. Sono le località balneari italiane di Sardegna, Puglia, Toscana, Sicilia, Basilicata, Campania e Liguria, che conquistano le 5 vele della “Guida Blu 2013” di Legambiente e Touring Club, per aver saputo puntare sull’ecoturismo. Il merito è quello di riuscire ad offrire vacanze da sogno e di qualità, grazie alla gestione sostenibile di un territorio d’eccellenza, alla salvaguardia del paesaggio, ai servizi offerti nel pieno rispetto dell’ambiente e all’enogastronomia di alto livello. Quest’anno a guidare la classifica delle località balneari premiate con le 5 vele è Posada (Nu), la cittadina sarda è la regina dell’estate 2013, seguita da Santa Marina Salina (Me) e Pollica (Sa) rispettivamente al secondo e terzo posto. Tra le new entry del 2013 Vernazza (Sp) al 12esimo posto, Otranto (Le) 13esima e Nardò (Le) che chiude la classifica delle migliori località. La Sardegna anche quest’anno si conferma la regione con il maggior numero di località a 4 e 5 vele (ben 18), seguita dalla Puglia (11) e dalla Toscana (9). Si confermano al top anche la Sicilia, la Liguria e la Campania che piazzano tra le prime 15 ben 4 località: San Vito Lo Capo (Tp) e Santa Maria Salina (Me), Vernazza (Sp) e Pollica (Sa). Bene anche la Basilicata con Maratea (Pz). Le località premiate si dimostrano essere esempi modello nel settore dell’ecoturismo in grado di far conoscere la forza e la bellezza dei territori italiani riuscendo a rilanciare l’economia locale.

 

“La Guida Blu – afferma Franco Iseppi, Presidente del Touring Club Italiano – è il risultato di una felice e longeva collaborazione con Legambiente. Lavorare insieme per fini e obiettivi comuni è, senza dubbio, il miglior modo per diffondere i valori condivisi e il prodotto che presentiamo oggi testimonia il desiderio di promuovere un turismo balneare sostenibile che tuteli il nostro paesaggio e le nostre coste. La Guida Blu, come ogni anno, non si limita a valutare le caratteristiche naturali ed ambientali delle spiagge italiane, ma vuole anche premiare quelle località che offrono un’accoglienza eccellente, combinando le bellezze del paesaggio con un’ottima gestione, la giusta accessibilità e i servizi accessori”.

La Guida Blu accontenta anche gli amanti dell’acqua dolce con la sezione dedicata alle località di lago e una classifica delle migliori località lacustri. Delle 75 località segnalate, sei hanno meritato le 5 vele. Capolista in questo caso è Tuoro sul Trasimeno (PG), sull’omonimo lago, che è riuscita negli anni a conciliare importanti flussi turistici con la tutela del paesaggio e di ambienti di grande valore naturalistico. In questo contesto ben si inserisce la scelta di favorire quelle pratiche sportive all’aria aperta che sono compatibili con l’ambiente e sono diventate occasioni di rinaturalizzazione di luoghi restituiti alla fruizione di abitanti e turisti. Secondo posto in classifica per Appiano sulla Strada del Vino (BZ) sul Lago di Monticolo, seguito da Fiè allo Sciliar (BZ) sul Lago di Fiè nell’Alto Adige, Massa Marittima (GR) sul Lago dell’Accesa, Molveno (TN) sull’omonimo Lago in Trentino e Bellagio (CO) sul lago di Como.

“Lampedusa”: un’iniziazione alla bellezza.

LampedusaGiulio Gasperini
AOSTA – Troppo spesso, negli ultimi anni, ricordata nelle cronache per essere il primo suolo d’Europa dove migranti approdano rischiando il mare e aggrappandosi al sogno di una libertà e di un benessere altrove negati. Il suo mare è spesso accostato a un cimitero, a una tomba impietosa che inganna e non restituisce. Ma Lampedusa è ben altro rispetto a questa immagine dei nostri Anni Dieci: Rafael Argullol, nel suo romanzo breve “Lampedusa. Una storia mediterranea”, edito in Italia nel 2012 da Lantana Editore, ci restituisce una visione ben diversa dell’isola, in un tempo più lontano ma non troppo remoto.
Argullol fu sull’isola nel 1975, quando non era che un “frammento di deserto in mezzo al mare”. Sulla nave che lo stava portando, conobbe Leonardo Carracci il quale donò allo scrittore una storia straordinaria, quella della sua vita e del suo legame con Lampedusa. Sicché il romanzo registra una virata decisiva: attraverso un cambio di narratore (e di punto di vista) è il Carracci stesso a farsi narratore, a svelarci i motivi per cui la sua storia è così indelebilmente allacciata con l’esistenza (e l’essenza) dell’isola. Il Carracci ci riporta indietro nel tempo, alla fine degli anni ’30, quando “l’indigenza degli abitanti dell’isola era totale. Non avevano elettricità e la pochissima acqua, sempre salmastra, doveva essere estratta con fatica da pozzi molto profondi”; ma quando lo spirito degli abitanti era forte e fiero, temprato da un rapporto diretto con la natura: il confronto poteva anche essere aspro e rischioso ma sempre rispettoso e corretto.
“Lampedusa” è un romanzo sulla bellezza allo stato primigenio, quasi “selvaggia”: su quello spirito, quel richiamo ancestrale e arcaico che ci appartiene e ci connota nell’intimo. Quel brivido che ci coglie ogni volta che assistiamo alle più diverse manifestazioni della bellezza: da uno scorcio naturale alla scoperta di una passione al superamento di un limite. È questa la bellezza che connota tutte le altre, anche quelle più posate e all’apparenza tranquille, che giacciono nei musei, che si impolverano alle pareti, che si consumano alla furia degli elementi. La bellezza è un mare scintillante, un vento potente, un tramonto infuocato: è il richiamo di una vita pura, cristallina, che in alcuni luoghi della terra riesce a distinguersi dal ritmo soffocante e alienante delle scadenze, dei compiti, degli appuntamenti.
Qua, a Lampedusa, nel romanzo di Argullol, la terra si calpesta con la pianta dei piedi nudi, il mare diventa non più una tomba ma una culla che mette alla prova ma che tanto anche regala, l’aria diventa balsamo rinfrescante, le rocce non sono deserto ma fondamenta sicure sulle quali contare, l’orizzonte non è una gabbia ma si converte in opportunità, si scontorna nell’attesa di qualche fatidico evento che arriva, ci prende e ci cambia per sempre la vita.

“Il mare della Liguria”

ROMA “Per i liguri il mare è sempre stato la principale via di comunicazione, superando le difficoltà imposte dalle asperità del terreno, nonché fonte di nutrimento e di sostentamento, occasione per le principali attività economiche ed elemento culturale di fondamentale importanza.”
Quando arriva il sole e l’estate è alle porte, un libro sul mare è quello che fa per noi. “Il mare della Liguria” delle edizioni Gribaudo racconta con immagini e parole una regione dalle struggenti bellezze naturalistiche. La flora e la fauna sottomarina della Liguria raccontata attraverso splendide immagini che rievocano un suggestivo paradiso sommerso. Un’affascinante viaggio alla scoperta dei tesori nascosti custoditi nel mare di Liguria, dal Cristo degli Abissi ai relitti storici del golfo del Tigullio.

"Il Vino e il Mare. Guida alla vite difficile delle piccole isole"

ROMA – E’ stato presentato qualche giorno fa, presso la Libreria l’Argonauta di Roma, il libro di Andrea Gabbrielli “ Il Vino e il Mare- Guida alla vite difficile delle piccole isole” pubblicato dalle Edizioni Iacobelli. Alla conferenza stampa sono intervenuti Riccardo Cotarella, uno dei più affermati enologi italiani e docente dell’Università della Tuscia, Andrea D’Ambra di D’Ambra Vini d’Ischia 1888, una delle più antiche cantine delle isole minori italiane, Marco Sabellico giornalista del Gambero Rosso e Marcello Fioretti, presidente del Consorzio di tutela dei vini dell’Elba Luigi Veronelli li chiamava “angeli matti” perché rincorrevano – e rincorrono tuttora – un sogno combattendo contro ogni genere di avversità geografica e climatica. Di loro parla Andrea Gabbrielli nel suo libro, passando in rassegna le piccole isole di Toscana, Lazio, Sardegna, Campania, Sicilia e Veneto. Al centro della pubblicazione i vignaioli di Pantelleria, Vulcano, Salina, Ischia, Giglio, Capraia, Sant’Antioco, Sant’Erasmo nella Laguna Veneta e tanti altri ancora che oltre a produrre vini unici per intensità ed aromi, con il loro lavoro svolgono un ruolo fondamentale per la manutenzione del paesaggio insulare continuando una tradizione produttiva millenaria.

Il libro vuole essere anche un racconto del nostro grande patrimonio storico e naturalistico descritto attraverso i vini e le cantine, insomma un libro guida che fa venire voglia di sole e vacanze, di contatto con la natura vera e le sue sfide, di esperienze lontane dalle grandi rotte e dal consumismo, un libro tutto da gustare dedicato ad un pubblico “slow” che unisce al culto del buon bere e del buon mangiare il piacere della scoperta.

“La vera agricoltura sostenibile, oggi tanto di moda, è l’unica presente (nelle piccole isole) a tal punto che la produzione è talmente integrata con la manutenzione del territorio da identificarsi con la natura dei luoghi stessi” scrive il prof . Attilio Scienza nell’introduzione al libro dove Andrea Gabbrielli racconta di territori in prevalenza di origine vulcanica legati da problematiche simili e, spesso, anche dalle stesse difficoltà: mancato rinnovo degli impianti vitati, scarsa remuneratività della sola produzione delle uve, mancato ricambio generazionale.
Sino a qualche anno fa, la vitivinicoltura insulare stava scomparendo, ora piccoli tentativi affiancati da importanti investimenti stanno segnando una nuova fase della sua storia e rappresentano una limitata seppur significativa inversione di tendenza. In più, oggi, è anche in crescita la nicchia dei consumatori disposta a spendere per vini dotati di personalità e di carattere come quelli insulari.
Se, quindi, l’analisi delle isole come zone vinicole di grande pregio, di alto valore storico,
ambientale, paesaggistico, sociale e turistico, e al contempo con particolari e delicate morfologie territoriali è valida, è necessario che queste colture, definite “eroiche”, vengano incentivate e sostenute dalle istituzioni al fine di garantire una adeguata tutela e alla possibilità di impulso per le aziende.

Un libro quindi che evidenzia l’attualità di questa produzione vitivinicola e al tempo stesso vuole essere un omaggio agli “angeli matti”, che ogni giorno continuano a coltivare la vite e a produrre vino per la gioia, il piacere e il godimento di tutti.

“Il vino e il mare – Guida alla vite difficile delle piccole isole”
di Andrea Gabbrielli
Iacobelli Editore -Pagine 192 -Prezzo euro 15,00.
Dove acquistarlo: sul sito della casa editrice www.iacobellisrl.com, nelle edicole e nelle librerie
delle piccole isole.

"Il libro della vera cucina marinara"

ROMA – Con l’arrivo dell’estate ChronicaLibri vi consiglia “Il libro della vera cucina marinara” di Paolo Petroni pubblicato da Giunti. Il volume è un ricettario d’autore, che si rivolge ad un pubblico attento e sinceramente appassionato di cucina. Le ricette, descritte in modo semplice ed efficace, sono originali dei pescatori e garantite dalla serietà di Petroni. Inoltre vengono riportate oltre 100 specie di pesci, molluschi e crostacei cucinati secondo le tradizioni regionali e vengono dati indicazioni e suggerimenti su come riconoscere i pesci e ”non farsi imbrogliare”

“Aria Profonda”…quando l’inesplorato è il sommerso

Silvia Notarangelo
Roma – “Quel blu intenso mi incuteva una sorta di timore reverenziale e un’attrazione irresistibile allo stesso tempo”. Sono queste sensazioni, altalenanti e spesso contrastanti, a caratterizzare le immersioni che il giornalista, Fabio Perozzi, ricorda nella sua opera d’esordio.“Aria Profonda”, edita da Magenes, è la storia di due passioni che si integrano e si alimentano reciprocamente: l’emozione che suscita l’inabissarsi nella profondità del mare unita al desiderio di catturare quei momenti irripetibili. La subacquea e la fotografia sono le due “patologie” di cui è affetto l’autore, l’una sostiene l’altra, ne dà una concreta testimonianza, ne garantisce quella lucidità che, in condizioni tanto precarie, potrebbe facilmente venire meno.
Perozzi racconta il proprio percorso di sub fin dal primo importante traguardo, il rimorchiatore del Miseno, a largo delle coste di Ischia, adagiato su un fondale a -73 m.
Una meta raggiunta inaspettatamente, una domenica di fine luglio. Un relitto su cui, di lì a poco, avrà modo di tornare per documentare, con la sua immancabile attrezzatura fotografica, le esilaranti e spregiudicate gesta dei suoi compagni d’avventura. Sono proprio loro ad accompagnare ogni immersione, con aneddoti, chiacchiere, risate, e, talvolta, inconfessati incidenti di percorso. Emerge, così, prepotentemente, quanto la condivisione di esperienze tanto estreme riesca ad instaurare una complicità e un’affinità particolari, legate proprio all’aver partecipato, insieme, a “giochi pericolosi e avvincenti”.
Anche nel gruppo del Biological Hazard, in cui l’autore entra a far parte in qualità di fotografo ufficiale, l’intesa sembra non mancare. Tutti lavorano per uno stesso obiettivo, realizzare il primato mondiale di profondità nelle insidiose e torbide acque del lago d’Iseo. Nonostante alcune difficoltà, la spedizione si conclude con successo ma qualcosa inizia a scricchiolare. Purtroppo, come spesso accade, l’idillio finisce: un nuovo record, previsto ad Ustica, non sarà conseguito, spezzando definitivamente l’incantesimo.
Le incomprensioni e i dissidi che, nel tempo, si sono verificati, non hanno, tuttavia, intaccato né i legami più forti né i tanti ricordi di Perozzi che, ancora oggi, continua a considerare i suoi vissuti da subacqueo come “esperienze uniche, molte delle quali irripetibili”.

Solcate l’avventura tra le pagine straordinarie di "Moby Dick"

Stefano Billi

Roma – La terraferma per l’uomo è essenziale, quasi quanto l’aria: tuttavia, anche l’acqua è un elemento indispensabile per l’essere umano, così come è indispensabile leggere, rileggere e leggere ancora “Moby Dick”, il più bel romanzo di Herman Melville.
Di sicuro, questo è uno dei libri più affascinanti che l’umanità abbia mai conosciuto; la sua bellezza si dipana anche attraverso la preziosa, attenta e poetica traduzione del testo realizzata da Cesare Pavese e pubblicata da Adelphi nel 1941.
Tra le pagine di quest’opera non si scandagliano solo le acque più profonde degli oceani, ma anche le emozioni più recondite dell’animo umano; ecco, nella navigazione ardua della vita serve proprio una “carta” per orientarsi tra tutte quelle sensazioni che scuotono l’Io di ogni individuo e così “Moby Dick” rappresenta – in maniera sublime – una stella polare per quel lettore intento a scoprire (come canta un eccentrico artista italiano) “come è profondo il mare”.
Ciò che tuttavia rende questo romanzo una pietra miliare della letteratura mondiale è la mirabile caratterizzazione dei personaggi.
Ad esempio, “Peep”, descritto come un pazzo tra i pazzi, si rivela piuttosto in talune occasioni un profeta tra gli stolti, perché quel suo distacco dalla realtà gli rende forse più nitida, rispetto agli altri, la trama oscura e terribile del destino che attende i marinai del Pecoq (ovvero il vascello adibito alla caccia della balena).
Poi c’è “Acab”, il capitano maledetto di questa storia, che cerca di riprendersi un orgoglio inghiottito da un cetaceo quasi sovrannaturale dotato di un perfido raziocinio che lo porterebbe, a detta dello stesso capitano, a pianificare meticolosamente gli attacchi all’equipaggio, quasi si trattasse di un’entità demoniaca.
Infine, tra tutte le figure generate dal genio di Melville, c’è Ismaele: avventuriero al contempo in cerca e in fuga da se stesso, imbarcato in un bastimento che, ahimè, è guidato da uno scellerato ed iracondo capitano la cui unica ragione di vita è la sete di vendetta, non solo verso la balena, ma anche nei confronti della natura.
In sottofondo all’opera, l’autore lascia lo spazio necessario a interessanti descrizioni sull’ambiente marinaresco dell’epoca o sui luoghi solcati dal Pecoq, ma soprattutto egli intesse profonde e sensibili considerazioni sulla condizione umana di fronte alla sconfitta, al dolore e alla perdita.
Tutto questo è poi certamente impreziosito dall’aura mistica di cui sono pervase le pagine, quasi non si stesse leggendo un romanzo d’avventura bensì un trattato religioso.
Naufragate nel dolce mare di questa lettura: sentirete soffiare un’indimenticabile brezza di passione tra le pieghe dell’anima.