“C’era una mamma, c’era un papà”, la filastrocca moderna sull’adozione

C'era una mamma c'era un papà_recensione_chronicalibriGiulia Siena
ROMA
“C’era una mamma e c’era un papà. 
Una mamma e un papà che avevano tutto ciò che si potesse desiderare: le stelle alla finestra, le coccinelle sull’albero di mele, una bottiglia di latte nel frigorifero. 
Ma non avevano nessun bambino nel portaombrelli…”
Eppure questa mamma e questo papà avrebbero tanto amore da dare, ma forse sono brutti – si chiede la mamma – oppure noiosi – risponde il papà. Loro non sono né brutti né noiosi, solamente non hanno saputo pescare. Pescare non i pesci, ma i bambini. Attraverso dei fili di lana colorata legati ai polsi la mamma e papà pescheranno i loro bambini, raggiungendo con i fili tanti bambini del pianeta, saranno questi ultimi, poi, a scegliere se raggiungere l’altra parte ed essere accolti da una mamma e da un papà con stelle alla finestra, coccinelle sull’albero di mele e una bottiglia di latte nel frigorifero.
“C’era una mamma, c’era un papà” è il racconto dolce e profondo di Emanuela Nava – accompagnato dalle illustrazioni di Ursula Bucher – pubblicato da Piemme nella collana Il Battello a Vapore. Questa storia è una filastrocca moderna sull’adozione, raccontata come una “pesca miracolosa” che parte dalla necessità di dare e ricevere amore ed evolve poi plasmando una nuova e vera famiglia. Il racconto – adatto a bambini dai 3 anni – è leggero ma allo stesso tempo intenso; in appendice, poi, una presentazione del CIAI – Centro Italiano Aiuti all’Infanzia.

 

Tante novità per i piccoli lettori

novita_libriROMA – Siamo al periodo più ricco dell’anno per quanto riguarda le uscite di libri e di pubblicazioni per bambini. Per questo motivo oggi la rubrica Leggendo Crescendo di ChronicaLibri vi propone una mini carrellata tra le ultime novità dedicate ai più piccoli.

 

Emme Edizioni presenta tante e diverse novità in catalogo, tra queste c’è “Angelina Diavoletto” di Nicoletta Costa. Pubblicato nella collana Prime letture, il libro ha come protagonista è Angelina, una bambina che di angelico ha solo il nome, in realtà è un vero diavoletto… A scuola non sta mai ferma, fa impazzire la maestra. In giardino si scatena e si sbuccia sempre le ginocchia. Meno male che ci sono le lunghe vacanze estive! Presto arriva settembre e Angelina si deve preparare a iniziare un nuovo anno si scuola: pettinarsi, stare seduta, ascoltare in silenzio… che noia! Eppure quando rientra in classe e rivede i suoi compagni, la maestra e il suo bel disegno appeso alla parete, Angelina si rende conto che la scuola dopo tutto non è così male…
i-cioccolatini-di-mister-pigSempre nella stessa collana arriva “I cioccolatini di Mister Pig”, il libro di Fabrizio Silei con le illustrazioni di Ivan Bigarella. Mister Pig, neanche a dirlo, è un bel maiale che fa il rappresentante di spazzole. Un giorno però perde il lavoro e si ritrova a vendere i prelibatissimi cioccolatini del Commendator Diavolon. – Si ricordi che deve venderli e non mangiarseli! – lo avvisa malignamente il principale. Figuriamoci! In vent’anni Mister Pig avrà venduto milioni di spazzole e non ne ha mai neanche avvicinata una alla testa. Stavolta però è diverso: quei cioccolatini hanno davvero un gusto speciale. Basta assaggiarne uno e fermarsi diventa quasi impossibile.

 

Per lettori più grandi e più consapevoli (dagli 11 anni) Emme Edizioni propone “Primo Levi: l’uomo, il testimone, lo scrittore”, di Frediano Sessi. Da anni molti giovani, spesso con i loro insegnanti, leggono Primo Levi (Se questo è un uomo, La tregua e altri racconti), cercando anche di capire la sua vita di uomo, di testimone e di scrittore. Come per i grandi autori del nostro Novecento, la risposta a gran parte delle domande su Primo Levi si trova nell’intreccio dell’opera con la vita. Un’opera fatta di saggi, testimonianze, racconti, romanzi, poesie, lettere, articoli di giornale, interviste, e per questo ricca e complessa, non semplice da decifrare, come del resto i percorsi della sua vita che vanno dall’amore per la montagna alla scelta della resistenza, al lavoro di chimico e a tanto altro ancora. Questo libro offre ai giovani lettori, e agli adulti che li accompagnano nella crescita culturale, una biografia essenziale che percorre gli scritti di Primo Levi, dall’adolescenza alla vecchiaia, intrecciandoli con i momenti di vita più importanti e con i percorsi di testimone che hanno caratterizzato tutta l’esistenza dello scrittore piemontese; un lungo lavoro svolto attraverso l’analisi di documenti spesso inediti. Proprio nella scoperta della sua vita emerge la grandezza di Primo Levi: la sua umiltà profonda, il riconoscere la sua fragilità di fronte alla storia e all’esistenza, e insieme la sua forza e vitalità.

 

Layout 1Edizioni Lapis propone “Il colore della libertà” (dai 10 anni) di Yaël Hassan tradotto da Francesca D’Ottavi. Max Fischer è sempre stato uno studente esemplare, da uniforme rossa e voti eccellenti, ma da quando ha conosciuto Felix, un vecchio antiquario che tiene nascosti nella sua cantina libri e filmati del secolo scorso sottratti alla Censura del regime, è diventato un “marrone”, marchio indelebile di onta e infamia. Lo accusano di pensieri sovversivi e di prendere parte al piano che vuole rovesciare il sistema. È solo, Max, emarginato da tutti i suoi compagni. Grazie all’amicizia con Felix sente per la prima volta parlare di libertà e democrazia, e con lui scoprirà cosa vuol dire battersi per un ideale: cambiare il presente e renderlo migliore.

Sempre per le Edizioni Lapis vi presentiamo “Oh no, George!” un albo illustrato tutto nuovo e divertente pubblicato nella collana I Lapislazzuli. Scritto da Chris Haughton, il libro parla dell’irrequieto cane George: Harry esce per lo shopping e George gli promette che farà il bravo. Ma le tentazioni in casa sono troppe: la torta in cucina è così buona… e George adora la torta. La terra nel vaso è così soffice… e George adora scavare nella terra…
Cosa farà George? E Harry si arrabbierà?

 

Valentina Edizioni inserisce nel suo catalogo numerose novità, tra queste c’è “Volo via” (3-7 anni) di Cristina Petit. Questa è la storia di una mamma che ha sempre fretta e della sua bambina che dopo un lungo viaggio torna a casa cambiata. Una tenera storia sul rapporto tra madre e figlia raccontata dal punto di vista di una bambina di quasi cinque anni, Carolina. Dopo un divertente e bizzarro viaggio Carolina capirà l’importanza e l’amore racchiusi in ogni istante che sua mamma riesce a dedicarle.

io-a-gesu-bambino-non-ci-credo-mica-0_56944--400x320Una tematica difficile e allo stesso tempo perfetta per il Natale è affrontata in “Io a Gesù Bambino non ci credo mica!”, il libro di don Poalo Alliata e Carla Manea. Il libro parte da una notizia sconvolgente; il dottor Corn Flakes sta per annunciare la sua straordinaria scoperta: Gesù bambino non è mai nato, è tutta un’invenzione! Ma è proprio così? Ha ragione lui? L’angelo Serafino piomba lì per caso, raccoglie la sfida del professore e ci porta a vedere come sono andate veramente le cose…

Biancoenero Edizioni: arrivano i primi eBook ad Alta Leggibilità

Biancoenero_fontROMA – Il panorama dei supporti per la dislessia si arricchisce di un nuovo strumento: arrivano in Italia i primi eBook ad Alta Leggibilità, libri digitali con specifiche caratteristiche che aiutano la lettura di chi ha difficoltà. Gli eBook ad Alta Leggibilità sono i grandi classici della letteratura internazionale, gli stessi pubblicati nella collana Raccontami di Biancoenero, la casa editrice romana che dal 2005 si occupa del progetto Alta Leggibilità per avvicinare ai libri tutti i ragazzi, anche quelli che hanno difficoltà di lettura. In particolare ha elaborato dei criteri sintattici e tipografici che usa ormai da anni nelle sue collane (Raccontami e ZOOM, romanzi brevi italiani e stranieri per lettori più piccoli), infine li ha ripensati per l’ecosistema digitale.

 

Gli eBook ad Alta Leggibilità

– “Viaggio al centro della Terra” di Jules Verne, letto da Paolo Sassanelli

– “Canto di Natale” di Charles Dickens, letto da Giulio Scarpati

– “Le avventure di Huckleberry Finn” di Mark Twain, letto da Pierfrancesco Poggi
– “Lo strano caso del Dott. Jeckyll e del Sig. Hyde” di Robert Louis Stevenson, letto da Giulio Scarpati
– “Capitani coraggiosi” di Rudyard Kipling, letto da Pierfrancesco Poggi

 

Caratteristiche tecniche eBook biancoenero

L’eBook biancoenero è in Epub3, l’ultima implementazione dello standard più diffuso per la creazione di ebook. Usa la tecnologia Read aloud, ovvero sincronizza voce e testo paragrafo per paragrafo. Contiene un Dizionario digitale che definisce le parole difficili, permettendo l’arricchimento lessicale. Una barra marcariga aiuta il passaggio da una riga all’altra.  Inoltre, grazie anche al Fixed layout che mantiene fisso l’impaginato, l’eBook biancoenero conserva le caratteristiche dell’Alta Leggibilità già usate nei suoi testi di narrativa: Il fondo pagina è color crema e non bianco, per stancare meno la vista; righe spezzate e non giustificate che aiutano il ritmo della lettura paragrafi e capitoli brevi una font specifica (la font biancoenero®), disegnata appositamente per chi ha difficoltà di lettura. La font biancoenero® è stata scelta da Anastasis, la sofware house più nota in Italia per lo sviluppo di software innovativi per la disabilità e lo svantaggio. Ma la font è anche messa a disposizione gratuitamente per chi ne fa un uso non commerciale: ad oggi, sono più di 1500 gli enti, le istituzioni, i privati e le scuole che ne anno fatto richiesta.

 

Dove leggere gli eBook biancoenero

Gli eBook biancoenero sono disponibili per IBooks per iPhone o iPad e per Readium per Chrome Browser (su dispositivi Desktop).
Entro pochi mesi molti altri produttori adegueranno i loro dispositivi allo standard ePub3.

 

“La strana collezione di Mr. Karp”, un’amicizia da collezione; ad Alta Leggibilità!

Mr Karp_biancoenero_recensione_chronicalibriGiulia Siena
ROMA
“Ti senti scoraggiato, è naturale. Temo capiti spesso ai collezionisti. Non restiamo mai a lungo soddisfatti di quello che abbiamo. Un nuovo acquisto ci entusiasma, ma solo per poco, e subito ne desideriamo uno nuovo. E’ come avere dentro un tarlo che non ti lascia mai in pace”. Randolph è un collezionista, ma questa considerazione di Mr. Karp non è molto chiara per lui, un undicenne con il tarlo per il collezionismo. Ma partiamo dall’inizio: questa è “La strana collezione di Mr. Karp”, la storia – scritta da Cary Fagan, tradotta da Flavio Sorrentino, illustrata da Mauro Ferrero e pubblicata da Biancoenero Edizioni – di una strana e curiosa amicizia tra Randolph e il Mr. Karp.

Randolph vive in una grande casa con genitori e sorelle “festidiose”, gioca a hockey e ha il pallino del collezionismo: ha cominciato la sua “carriera” a soli quattro anni collezionando sassi, poi sfere innevate e calzascarpe. Ora ha una certa esperienza e collezioni un po’ più elaborate; infatti, raccoglie tappi di bottiglie di birra, penne e parole. Le parole sono alquanto astratte, ma si possono collezionare facilmente – assicura Randolph – cercando sul dizionario e segnando quelle che non si conoscono facendole entrare di diritto nella propria collezione. A undici anni, comunque, Randolph è un po’ stufo di queste raccolte, vorrebbe cominciare una nuova collezione, avvincente e non banale. Per questo si rivolge a Mr. Karp. Mr. Karp è un uomo tranquillo e distinto, lavora all’Ufficio Reclami di un grande magazzino ed è il nuovo inquilino del terzo piano, la mansarda che la famiglia di Randolph ha dovuto affittare per riuscire a pagare spese e bollette in un periodo difficile. Randolph è attratto dalla figura misteriosa di Mr. Karp da quando ha saputo che l’uomo è un collezionista. Ma di cosa? Durante il trasloco la sua collezione è chiusa in scatoloni con la scritta “fragile”, “deperibile”… quali oggetti, se non i cibi sono deperibili? Allora comincia, quasi timidamente, il dialogo tra l’uomo e il ragazzo, un dialogo che porterà Randolph a scoprire una collezione preziosa e spossante che farà arrivare Mr. Karp fino in Giappone.

 

“La strana collezione di Mr. Karp” è una storia semplice, intensa e piena di colpi di scena.

Il libro, pubblicato nella collana Maxi Zoom, è stato impaginato seguendo i criteri di Alta Leggibilità per rendere più agevole la lettura di tutti.

 

 

Novità Topipittori: “Scompiripiglio”, la storia di Talfino la decidi tu!

ScompiripiglioGiulia Siena
ROMA
– “Quante avventure lungo la strada! Ma alla fine Talfino è arrivato sano e salvo. E a voi Talfini che cosa è successo?” Talfino, il protagonista di “Scompiripiglio” – un nuovo nuovissimo libro di Topipittori – è un animaletto curioso, un ibrido tra una talpa e un delfino. Questo simpatico personaggio, nato dalla fantasia nipponica dello Studio Euphrates, è il protagonista del primo di una serie di tre libri che ha già spopolato in Giappone. Così come Talfino, i suoi amici protagonisti di queste avventure, sono degli Scompiripigli, animaletti simpatici, divertenti mix molto diversi tra loro: c’è Formiglio, un formichiere + coniglio, il cuoco della Scompiripappa; Polnacchia, polipo + cornacchia, brava a cucinare le torte e il Girachiere, giraffa + formichiere addetta alla vendita delle ciambelle.

 

Il libro, diviso in tre mini avventure, ci fa entrare nel quotidiano di Talfino: per prima cosa il nostro simpatico amico deve decidere cosa mangiare, meglio le uova o le polpette? Dovrà scegliere tra l’hamburger, il gelato, le ciambelle e molte altre delizie. Ma la scelta continua; nella seconda storia Talfino deve portare un bel regalo alla sua amica Polnacchia, cosa regalarle e come arrivare a casa senza smarrirsi? Nell’ultima storia, poi, il protagonista decide di fare una passeggiata… ma il sentiero non è poi così semplice! Talfino è sempre molto indeciso, forse per questo la sua storia può seguire strade differenti e può farsi guidare dal lettore. Nel libro, infatti, ognuna delle tre mini storie ha percorsi alternativi che portano, sempre e comunque, al lieto fine.

Intervista ad Angela Nanetti: la tutela dell’infanzia passa anche dai libri

angela-nanettiROMAAngela Nanetti vive per scrivere, ma la sua vita è fatta anche di altro. Osserva, ascolta e trascrive le esigenze dell’infanzia. Negli anni ha dedicato la sua scrittura ai bambini e ai ragazzi, perché la scrittura è una forma per tutelare e stimolare il bambino in una delle tappe fondamentali della vita dell’uomo, l’infanzia. Abbiamo incontrato Angela Nanetti e con lei abbiamo parlato di scrittura, premi e progetti.

 

Cos’è la scrittura per Angela Nanetti?
La scrittura è una passione, un bisogno fondamentale, un lavoro che richiede grande disciplina e dona un senso profondo.

 

Angela Nanetti ha una lunga esperienza nel campo della letteratura per ragazzi; come è cambiato negli anni il modo di scrivere per i più piccoli?
Il mio scrivere è sempre rivolto ai ragazzi, naturalmente dando vita e voce a personaggi reali, tengo conto dei mutamenti sociali e di costume che avvengono con il tempo. La mia convinzione è che mentre muta il mondo esterno, però, i processi interiori e psicologici cambiano con grande lentezza. I bisogni fondamentali rimangono immutati, come tappe cruciali della crescita.

Si può coltivare, tutelare l’infanzia attraverso la letteratura?
Io penso che l’infanzia, come prima tappa della storia dell’uomo, vada rispettata nelle sue caratteristiche (psicologiche e pedagogiche) che la rendono unica e la separano dalle altre età. La ricchezza dell’infanzia non sta solamente nelle capacità che vanno potenziate e coltivate, ma nella stessa naturalità di questa età, nello sguardo che l’infanzia ha del mondo, gli occhi pieni di curiosità e di sorpresa con i quali guarda al mondo. Questo va tutelato e mantenuto come risorsa fondamentale per il genere umano, la base da cui partire per andare avanti, le fondamenta su cui costruire la persona che sarà in futuro il bambino di oggi. Nei miei libri ho voluto raccontare questa modalità di essere bambino. I libri – e molte altre cose del quotidiano – sono degli strumenti per crescere bene e con rispetto.
Tutelare l’infanzia ma, allo stesso tempo, anche spronare la naturale curiosità del bambino anche attraverso le parole dei libri.

 

Come si sceglie il linguaggio adeguato a questa età?
Scrivere per l’infanzia non è semplice e non deve esserlo poiché è in questa fase che il bambino apprende e diventa il lettore di domani. Esiste, infatti, anche una letteratura per ragazzi caratterizzata da un linguaggio piccolo e ripetitivo; mentre penso che all’infanzia si dovrebbe riservare la qualità più alta: una letteratura fatta di parole giuste che spronino la naturale curiosità del bambino.

Abbiamo letto qualche mese fa “Piccole donne oggi” delle Nuove Edizioni Romane. Come è nato questo libro?
Ho appoggiato l’idea di Claudio Saba, l’editore, non pensando assolutamente di trascrivere il romanzo della Alcott. Ho voluto, invece, affrontare questo nuovo progetto come una sfida personale con me stessa: ho voluto ricreare una famiglia ma ho cercato di mettere nelle pagine di questo romanzo tutta la modernità del nostro tempo e ho tracciato dei personaggi caratterizzati da psicologie e modalità differenti tra loro in cui si ritrovano sia ragazze che ragazzi. Infatti, andando nelle scuole, ascoltando il feedback del pubblico, mi sono sorpresa a scoprire che “Piccole donne oggi” è stato un libro molto apprezzato anche dai ragazzi.
Qualche mese fa è uscito per Giunti “La città del circo Pop Corn”, un libro in cui inadeguatezza ed emarginazione spiccano come risorsa, mentre, la sua prima esperienza nella scrittura per “adulti” con “Il bambino di Budrio” è tra i cinque finalisti del Premio Neri Pozza.

Sì, devo ammettere di essere molto soddisfatta per questi risultati. “La città del circo Pop Corn”è un libro che affronta tematiche fondamentali: Giacomo ha una fragilità emotiva che lo spinge a infilare le dita nel naso, un gesto demonizzato dagli adulti ma, che per questo bambino, rappresenta un rifugio dalle paure. Invece, ritrovarmi tra i cinque finalisti (tra le 1781 proposte) del Premio Neri Pozza con “Il bambino di Budrio” è stata davvero una grande sorpresa. Questo libro, la prima esperienza per me con un romanzo per il vasto pubblico, è la storia di un fallimento umano e di un’infanzia tradita. Per me è stato un grande lavoro, perché siamo nel Seicento e il contesto è quello ecclesiastico: bisognava, quindi, ricostruire un mondo lontano ed entrare nella psicologia maschile.

“Tre amiche sul ghiaccio”: fermata Parigi

Marianna Abbate

ROMA – Quando non frequenti per tanto tempo un posto, tornandoci scopri in ogni crepa del muro il tempo che è passato. È stato così anche per me quando ho di nuovo preso in mano un libro della collana “Il battello a vapore” di Piemme. I libri per ragazzi hanno cambiato stile, genere e soprattutto forma e aspetto.

A partire dalla copertina, che ricorda moltissimo i disegni dei comics per ragazze. La disegnatrice è Caterina Giorgetti, quella di “Witch” per intenderci, sono stata una grande fan di quel fumetto eme ne sono accorta subito.

I tempi sono cambiati e si sente ad ogni pagina di questo libro. Scritte un po’ grandi, le parole si intrecciano ai disegni, aiutando l’immaginazione di chi non è abituato a leggere.

Per fortuna i valori sono ancora gli stessi: l’amicizia prima di tutto, la lealtà, lo spirito sportivo del fair play, l’impegno e… l’amore. L’autrice della saga “Tre amiche sul ghiaccio” è Mathilde Bonetti, un’appassionata pattinatrice eterna ragazzina, che in questa puntata ci racconta il viaggio delle ragazze del Palastella a Parigi. Parigi on ice è il titolo del volumetto appena stampato, che racconta le avventure di Angelica Cleo e Sadia, promettenti campionesse del pattinaggio artistico. Insieme realizzano il sogno di pattinare nella Ville Lumiere, e affrontano coraggiosamente le scelte che cambieranno totalmente la loro vita.

Il libro ha il pregio di appassionare allo sport, di stimolare nelle bambine il desiderio di lavorare in gruppo per realizzare il successo.

L’editore consiglia questa lettura per bimbe tra i 9 e gli 11 anni, l’età più sognante.

Novità: “Andirivieni”, una vita in viaggio

andirivieni_200pxROMA “Si dice che la testa non serva solo a usare il cappello. Si dice anche che le gambe e i piedi non esistano solo per usare le scarpe. Con le gambe e i piedi camminiamo, corriamo… viaggiamo”. Il viaggio è il tema centrale di “Andirivieni”, il libro di Isabel Martins Minhós e Bernardo Carvalho pubblicato in queste settimane da La Nuova Frontiera Junior.

 

L’andirivieni degli uomini, che percorrono chilometri e chilometri in automobili, navi e aerei, ci sembra al giorno d’oggi facile e scontato. Ma sulla terra non siamo gli unici: come noi, molti uccell mammiferi e pesci si muovono in cerca di cibo o di un buon clima. E questi incredibili viaggiatori non solo ci sorprendono per le distanze che percorrono, ma anche per l’enorme rispetto che, al contrario di noi, hanno nei confronti della natura e dell’ambiente.

 

Andirivieni è colori, viaggio e cultura del viaggio. Andirivieni è un libro illustrato (adatto dai 5 anni) ci sfida a riflettere sul nostro arrogante stile di vita quando viaggiamo, perché spesso, ignorando le esigenze e le culture dei luoghi che visitiamo, possiamo mettere a repentaglio il fragile equilibrio del pianeta.

 

 

“Ranocchio è un eroe” perché l’amicizia rende tali

ranocchioeroecopROMA – “L’acqua era gelida, ma Ranocchio non ci badava. Pensava solo ad Anatra, Lepre e Porcello che stavano morendo di fame”. La storia di Ranocchio comincia quando comincia la pioggia: dapprima come semplice temporale passeggero, la pioggia imperversa fuori dalla casa di Ranocchio. La pioggia continua e il fiume cresce e l’acqua invade la casa del nostro protagonista. Ma se la sua casa è tutta allagata – pensa Ranocchio – cosa ne sarà delle dimore di Lepre, Anatra e Porcello? Allora Ranocchio decide di uscire di casa e andare a trovare gli amici. Le case di ognuno di loro sono invase dall’acqua e l’unico modo per mettersi in salvo e correre a casa di Lepre.

 

Comincia così “Ranocchio è un eroe”, il racconto di Max Velthuijs – curato da Alfredo Stoppa – e pubblicato da Bohem Press. Ranocchio è un eroe perché l’amicizia rende tali, perché finite le provviste Ranocchio ha deciso di tuffarsi in acqua e chiedere aiuto. Doveva farlo, doveva farlo per i suoi amici.

 

Una storia di paura, coraggio e amicizia. Una storia in cui l’affetto degli amici rende forti e determinati a sconfiggere tutte le intemperie.

 

Interviste: Cristina Bellemo, la forza delle storie

leggerezzaGiulia Siena
ROMA  
– Parlare con Cristina Bellemo è entrare nelle sue storie, capire che la scrittura è un esercizio necessario, continuo e costante che regala emozioni.  Le emozioni e le suggestioni dell’autrice hanno dato vita a “La leggerezza perduta” (Topipittori), un racconto per spiegare e dare il giusto peso alle parole, anche quelle più complicate e temute.

 

 

 

Che cosa sono le storie per Cristina Bellemo?
Le storie, per me, sono una ragione di vita. La vita è racconto. Credo che il nostro quotidiano, le relazioni con noi stessi e con gli altri siano intessuti di storie: storie che ascoltiamo, storie che narriamo, storie che ci cambiano, ci insegnano, ci trasformano, ci avvicinano, ci danno gioia e piacere, attribuiscono valore sacro ed esemplare alle esperienze, ci fanno crescere e ci attrezzano per affrontare ciò che ci accade. Leniscono la nostra solitudine. Le storie mi donano emozioni, mi fanno sentire viva: mi piace moltissimo raccontarle, perché possano contagiare le emozioni intense che io stessa ho vissuto; ma adoro anche ascoltarle, incontrarle, imbattermi in esse in maniera imprevista. Mi incantano, mi catturano. Se uno ha una buona storia da narrarmi, sono “in suo potere”. Sono sempre alla ricerca di storie, al punto che talvolta me ne devo difendere: impormi una pausa, allentare la tensione, fare in me un vuoto salutare, “le pulizie di primavera del cuore”, per tornare ad essere accogliente e capace di sorpresa e di meraviglia.

 

Cosa significa scrivere per bambini nel 2013?
I ragazzi, oggi, hanno la possibilità di utilizzare molti media, tutti straordinariamente accattivanti. E, accanto a questo, hanno vite molto “piene”: li vogliamo pianisti, calciatori, ballerini, poliglotti, violinisti, cantanti… e possibilmente geni. Quegli interstizi “vuoti” preziosissimi, indispensabili per prendere consapevolezza di sé, per dare forma alla propria identità sono sempre più rari. I libri, la letteratura, devono puntare sulle loro caratteristiche peculiari, inimitabili, irraggiungibili dalle altre forme di comunicazione e di narrazione, che li rendono affascinanti, ne sono convinta, esattamente come lo erano per i bambini vent’anni, o cinquant’anni fa. Prime fra tutte, la qualità e la bellezza, che poi sono strettamente interdipendenti. Anzi, forse sono proprio la stessa cosa.

 

“La leggerezza perduta” è un racconto in cui ogni parola trova la sua naturale posizione all’interno del testo poiché l’andamento del racconto coincide, quasi in maniera perfetta, con l’intensità del messaggio che si vuole trasmettere. Come è nato questo libro?
Questa storia nasce da una domanda bambina. Quando, qualche anno fa, ha cominciato a ricorrere la parola “crisi”, i bambini mi hanno chiesto cosa significasse, probabilmente anche intimoriti dall’atteggiamento degli adulti, a loro volta spaventati (e, dunque, ben poco rassicuranti) dagli scenari che questa parola prefigurava. Ho riflettuto, innanzitutto, sul valore, e sul peso, che le parole che noi adulti buttiamo in mezzo, come macigni, spesso con superficialità, hanno per i bambini. E mi sono interrogata su come raccontare la crisi ai bambini attraverso la metafora di una storia: ecco, più che un messaggio da trasmettere, cercavo proprio una storia da raccontare. La prima chiave di interpretazione che mi è venuta in mente è stata quella più facile: distinguere tra ciò che è necessario e ciò che è superfluo. Tra le cose leggere e le cose pesanti. Ma questo punto di vista, anziché circoscrivere, definire lo scenario, lo spalancava infinitamente. Fatti salvi i bisogni primari, i diritti fondamentali di ogni persona, la discriminazione tra ciò che è indispensabile e ciò di cui possiamo anche fare a meno ha molto a che fare con la nostra singolarità, con la nostra identità. Non esiste (meno male!) un elenco valido per tutti di ciò che è da conservare e di ciò che è da buttare via: questo sarebbe stato un approccio un po’ presuntuoso e moralistico.

 

In questo libro tutto gravita attorno a quello di cui ci circondiamo: oggetti inutili, azioni sbagliate e pensieri poco piacevoli. Quanto è difficile spiegare ai bambini cosa è il superfluo?
Credo che sia più difficile dialogare sul superfluo con gli adulti, stimolarli a interrogarsi: gli adulti manovratori, e prime vittime, del mercato, che ci crea subdolamente bisogni, necessità addirittura, che non sapevamo nemmeno di avere, che ci vuole perennemente insoddisfatti, che ci insinua la sensazione stabile di inadeguatezza. I bambini hanno dalla loro, fortunatamente, la purezza e l’autenticità che fanno magari considerare un oggetto senza apparente valore meravigliosamente indispensabile, semplicemente perché bello o perché legato a un vissuto importante e specialmente significativo.

 
OLYMPUS DIGITAL CAMERAIl grande merito del tuo libro è quello di insegnare al lettore che, se si vuole, si può. E la dimostrazione è la volontà di un re sbadato e pigro che, pur di mantenere quello che ha di più glorioso, la leggerezza del suo regno, si arma di pazienza e voglia di fare. La voglia, il coinvolgimento e la volontà, si possono insegnare?
Nella mia idea re Celeste non è così… eroico! Il fatto che, per qualche momento, si riscuota dalla sua distrazione per assumersi, una volta tanto, i doveri legati al suo ruolo ha più della casualità e della svagatezza, o forse della preoccupazione per se stesso e per la propria incolumità, che della progettualità e della generosità nel servizio. Mi sembrano più “eroici”, nel loro piccolo, i sudditi che, nonostante la loro semplicità e la poca dimestichezza con i ragionamenti filosofici, in maniera molto pratica accettano di mettersi in gioco con molta serietà e disponibilità, arrivando persino al punto di poter rinunciare anche a ciò che hanno di più caro, e vitale, per salvare il castello. L’unica intuizione “geniale” di Celeste centoventitre è la creazione del museo del superfluo, determinata nel suo caso più che altro, probabilmente, dalla sua personale difficoltà a rinunciare alle cose: ma un museo del superfluo, fuor di metafora, è uno stimolo costante a interrogarci su ciò che ha davvero valore per noi, per la cui difesa siamo disposti a lottare. La voglia, il coinvolgimento, la volontà, più che insegnare, si possono contagiare col nostro modo di essere.

 
“La leggerezza perduta” è un bellissimo albo illustrato; quanto contano le immagini in un libro del genere e come si riesce a equilibrare il ruolo della parola e quello dell’illustrazione?
Il lavoro di Alicia Baladan, in questo libro, è straordinario, tanto che non riesco più a pensare la storia slegata dalle illustrazioni di Alicia: sono diventate il mio “immaginario”, come se fossero originariamente l’ambientazione del racconto, e Alicia avesse acceso la luce per illuminarla. Ma Alicia è andata anche ben oltre le parole, ha raccontato altre sfumature della storia, altre storie direi. C’è una tavola, in particolare (ne sono innamorata!), in cui Alicia ha restituito il turbine di oggetti di cui i sudditi si liberano, dopo il proclama di Celeste. Sono a mezz’aria, sospesi tra il volo e la caduta: tra gli altri, ci sono questo fantastico cappello a due piazze, e questo ombrello “da compagnia”, a tre manici, che non compaiono nel testo. Oggetti inutilissimi (un po’ come le macchine munariane) ma meravigliosamente indispensabili, che richiamano, secondo me, anche alla responsabilità sociale di chi crea un oggetto. Aggiungo che, curiosamente, questa storia ha avuto per entrambe, senza che lo sapessimo, il medesimo sottofondo letterario: Dino Buzzati. “Il deserto dei tartari”, per me, “La famosa invasione degli orsi in Sicilia” per Alicia. E infatti i nostri disegni sono pieni di orsi!

 

In che direzione sta andando la letteratura per ragazzi?
Credo che vada formandosi, nella letteratura per ragazzi, una sempre più profonda coscienza della sfida di raccontare il mondo affrontando anche i nodi tematici più spinosi. Con i ragazzi si può, e si deve, parlare di tutto. Questo è molto importante. Viceversa, dovrebbe essere più disponibile ad affrancarsi dai dettami del mercato ma, in questi tempi difficilissimi per l’editoria, temo sia quasi un’utopia.