Giulio Gasperini
ROMA – Sovana, Sorano, Pitigliano: tre punti persi nella carta geografica della provincia di Grosseto, ma tre gioielli, tre piccole gemme dai tanti tesori. La zona è quella antica degli Etruschi, una delle popolazioni italiche più oscure e tutt’ora incomprese del passato pre-romano, dalla lingua impenetrabile, dalle provenienze misteriose. La Laurum editrice (con sede proprio a Pitigliano) ha dedicato una guida (scritta da Giovanni Feo) a questa zona di impressionante bellezza e incanto ancestrale: “Le vie cave etrusche” (2007). Sovana e Sorano sorgono nella zona del tufo, una roccia magmatica; Pitigliano ha case, addirittura, a strapiombo su uno sperone di tufo: una delle sue particolarità, insieme a quella di essere un importante centro per l’ebraismo, con un’antica e frequentata sinagoga.
Tra questi paesi gli etruschi hanno scavato, con impressionante maestria e perizia, le cosiddette “tagliate”, ovvero dei corridoi semisotterranei che si snodano tra le montagne e la vegetazione rigogliosa, ramificandosi intorno ai luoghi sacri e alle antiche necropoli.
E anche le necropoli son scavate nel tufo: tombe immense, entrate nascoste, passaggi celati. Il tutto inserito in un contesto naturale ancora incontaminato e inviolato. Sulle pareti di tufo son stati incisi segni, figure e forme che non smettono di interessare e incuriosire gli studiosi di tutto il mondo, continuando a richiamare le attenzioni di tutto il mondo scientifico e archeologico. C’è solo da meravigliarsi di fronte all’inesplicabile grandezza della Tomba Ildebranda o alla profonda impresa della Via Cava di San Sebastiano, o ancora di fronte alla semplice nudità (e alle misteriose scritture) dell’eremo medievale di San Sebastiano, in origine una tomba etrusca.
Il tufo, nella zona di questi tre dimenticati paesini, è fondamento della vita: gli Etruschi lo piegarono alle loro nascoste necessità, alle loro occultate esigenze.
Ancora oggi, nessun archeologo ha saputo fornire una spiegazione sufficientemente convincente sulle funzioni di queste “vie cave”: il mistero degli Etruschi si amplifica, in ogni aspetto della loro civiltà.
Tra questi paesi gli etruschi hanno scavato, con impressionante maestria e perizia, le cosiddette “tagliate”, ovvero dei corridoi semisotterranei che si snodano tra le montagne e la vegetazione rigogliosa, ramificandosi intorno ai luoghi sacri e alle antiche necropoli.
E anche le necropoli son scavate nel tufo: tombe immense, entrate nascoste, passaggi celati. Il tutto inserito in un contesto naturale ancora incontaminato e inviolato. Sulle pareti di tufo son stati incisi segni, figure e forme che non smettono di interessare e incuriosire gli studiosi di tutto il mondo, continuando a richiamare le attenzioni di tutto il mondo scientifico e archeologico. C’è solo da meravigliarsi di fronte all’inesplicabile grandezza della Tomba Ildebranda o alla profonda impresa della Via Cava di San Sebastiano, o ancora di fronte alla semplice nudità (e alle misteriose scritture) dell’eremo medievale di San Sebastiano, in origine una tomba etrusca.
Il tufo, nella zona di questi tre dimenticati paesini, è fondamento della vita: gli Etruschi lo piegarono alle loro nascoste necessità, alle loro occultate esigenze.
Ancora oggi, nessun archeologo ha saputo fornire una spiegazione sufficientemente convincente sulle funzioni di queste “vie cave”: il mistero degli Etruschi si amplifica, in ogni aspetto della loro civiltà.