Stefano Billli
Roma – Il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia ha portato, insieme ad innumerevoli festeggiamenti, anche ad una rinnovata curiosità per la storia e per il passato.
Allora, proprio sulla scia di questa emozione per i tempi che furono, vale la pena leggere “Il nome della rosa”, intramontabile romanzo scritto da Umberto Eco ed edito da Bompiani (la cui prima edizione risale al 1980).
Il libro è ambientato nel Medioevo e narra alcune vicende avvenute all’interno di un’abbazia cluniacense dislocata nell’Italia settentrionale.
I protagonisti, ovvero Guglielmo da Baskerville (frate francescano che fu inquisitore, prima di abbandonare questo turpe incarico) e Adso da Melk (giovane novizio appartenente all’ordine dei benedettini), si trovano infatti in questo luogo perché è lì che si dovrà tenere un importante incontro tra gli esponenti più eruditi e significativi di alcuni ordini religiosi, su tematiche proprie della Chiesa.
Tuttavia, durante la loro permanenza all’interno del monastero, Guglielmo da Baskerville sarà chiamato ad indagare – in virtù della sua passata “esperienza” – circa l’omicidio di un religioso avvenuto poco prima del loro arrivo.
Partendo da questa premessa, Umberto Eco intesse le fila di un romanzo giallo da leggere tutto d’un fiato (sebbene il testo abbia una dimensione non del tutto esigua!).
La narrazione presenta una straordinaria cura per il dettaglio e per i riferimenti alla storia: infatti, tutto il libro riflette il lavoro certosino dell’autore che, con “Il nome della rosa”, dà vita ad una delle opere più belle che il panorama letterario italiano abbia mai conosciuto.
Tra le pagine si compie poi un’opera di erudizione del lettore, che piacevolmente può abbandonarsi a vere e proprie lezioni di filosofia, letteratura e storia tenute da Umberto Eco.
Il modus scrivendi del libro è assolutamente ricercato e sublime: nell’opera si fondono insieme tecniche narrative diverse, le quali, una volta impresse sulla carta, disegnano un tratto stilistico peculiare ed assolutamente mirabile.
Di quest’opera è stata realizzata anche una versione cinematografica, di cui prendere visione soprattutto per l’elegante recitazione di Sean Connery, affiancata da un giovanissimo Cristian Slater.
Questo classico vintage è prelibato come un cognac d’annata, e perciò va assaporato lentamente, lasciandosi trasportare da ogni frase, persino dalle più piccole sfumature.
“Il nome della rosa” è un romanzo che stupirà il lettore, conducendolo alla necessità – una volta terminata la lettura – di scoprire tutti gli altri scritti di Umberto Eco, anch’essi emblemi di una “penna” tutta italiana, orgoglio della letteratura nazionale e mondiale.