Marianna Abbate
Categoria: guide e saggi
Fs e Gambero Rosso: mangiar bene ai tempi del Frecciarossa
ROMA – Esce in libreria “Sosta fuori stazione“. In un tascabile, tutto il buono da mangiare e il bello da comprare vicino alle stazioni servite dalle Frecce AV di Trenitalia.
Rapidi, comodi, rilassanti, portano nel cuore della città e permettono anche a chi fa sosta solo per poco tempo di poter scoprire i tesori artistici, culturali e, perché no, gastronomici dei vari angoli del nostro paese.
"Sparkle Bere Spumante 2011", la guida alle bollicine d’Italia edita da Cucina&Vini
- Giuseppe Galliano Brut Riserva 2001
Borgo Maragliano - Gavi Soldati La Scolca Brut 2002
La Scolca - Gavi Soldati La Scolca D’Antan Brut 1997
La Scolca - Oltrepò Pavese Pinot Nero Écru Nature 2004
Anteo - Franciacorta Riserva Vittorio Moretti Extra Brut 2002 Bellavista
- Franciacorta Gran Cuvée Pas Operé Extra Brut 2003 Bellavista
- Franciacorta Brut 2005
Ca’ del Bosco - Franciacorta Cuvée Annamaria Clementi Brut 2002
Ca’ del Bosco - Franciacorta Giovanni Cavalleri Collezione Esclusiva Brut 2001 Cavalleri
- Franciacorta Brut 2005
Ferghettina - Franciacorta Extra Brut 2002
Ferghettina - Franciacorta Ante Omnia Satèn 2004
Majolini - Franciacorta P.R. Brut
Monte Rossa - Franciacorta Comarì del Salem Extra Brut 2004
Uberti - Franciacorta Sublimis Non Dosato 2003
Uberti - Franciacorta Cuvette Brut 2004
Villa - Trento Riserva Altemasi Graal Brut 2002
Cavit - Trento Giulio Ferrari Riserva del Fondatore Brut 2000 Ferrari
- Trento Perlé Nero Extra Brut 2003
Ferrari - Trento Riserva Brut 2004
Letrari - Trento Riserva Methius Brut 2003
Metius - Alto Adige Riserva Hausmannhof Brut 1999
Haderburg - Prosecco di Valdobbiadene Vigneto Giardino Dry 2008 Adami
- Valdobbiadene Superiore di Cartizze Dry 2008
Bortolomiol - Valdobbiadene Superiore di Cartizze Dry 2008
Col Vetoraz - Valdobbiadene Suprème Dry
Le Bertole - Valdobbiadene Prosecco Superiore di Cartizze Dry
Orsola Andreola - Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva Ubaldo Rosi Brut 2004 Colonnara
- La Dama Forestiera Nature Brut 2003
D’Araprì
"Viaggiatori viaggianti": tutte le geografie della coscienza
Giulio Gasperini
ROMA – La geografia, con Andrea Semplici, riempie nuovi contorni: si anima di nuove prospettive, respira d’un respiro più genuino: utile e divertente. Forse è proprio così che andrebbe studiata, la geografia, materia oramai bistrattata da insegnanti e alunni e anche ufficialmente condannata – affronto ancor più grave – dai programmi ministeriali.
Andrebbe rianimata, la geografia, e Andrea Semplici, giornalista dalla penna leggera ma suadente, in questo piccolo ma prezioso volume della Terre di Mezzo editore (2010, ripubblicato in un formato ampliato, da nove a quindici racconti, rispetto alla precedente edizione tascabile) la scontorna, poeticamente, raccontando le fiabe di alcuni “Viaggiatori viaggianti” che, insofferenti degli orizzonti definiti, si spinsero sempre un po’ più oltre, a ricercar le terre che nessuno aveva mai scoperto; quelle che nessun altro scoprirà più.
Quella di Semplici è la geografia di persone che hanno nome e cognome, una declinazione d’identità, che siano famose o no, che siano Che Guevara o Salgari, Bob Marley o Pablo Neruda. Non è la geografia delle percentuali e delle cifre, dei grafici e delle cartine mute: è una geografia di sudore e d’intenti, d’ideali e di sogni, di poesie e letterature, di confessioni e di piccoli gesti, perché quotidiani, ma che diventan grandi, frutti d’un eroismo al vivere che noi, nelle nostre comode vite del duemila oramai avanzato, abbiamo dimenticato; o seguitiamo a ignorare. È una geografia che ci riporta alla scoperta d’antiche reliquie, tra le dittature ingombranti della modernità: perché il presente non può prescindere dal passato, e Semplici lo sottolinea, con l’eleganza di chi guarda alla follia del presente con un sorriso di compiaciuto compatimento. È la geografia, quella di Semplici, della rabbia per una perdita insanabile, irrimediabile; è la geografia che condanna le nostre patetiche auto-assoluzioni e ci convoca tutti sullo scranno degli imputati.
Perché non possiamo davvero esser contenti d’un mondo, d’un’umanità che, nella sua accelerazione al progresso, al futuro, sacrifica persino le persone: e per questo ci ammonisce (e ci condanna) la povera Virginia, l’ultima india ona.
"Roma. Guida non conformista alla città"
Marianna Abbate
ROMA – Conoscete Roma? Anzi, conoscete bene Roma? Lo credono in molti. Lo crede mio padre, trasteverino doc, lo credo io, cresciuta a Roma Sud, vicino agli studi di Cinecittà. Lo crede evidentemente anche Fulvio Abbate (la concomitanza del cognome è dovuta al caso), palermitano trapiantato a Roma, autore della “Roma. Guida non conformista alla città” edita da Cooper. Ci sbagliamo un po’ tutti, forse. O forse abbiamo tutti ragione.
Il libro di Abbate è simpatico, carino e, per quanto io odi questi aggettivi, sono decisamente calzanti. I paragrafi non seguono alcun ordine logico: non c’è suddivisione tematica, alfabetica e neanche per quartieri. E’ un gran calderone di notizie, di gossip archeologico e cinematografico, di racconti e aneddoti legati all’esperienza di giornalista e uomo di cultura, un po’ radical chic e un po’ anticamente comunista.
Davanti ai nostri occhi sfilano, senza fermarsi a pensare, Barbara Palombelli, i filetti di baccalà, Porta Portese, via Margutta, il Quarticciolo e Alberto Moravia. Fatti che si conoscono e fatti privati, che l’autore mescola insistentemente fino a confonderli tra loro, tanto che non possiamo più dire con certezza se lui non abbia per caso assistito agli omicidi della Rupe Tarpea.
E’ giusto così, Roma non ha un solo volto, associabile ad una sola immagine, come lo fu la Ferrara di Bassani. Il bello della guida di Abbate è che non bisogna leggerla di seguito, si può consultare come una vera guida conformista, andare dritti al punto che ci interessa. Salvo poi perdersi a leggere il paragrafo successivo che non c’entra assolutamente nulla.
Fulvio Abbate, Roma guida non conformista alla città, Cooper, Roma 2007, pp. 292, € 12
"Roma nel piatto 2011", uno sguardo attento alla ristorazione del Lazio
Emiliano Mei
ROMA – Nel panorama delle guide alla ristorazione tutti, bene o male, si autoproclamano obiettivi, indipendenti, autorevoli. Pochi (o nessuno), in realtà, lo è più o lo è mai stato. Troppi interessi, bilanci da quadrare, rapporti collaterali. “Roma nel Piatto 2011“, edito dalla Pecora Nera Editore, si caratterizza per essere (forse) l’unica guida enogastronomica regionale a conservare ancora queste caratteristiche. Anzi, ne fanno il loro tratto distintivo, tanto da essere ritenuta, da molti utilizzatori, una vera “bibbia” della gastronomia di Roma e del Lazio. “Roma nel Piatto“
, che da due anni recensisce tutto il territorio regionale e non più la sola provincia di Roma, stila una graduatoria dei “migliori”, partendo come al solito dal “folletto” Heinz Beck chef de “La Pergola” del Rome Cavalieri, una vera e propria istituzione della regione. In un contesto di rara bellezza per la vista impagabile sulla Città Eterna, il cuoco tedesco crea piatti praticamente perfetti, che denotano una padronanza dell’arte culinaria mai fine a sé stessa: un’esperienza, per chi può, che merita di essere vissuta. A seguirlo un quartetto con ben tre indirizzi di provincia: “Le Colline Ciociare” di Acuto (FR), la “La Trota” di Rivodutri (RI) e, promozione di quest’anno, “La Parolina” di Trevinano (VT). A fargli compagnia un indirizzo capitolino, “Il Pagliaccio” di Anthony Genovese.
Scopri la ricetta di oggi di CHRONACHE CULINARIE..clicca Chronica !!!
"Sette giorni a Dakar". Viaggio in Senegal
Alessia Sità
ROMA – Il resoconto di una settimana trascorsa in Senegal: è questo “Sette giorni a Dakar” di Massimo Giannini e Luca Macchiavelli, pubblicato nella collana “Percorsi” delle Edizioni dell’Arco. Luca e Massimo si conoscono durante una festa senegalese a Milano, qui scoprono di essere stati scelti dal loro editore per andare in Senegal con l’obiettivo di documentare la più importante solennità religiosa musulmana: il Tabaski. Secondo la tradizione, ogni famiglia, anche la più indigente, deve sacrificare almeno un montone per festeggiare degnamente la “grande festa”.
Per i protagonisti quello a Dakar sarà un viaggio ricco di novità, amichevoli incontri e svariati avvenimenti, molti dei quali saranno piccoli imprevisti, che si riveleranno fondamentali per imparare ad apprezzare sempre di più l’universo senegalese. L’incontro con la gente del luogo sarà un momento di scambio culturale e umano. Entrambi – in particolar modo Massimo – capiranno come l’efficienza occidentale, talvolta, possa servire a ben poco. Una settimana vissuta intensamente, fra antichi colori, atmosfere ancestrali e rituali atavici, il tutto avvolto da un’aura primordiale respirata soprattutto nei momenti di preghiera. Sette giorni trascorsi ad un ritmo oscillante fra la frenesia quotidiana e il rilassato senegalese. Un reportage scritto a quattro mani e arricchito da alcuni scatti fotografici che hanno saputo cogliere, abilmente, l’essenza dello scenario quotidiano della capitale senegalese. “Sette giorni a Dakar” è un racconto di chi ha vissuto, pur se brevemente, i problemi e la bellezza del Senegal.
Il precariato? Non è un problema: "Cento lavori orrendi. Storie infernali dal mondo del lavoro"
Scoprirete chi toglie le patatine ammuffite dai pacchetti del bar e chi seleziona soltanto le pillole rotonde per le vostre scatole di medicinali. E neanche i lavori che vi sembravano utili, interessanti e stimolanti lo saranno più. Siete un giornalista? Provate a convincere il vostro capo che i Nirvana non si ispirano agli Abba. Dirigete una televisione locale? Scoprirete che il vostro lavoro consiste perlopiù nel vendere spazi pubblicitari. E non potrete mai stare tranquilli, perché per quanto orrendo possa essere il vostro lavoro, c’è sempre qualcuno più disperato di voi, pronto a soffiarvi il posto.
Tutta fantasia, direte, l’autore mangiava pesante la sera. Eh no, è, purtroppo, la triste realtà. Le testimonianze sono state raccolte per anni da una rivista inglese che aveva dedicato una rubrica al tema. Ogni lavoro è classificato tenendo conto di sei fattori che lo rendono orribile, e cioè quanto esso sia pericoloso, inutile, alienante, umiliante, immorale o disgustoso. Per rendere il tutto ancora più interessante, ogni lavoratore ha indicato la paga percepita, che quasi mai giustifica il trattamento ricevuto.
Cento lavori orrendi non smetterà di stupirvi fino all’ultima pagina, vi farà riflettere sulla follia del genere umano e vi farà ridere con la sua sconcertante attualità.
Cento lavori orrendi. Storie infernali dal mondo del lavoro, D. Kieran a cura di, Einaudi, 178 p., € 11.