Marianna Abbate
ROMA – Un uomo un po’ annoiato dalla vita, non riesce a cancellare il ricordo della donna troppo bella che si è lasciato scappare. La segue fino in Brasile, per scoprire che dietro quella bellezza materiale si nasconde un’anima ancora migliore.
E’ con questa storia rosa che inizia il romanzo, o meglio racconto lungo, di Giacomo Properzj, “Rosa e nero” edito da Mursia.
Ed è qui che la storia assume una tinta decisamente diversa, ma senza entrare mai nella dimensione del romanzo: il protagonista scopre che la donna che ha sempre amato è impegnata socialmente nell’aiuto dei bambini delle favelas. Colpito da questo atteggiamento, decide di fare qualcosa di utile della propria vita e partecipa ad un indagine ad alto rischio sui cosiddetti baby hunters, i cacciatori che vengono da tutto il mondo per godere perversamente dell’uccisione di un bambino.
Una storia che è anche una denuncia, raccontata come un reportage, senza tanti fronzoli e buonismo. Il protagonista non è un santo, le sue scelte non sono guidate dalla morale.
E’ lo stesso uomo che instaura una relazione sessuale con la figlia minorenne della portinaia, ma poi accoglie in casa una prostituta terrorizzata. La corrente della vita lo trascina con sé, fino a travolgerlo. Le sue scelte influiscono sulla vita di chi lo circonda, ferendo alcuni e salvando altri. E forse i danni sono anche maggiori del guadagno.
Neorealismo pasoliniano che non permette di distinguere nettamente tra il buono e il cattivo, pur evidenziando chiaramente le differenze tra bene e male.
Ma nessuno sarà chiamato a proclamare l’ardua sentenza.
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