Massimiliano Smeriglio ci racconta il suo romanzo, "Garbatella Combat Zone"

Giulia Siena
ROMA – Intervista a Massimiliano Smeriglio, autore del romanzo  “Garbatella Combat Zone” pubblicato da Voland. Venerdì la recensione, solo su ChronicaLibri.

Azione, affetti, malinconia e interessi si mescolano in “Garbatella combat zone”, come definiresti il tuo libro? Una lente d’ingrandimento posata su di un piccolo cosmo dove giganteggia la microfisica delle relazioni tra gli esseri umani. Tra brutture, passioni tradite e ricerca costante dell’esodo. 

“Garbatella combat zone”, che da il titolo al romanzo, è uno ‘sport’ a farsi male ma eloquente, nel finale, è il gioco violento del tutto gratuito delle nuove generazioni. Un a scelta mirata la tua, quella di parlare in questo modo di violenza? “Garbatella combat zone” è soprattutto un luogo mentale, una modalità di organizzazione delle gerarchie di quartiere. Poi è anche un bar, una fuga e persino uno scontro senza esclusioni di colpi fondato sulla centralità del denaro, delle scommesse. Non è un caso che si svolga nel piano di sotto di un ipermercato, in fondo business chiama business.

Romanzi e film con al centro Roma e le sue bande stanno riscuotendo sempre maggior successo, come mai?

Dopo la guerra dei trenta anni contro la passione civile e l’etica della pubblica responsabilità cosa dovevamo aspettarci se non la mitizzazione di mafiosi, stragisti ed assassini? E’ un problema enorme perchè si confondono continuamente i piani tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Inoltre le cronache di fine impero che riempioni le pagine dei giornali di furbetti, escort, tronisti, bellezze costruite su misure da ottimi sarti di carne umana e inchieste su inchieste che hanno a che fare con le elite politiche ed imprenditoriali del Paese hanno messo il turbo a questa tendenza. In una situazione dove il lato oscuro della forza ha preso il sopravvento chi è peggio il Freddo, il conduttore televisivo che gronda bava dalla bocca vivisezionando lo stupro e l’omicidio di una minorenne o i praticanti del bunga bunga?

“Garbatella combat zone” fa di un quartiere romano già sotto i riflettori, il protagonista indiscusso del libro. Qual è il fascino della Garbatella?
Per me è un luogo dell’anima, la fisicità delle memorie familiari e di quelle collettive. E’ un quartiere come tanti altri, la differenza sta nella bellezza urbanistica e nella vivacità sociale che ne hanno fatto nei decenni un posto di resistenze persistenti.
Le tre parole che preferisci?
“Passione” per le cose che appartengono a tutti, come ad esempio un quartiere o come le utopie. E poi “disarmare” l’odio e il rancore che ci portano inevitabilmente a combattere quello che sta peggio di noi. Come diceva un vecchio saggio il rancore è come prendere un veleno e aspettare che l’altro muoia. Ecco oggi le città, i quartieri popolari e di periferia sono attraversati da un fiume di rancori. Basterebbe cambiargli di segno, disarmarlo appunto, diventerebbe una grande fonte di energia capace di fertilizzare terreni aridi, senza più vita.