ROMA – “Trattato di culinaria per donne tristi” è il libro di Héctor Abad Faciolince pubblicato da Sellerio.
Un ricettario per donne tristi o afflitte da problemi: se l’amato è lontano o ha tradito, se la giovinezza se ne va e il viso appare stanco, se non dormi o sei in ansia, ecco i rimedi che risollevano le signore a dieta di felicità, salse, bevande, piatti gustosi, semplici decotti. E dalla sua pagina si solleva intensa, facendosi spazio tra la leggerezza e l’ironia, un’intelligenza, e un bisogno di ragionar con chi legge di filosofia.
Traduzione dallo spagnolo di Eleonora Mogavero
Titolo originale: Tratado de culinaria para mujeres tristes
«La mia ambizione è cercare una soluzione alla tua malinconia e il vero cammino me lo indicò un grande poeta della fredda Inghilterra, colui che fece dire a uno dei suoi personaggi, quasi pazzo per eccesso di senno, “Dammi un’oncia di muschio, buon farmacista, per profumare la mia immaginazione”. Io non vorrei essere niente di diverso da questo, un buono speziale, un farmacista, il padrone delle ricette per profumare la tua fantasia». Dunque, in questo ricettario, il vero nutrimento, per le signore a dieta di felicità, saranno le pillole di saggezza che le ricette trasmettono. Ciascuna di loro risponde a un’esigenza che non è della pancia: la prima ricetta è destinata a quella che dell’amato patisce «il peso invisibile dell’assenza», l’ultima per chi «un giorno sentirà, se non è ancora arrivata, la tremenda desolazione della convivenza». E (esempio a caso) per l’insonnia e per l’oblio non si offre alcuna ricetta, perché per dormire e dimenticare i rimedi sono troppo simili alla morte che non ha bisogno di nutrirsi. Invece esiste il rimedio per la dama ammalata di parole: «se un giorno ti ammalerai di parole… se avrai la nausea quando senti “orribile” o “fantastico”».
L’autore, il colombiano Faciolince, avvolge questo libro, evidentemente da leggere nei pomeriggi oziosi, in un’ironia affettuosa che fa pensare davvero ai boudoir delle signore di una volta. Eppure, dalla sua pagina si solleva intensa, facendosi spazio tra la leggerezza e l’ironia, un’intelligenza, e un bisogno di ragionar con chi legge di filosofia (forse stoicismo, forse Spinoza, forse le quintessenziali futilità eterne da Borges).