Festival della Narrativa Francese, fino al 9 marzo in tutta Italia

ROMA – Quarta edizione per il Festival della Narrativa Francese in programma in 15 città Italiane fino a sabato 9 marzo. Dopo il successo del 2012, l’FFF torna nella Capitale con un ricco calendario di eventi per presentare “dal vivo” la letteratura francese più contemporanea. 16 autori di libri in lingua francese recentemente pubblicati in Italia si avvicendano sui palchi di Italia per confrontarsi e presentarsi.

A Roma, presso il Centre Saint-Louis di Largo Toniolo, il programma è veramente ricco: Caroline Lunoir, Mathias Énard, Fouad Laroui e Philippe Djian. Organizzato dall’Ambasciata di Francia e dall’Institut français Italia, l’edizione 2013 del Festival de la Fiction Française – Festival della narrativa francese si pone l’obiettivo di diffondere nella nostra Penisola la nuova narrativa d’Oltralpe. Un viaggio nelle storie che fanno la nuova storia letteraria della Francia.

 

Questi i prossimi appuntamenti:

Martedì 5 marzo : Caroline Lunoir
Mercoledì 6 marzo : Mathias Énard
Giovedì 7 marzo : Fouad Laroui
Sabato 9 marzo : Philippe Djian

 

La Pagina Che Non C’Era, la scrittura arriva in periferia

POZZUOLI  – Sono state due giornate intense di studio. Due giorni in cui discutere, confrontarsi, leggere e scrivere sono diventate l’attività principale di oltre 350 studenti all’interno della III edizione de La Pagina Che Non C’Era. Il progetto, che solo qualche mese fa è stato premiato come migliore attività nazionale per la promozione alla lettura in ambito scolastico dal Ministero e il Centro per il libro e la lettura, nasce da un’idea di Diana Romagnoli e Maria Laura Vanorio, docenti dell’Istituto Pitagora di Pozzuoli. Nella cittadina campana, infatti, si sono dati appuntamento alcuni degli scrittori più interessanti del panorama editoriale italiano: Maurizio de Giovanni, Paola Soriga, Andrea Tarabbia e Andrea Bajani. Per conoscere meglio La Pagina Che Non C’Era e per tirare le somme di questa edizione appena conclusa, abbiamo intervistato Diana Romagnoli.

 

Come e perché nasce un festival letterario a Pozzuoli?
Nasce come un incontro di docenti in una scuola della periferia di una città di provincia. Il rione Tojano, dove sorge l’istituto Pitagora,  è una piccola Scampia senza gli onori della cronaca di quest’ultima e la scuola è una cattedrale nel deserto. Allora, tre anni fa, abbiamo pensato di portare in questo luogo “tosto” la cultura e gli scrittori, ci piaceva l’idea che anche i nostri ragazzi potessero essere protagonisti e fruitori in prima linea di un mondo culturale che spesso viene tagliato fuori dalla vita di periferia.

 

Che ruolo hanno, allora, i ragazzi nel progetto La Pagina Che Non C’Era?
I ragazzi decidono spontaneamente se partecipare e quale ruolo ricoprire; il nostro progetto, poi, ha tante sfaccettature e permette di impegnarsi in vario modo: c’è il concorso nazionale di scrittura quindi è nato un comitato di accoglienza ospitalità affinché i ragazzi del luogo ospitassero i loro coetanei provenienti da altre parti d’Italia.  Inoltre, gli studenti si danno da fare come guide, nel servizio d’ordine e con la documentazione video. Noi docenti e organizzatori per due giorni ci siamo fidati di loro e loro ci hanno dimostrato responsabilità e partecipazione.

 

La prima parte della III edizione de La Pagina Che Non C’Era ha appena chiuso i battenti, quali sono i risultati di quest’anno?
Sicuramente è un po’ presto per tirare le somme ma si può certamente affermare che è stata un’avventura coinvolgente, per gli studenti, per i docenti e per gli autori intervenuti. Soprattutto per questi ultimi è bello vedere come nel gioco letterario – un esercizio in cui i ragazzi devono scegliere un libro e riproporre, tenendo conto dello stile dell’autore, un nuovo finale, un nuovo incipit o solamente un nuovo capitolo del romanzo –  i ragazzi siano determinati e presi dalle trame della storia e dall’allegria della competizione. Nei due giorni di studio possiamo dire di aver coinvolto circa 350 studenti in seminari, corsi di scrittura e tavole rotonde per la didattica dei docenti.

 

E gli scrittori cosa pensano quando con questo progetto tornano tra i banchi di scuola?
In questi tre anni si sono avvicendati diversi scrittori e ognuno di loro ha dato molto a La Pagina Che Non C’Era e si è arricchito dal contatto con i ragazzi. Loro, questi ultimi, hanno capito attraverso i libri e il confronto con gli autori che le emozioni si possono descrivere in maniera profonda. Hanno capito che per stato d’animo si intende molto di più di una risata fragorosa o del pianto. Quest’anno, grazie alle parole di Maurizio de Giovanni, Paola Soriga, Andrea Tarabbia e Andrea Bajani hanno scoperto che anche il dolore più profondo si può descrivere.

 

Si può pensare a La Pagina Che Non C’Era in versione itinerante?
Abbiamo provato questa formula il primo anno, volendo diffondere nelle scuole della Campania il nostro progetto anche per sopperire alla chiusura nel 2010 di Galassia Gunterberg. Ora, invece di portare il nostro progetto in giro per la regione, vorremmo che Pozzuoli e il rione Tojano diventassero un polo, un luogo geografico nel quale raccogliere e far crescere la cultura. Vorremmo, in questo modo, che anche in Italia i ragazzi diventassero protagonisti di grande evento letterario.

Libri Come, IV edizione per la Festa del Libro e della Lettura a Roma dal 14 al 17 marzo

ROMA – E’ in programma dal 14 al 17 marzo 2013 presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma la IV edizione di Libri come, Festa del Libro e della Lettura. “Come l’Europa” sarà il tema di quest’anno della manifestazione promossa e organizzata dalla Fondazione Musica per Roma; un viaggio alla scoperta del nostro continente, attraverso il filtro delle parole, delle analisi e delle riflessioni degli scrittori: tra politica ed economia, cultura e società, crisi e futuro.

 

Appuntamento ormai abituale del panorama letterario nazionale, quest’anno Libri come ha idealmente abbracciato l’intera stagione invernale, grazie a una intensa serie di anteprime che ha visto come protagonisti Serge Latouche, Javier Marías, Sylvie Goulard, Mario Monti e Wilbur Smith e che si concluderà – sempre all’Auditorium – giovedì 6 marzo alle 10.30 con Giuliano Amato (Lezioni dalla crisi) e domenica 10 marzo alle 19 con David Grossman (Come un romanzo racconta il dolore).

Dal 14 marzo, si svolgerà la Festa vera e propria, che quest’anno si focalizzerà fin dal titolo sull’Europa, sui suoi malumori, sulle sue prospettive. A una folta pattuglia di autori internazionali (Javier Cercas, Petros Markaris, Fernando Savater, Catherine Dunne, Angelica Klüssendorf, Uwe Timm, Frank Westerman, Miljenko Jergović, Dragan Velikić, Matti Rönkä) sarà chiesto di ragionare su sfide e problematiche che avvolgono il presente e il futuro del continente, in un ciclo di incontri che comprenderanno anche due maratone collettive (la prima affidata agli scrittori, la seconda a un gruppo di sociologi, economisti e accademici).

Nell’ambito di Libri come si ragionerà anche sull’Italia, in alcuni appuntamenti caratterizzati dalla presenza di giornalisti (Pierluigi Battista, Filippo Ceccarelli) ed esponenti della società civile (Susanna Camusso, Stefano Rodotà). Inoltre, uno spazio molto ampio sarà concesso ai protagonisti della narrativa e della saggistica, spesso coinvolti attraverso lo stimolante percorso del dialogo. L’elenco degli ospiti è molto lungo: comprende scrittori (Simonetta Agnello Hornby, Niccolò Ammaniti, Andrea Bajani, Aldo Busi, Andrea Camilleri, Massimo Carlotto, Gianrico Carofiglio, Giancarlo De Cataldo, Maurizio De Giovanni, Paolo Di Paolo, Richard Ford, Marco Malvaldi, Antonio Manzini, Romana Petri, Alessandro Piperno, Zeruya Shalev, Walter Siti), giornalisti (Concita De Gregorio, Paolo Mauri, Andrea Vianello), filosofi (Giorgio Agamben, Massimo Cacciari, Umberto Galimberti), economisti (Tito Boeri, Guy Standing), psicanalisti (Massimo Recalcati), registi (Ermanno Olmi), docenti universitari (Giovanna Cosenza). Nel programma non mancheranno appuntamenti di natura “spettacolare” (dal concerto di Laurie Anderson, alla lezione d’arte del regista Peter Greenaway, fino ai reading di Nanni Moretti e Fabrizio Gifuni) oltre ad approfondimenti sul mondo dell’editoria (dalle tavole rotonde Come il libro. Sfide e proposte e Come ho scritto il mio primo libro all’incontro con Roberto Calasso sulla storia di Adelphi), naturali per una manifestazione che storicamente nasce con l’obiettivo di non fermarsi al cosa (i libri), ma di esplorare anche il come (come vengono scritti, stampati, distribuiti). La Festa si chiuderà, la sera di domenica 17, con un evento speciale: una conversazione con lo scrittore anglo-indiano Salman Rushdie, che dialogherà con un ospite a sorpresa.

Particolarmente ricco nell’edizione 2013 è anche il programma del Garage di Libri come, l’officina che come da tradizione ospita laboratori interattivi, reading, tavole rotonde (sull’Europa e sulla violenza sulle donne), presentazioni di libri. Tra le decine di ospiti che transiteranno dalle tre sale del Garage, spesso impegnati in diversi eventi, ci saranno scrittori (Ritanna Armeni, Mauro Covacich, Diego De Silva, Marco Lodoli, Dacia Maraini, Melania Mazzucco, oltre ad Anna Premoli, protagonista di una delle prime storie di successo del self publishing in Italia), poeti (Valerio Magrelli), giornalisti (Armando Massarenti, Antonio Monda, Gianni Mura, Stefania Ulivi), politici (Giuliano Amato, Stefano Fassina, Antonio Tajani), magistrati (Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione), personalità del mondo della musica (Ennio Morricone, Fiorella Mannoia) e del cinema (Margherita Buy).

 

Ulteriore conferma dell’edizione 2013 della Festa è il programma rivolto agli studenti. Quest’anno, un doppio progetto coinvolgerà i ragazzi delle scuole medie e delle superiori, con lezioni sull’evoluzione del linguaggio e sul giornalismo (tra gli insegnanti, protagonisti dell’informazione in Italia come Enrico Mentana, Fiorenza Sarzanini e Riccardo Staglianò).

Premio Italo Calvino, il 19 aprile i vincitori

TORINO – L’attesa cerimonia di premiazione della XXVI edizione del Premio Italo Calvino avrà luogo a Torino il 19 aprile 2013. Alla presenza degli editor delle più importanti case editrici italiane e di una nutrita schiera di giornalisti e operatori culturali, verrà rivelato il nome del vincitore selezionato tra gli oltre 570 manoscritti inediti in concorso.

La Giuria, composta da Irene Bignardi, Maria Teresa Carbone, Matteo Di Gesù, Ernesto Ferrero e Evelina Santangelo, dovrà scegliere tra una decina di testi finalisti, pronti ad entrare nel circuito della “narrativa che conta”. Soprattutto negli ultimi anni, infatti, i libri usciti dal Premio Italo Calvino si stanno affermando con un crescente successo di critica e di pubblico. Tra i tanti esempi possiamo citare Le Sorelle Soffici di Pierpaolo Vettori con Elliot Editore (finalista XXIV edizione); La vita accanto di Mariapia Veladiano, pubblicato da Einaudi e arrivato poi secondo allo Strega; o il piccolo caso letterario di L’eredità dei corpi di Marco Porru, Nutrimenti Editrice (XXIV) dopo pochi mesi già alla terza ristampa grazie al passaparola dei lettori e dei blog. Ma anche, tra gli autori ormai affermati, Marcello Fois, oggi in libreria con Il tempo di mezzo o il nome “storico” di Susanna Tamaro (sempre scoperta dal Premio). E poi tanti altri, come Flavio Soriga, Francesco Piccolo e Fulvio Ervas, autore del best seller Se ti abbraccio non aver paura uscito con Marcos y Marcos.

Grande attesa, in questo momento, per il libro del vincitore dell’anno scorso, il poliziotto-scrittore Riccardo Gazzaniga, a breve in uscita con A viso coperto per Einaudi Stilelibero.

Solo nel 2012 (record assoluto), sono stati pubblicati, con grandi editori o con piccoli marchi di qualità, ben 11 libri proposti dal Premio: Letizia Pezzali, L’età lirica ed. Baldini Castoldi Dalai (XXIV), Anna Melis, Da qui a cent’anni ed. Sperling & Kupfer/Frassinelli (XXIV), Eduardo Savarese, Non passare per il sangue ed. Edizioni e/o (XXIII), Giacomo Verri, Partigiano Inverno ed. Nutrimenti Editrice (XXIV), Giovanni Greco, Malacrianza ed. Nutrimenti Editrice (XXIV), Massimo Miro, La faglia ed. Il Maestrale (XXIV), Alessandro Cinquegrani, Cacciatori di frodo ed. Miraggi Edizioni (XXIII), Giovanni Di Giamberardino, La marcatura della regina ed. Edizioni Socrates (XXII), Fabio Napoli, Dimmi che c’entra l’uovo ed. Del Vecchio Editore (XXII),

 

Il Premio Calvino, o “PIC” – sigla nata sul web e ormai ufficialmente riportata dalla Treccani – fu fondato a Torino nel 1985, poco dopo la morte di Italo Calvino, come omaggio allo scrittore italiano che, più di ogni altro, fu impegnato nella scoperta di nuovi talenti letterari. Tra i fondatori celebri, Natalia Ginzburg, Norberto Bobbio, Lalla Romano, Cesare Segre…

Il PIC si propone di svolgere un ruolo di ponte tra l’universo degli scrittori inediti e il mondo dell’editoria, del pubblico e della critica. Per questo il Premio non ha voluto definire una propria linea critica né privilegiare determinati generi letterari. L’interesse è per le opere prime inedite di narrativa capaci di rappresentare tendenze nuove e stili originali.

La cerimonia di Premiazione è l’occasione in cui editori, editor e operatori culturali possono entrare in contatto con i finalisti e dare l’avvio a quei rapporti che potranno portare alla pubblicazione. Non manca, nella storia del Premio, un aneddoto originale: alla I edizione esso non venne assegnato, poiché nessuno dei finalisti fu ritenuto all’altezza del riconoscimento. Si trattò di un piccolo gossip letterario che ebbe però un’ampia eco mediatica e che ancora oggi dà l’idea non solo della serietà e della severità del Premio, ma anche della durezza della competizione.

Boosta racconta i suoi libri preferiti. E li trasforma in musica su Sky Arte HD

Boosta racconta i suoi libri preferiti e li mette in musica per Sky Arte HD

MILANO – Che suono hanno i libri? Quale potrebbe essere la colonna sonora per le pagine di Süskind, Roth, Ammaniti, Eco, Nietzsche? Ce  lo racconta, con parole e musica, Davide Dileo, per tutti Boosta,  tastierista e co-fondatore dei Subsonica, protagonista di BOO(K)STA, uno spazio in cui letteratura e musica si contaminano e si parlano, una produzione esclusiva Sky Arte HD in onda dal 30 gennaio ogni mercoledì, giovedì e venerdì alle ore 21 sul canale 150. Continua

VerbErrando: Le eredità transgenerazionali

Veruska Armonioso
ROMA 
– Venerdì a pranzo ero con un’amica d’infanzia, una di quelle che conoscono tutto il necessario di te: come sei venuta al mondo, da dove vieni, chi volevi essere da grande; una di quelle persone che possiedono le tue origini. Insomma, siamo andate a pranzo insieme dopo un po’ che non ci vedevamo e, come al solito, è bastato poco per riprenderci. Qualche nome per posizionare il treno sulle rotaie giuste e poi via, a parlare. Lei, mamma di due bambine, dalla morte del padre è stretta nella morsa infernale del passaggio di testimone: l’acquisizione in eredità paterna del ruolo di capofamiglia e la restituzione alla madre (rimasta, senza suo marito accanto, senza strumenti e incoraggiamento per essere genitrice) di quello di figlia. Uno scambio ambiguo e controverso che mi ha fatto subito venire alla mente Anne Ancelin Schützenberger e il suo libro “La sindrome degli antenati”.

Avevo letto questo libro dopo qualche mese dalla morte di mia madre. In quel periodo mi sentivo come dispersa nel mezzo dell’oceano, senza futuro e senza passato; ero fermamente convinta di aver perso bussola e i riferimenti necessari per andare avanti e che, quindi, non avrei toccato terra mai più: destinata alle sabbie mobili senza affondare mai del tutto. Poi, aprii la prima pagina di questo libro e iniziò la mia catarsi:
“La vita di ciascuno di noi è un romanzo. Voi, me, noi tutti viviamo prigionieri di un’invisibile ragnatela di cui siamo anche uno degli artefici. Se imparassimo dal nostro terzo orecchio e del nostro terzo occhio ad afferrare, a comprendere meglio, ad ascoltare e a vedere queste ripetizioni e coincidenze, l’esistenza di ciascuno di noi diventerebbe più chiara, più sensibile a ciò che siamo e a ciò che dovremmo essere.”

Le ripetizioni a cui si riferiva erano ripetizioni famigliari, lacci tra noi e quello che c’è stato prima, che spesso ignoriamo a livello conscio e che, invece, creano dal profondo le fondamenta della nostra esistenza. Quante volte ci hanno detto che il modo di amare di una madre ha decretato quello di amare di un figlio? E ancora più scientificamente: quanti di voi hanno preso il colore dei capelli dal bisnonno?
Filosofeggiando e poetizzando sui principi di genetica di Mendel, possiamo facilmente pensare che, se una bisnonna può trasmetterci il gene dei capelli rossi, può altresì trasmetterci quello della docilità. E’ lì, proprio in quella fessura, che accade la ripetizione famigliare, il reiterarsi, cioè, non solo di modelli comportamentali tra una generazione e l’altra, ma addirittura di accadimenti, anniversari, incidenti, sorprendentemente sinistri, come nel caso di una donna che si ammala di cancro esattamente alla stessa età in cui si è ammalata sua madre, oppure di un uomo che ha un incidente automobilistico il giorno di Natale, esattamente come successe a suo nonno, che non conobbe mai e che perse in quell’occasione la vita.
“Siamo, in un certo senso, meno liberi di quanto crediamo”, ostaggi di legami con i nostri antenati che si possono “vedere, sentire o intuire, almeno in parte, ma di cui, generalmente, non si parla: vengono vissuti nell’indicibile, nell’impensabile, nel non – detto o in segreto”.
Esiste una letteratura di casi studiati vastissima, ma ciò che più mi interessava trasferire alla mia amica era legato allo scambio malato dei ruoli tra genitore e figlio, la genitorializzazione, che accade, quasi sempre, quando c’è un caso di debito di lealtà invisibile.
La famiglia, in quanto unità sociale, si fonda sulla lealtà dei membri che la compongono. “Da qui il concetto di giustizia e di giustizia famigliare. Quando non viene fatta giustizia, la situazione si traduce in ingiustizia, in malafede, nello sfruttamento dei membri della famiglia gli uni nei confronti degli altri, talvolta attraverso la fuga, la rivalsa o la vendetta, altre volte attraverso la malattia o l’incidente ripetitivo.” Diversamente accade quando c’è l’affetto, la considerazione reciproca e i conti famigliari vengono aggiornati. Si può parlare di un bilancio dei conti famigliari e del grande libro dei conti famiglia, dove si vede se si è debitori o creditori, se di hanno debiti, impegni o meriti. “In mancanza di questo bilancio, di generazione in generazione, ci possono essere una serie di problemi”.

Anne Ancelin Schützenberger ci dice che il più grande debito della lealtà famigliare è quello che ogni bambino contrae nei confronti dei genitore, per amore, affetto, cure, fatica e attenzioni che riceve dalla nascita, fin quando non diventa adulto.
Per virtù o causa di questo ‘debito’, a un certo punto della vita del figlio avviene il rovesciamento dei valori, ossia della situazione in cui i figli diventano i genitori dei propri genitori; questo può accadere indipendentemente dall’età del figlio: “vi è un certo numero di famiglie, soprattutto quelle modeste o rurali, dove la figlia maggiore ricopre il ruolo di madre e dove la madre, stremata dalla fatica per i parti troppo numerosi, realmente malata o ritenendosi malata, si fa sorreggere, aiutare e sostenere da sua figlia, la quale non si sposerà mai.”
E così, una figlia che a vent’anni, dopo la morte del padre, si ritrova a fronteggiare il peso emotivo di una famiglia sostituendosi alla madre, diventerà madre della sua stessa genitrice fino alla fine dei suoi giorni, a meno ché non decida di interrompere questa distorsione malsana delle relazioni, imparando a conoscere il proprio ‘libro dei meriti e dei debiti’, “…attraverso un’analisi dell’informazione retrospettiva, vale a dire della memoria dei vivi sui morti: ciò che le persone viventi sanno delle loro famiglie e ciò che le agisce, anche se esse non sanno coscientemente ciò che sanno, tra il detto e il non detto, tra il conscio e l’inconscio – ciò che è stato trasmesso dal punto di vista della famiglia.”

Sarà a quel punto che si salderà davvero il proprio debito, ossia attraverso il passaggio transgenerazionale, rendendo quel che abbiamo ricevuto dai nostri genitori ai nostri figli.
Questo non ci impedirà, quando i nostri genitori saranno vecchi, di avere nei loro confronti delle attenzioni e dei debiti, tra cui quello di aiutarli a vivere i loro ultimi anni e di accompagnarli nel passaggio dalla vita alla morte”, ma ci permetterà di mantenere il possesso della nostra identità e della possibilità di scegliere per noi stessi, senza subire sensi di colpa o frustrazioni da negazione dell’io ed essere pilotati dei bisogni e dalle esistenze dei nostri antenati.
Un punto di partenza, senza dubbio, questo libro, ecco cosa è stato per me. Non una cura, non una soluzione, ma uno spostamento. In me ha spostato una convinzione, quella che non sarebbe cambiato niente, che “tanto le cose stanno così, è il mio destino, e non c’è niente che si possa fare”. E invece no. Si rompono le catene, senza rinnegare, senza rifiutare, senza ignorare, semplicemente lavorando sulle altre possibilità che non vediamo ma di cui possiamo disporre. Alcuni strumenti ci vengono dati in dotazione dalla natura o da Dio, per chi è credente. Altri dobbiamo andarli a cercare. E’ quella la difficoltà, andare a cercare qualcosa che non sai ti possa servire; quindi scoprire che ti serve quello strumento diventa fondamentale. Ecco perché questo articolo. Perché, magari, anche voi siete come me e la mia amica, ancorati saldamente a un blocchetto di cemento a presa rapida, pensando che non ci sia uscita e che la vita sia segnata dal subire quel destino.
E invece no, non è così che stanno le cose. E non dico che oggi sono dove sono grazie a “La sindrome degli antenati”, ma che leggerlo mi ha aiutata a capire che mi servivano quegli strumenti, che io, cresciuta con un senso del dovere schiacciante, nel costante bilanciamento tra la ricerca della perfezione e la delusione delle aspettative altrui, io e solo io dovevo intervenire, subito. Che non mi potevo sostituire a nessuno, che la mia identità doveva essere inviolabile, che ero venuta al mondo per essere libera e che avrei dovuto scegliere da me il mio destino. Intervenendo, subito, su di esso.
Che il nostro albero genealogico racconti le nostre origini; che noi raccontiamo il nostro futuro.

 

 

 

 

Più Libri Più Liberi: l’XI edizione è ai nastri di partenza

ROMA – 400 espositori, 60mila titoli, 280 appuntamenti in fiera, 140 iniziative in 50 luoghi della città. Autori internazionali, talenti italiani, esplorazioni tra fumetto, musica e arti visive. Più grande, ricca e indipendente che mai, torna Più Libri Più Liberi, la Fiera nazionale della piccola e media editoria a Roma, Palazzo dei Congressi, da giovedì 6 a domenica 9 dicembre 2012. E il percorso di avvicinamento quest’anno è stato caratterizzato da un fittissimo network di appuntamenti fuori fiera, che coinvolge università (Più libri più idee), scuole (Più libri più grandi), biblioteche e numerosi altri luoghi cittadini (il circuito off di Più libri più luoghi, grande novità dell’edizione 2012 della fiera). Una rete di eventi – trasversale, pulsante, dinamica – che ha di fatto regalato alla città, ai suoi studenti e agli appassionati di libri un intero mese all’insegna della cultura e dell’editoria indipendente.

A Più libri più liberi quest’anno si esploreranno nuove correnti letterarie internazionali (Russia, Brasile, Grecia e l’immenso continente africano). Si ascolterà la lezione di maestri della narrativa italiana contemporanea e si andrà alla scoperta dei giovani autori della nuova generazione. Si parlerà di mafia, di storia, di società… ma anche di fisco, yoga e calcio, scoprendo il modo in cui queste materie vengono trattate, scritte, raccontate. Ma non ci si limiterà alla parola, esplorando anche i mille modi in cui essa si mescola, fonde e reinventa con le altre discipline creative: il fumetto, la musica, il cinema, l’arte, le nuove suggestioni digitali. Ci si rivolgerà agli addetti ai
lavori, con una serie di iniziative professionali e tavole rotonde sull’editoria; agli studenti, con un progetto che crea un ponte tra scuola e fiera; alla città, con un circuito off che si espande sotto forma di network, coinvolgendo con appuntamenti, incontri e spettacoli decine di luoghi “esterni”: biblioteche, librerie, associazioni.

Più libri più liberi è organizzato dall’Associazione Italiana Editori (AIE) con il sostegno di: Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale per i beni librari, gli istituti culturali e il diritto d’autore con il Centro per il Libro e la Lettura, Regione Lazio, Provincia di Roma, Roma Capitale – Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico, Camera di Commercio di Roma e in collaborazione con l’Istituto Biblioteche di Roma, l’ICE ex Istituto per il Commercio con l’Estero, l’azienda per i trasporti capitolina Atac, Radio 3 Fahrenheit e ALI – Associazione Librai Italiani. Contribuiscono inoltre: Sony, Ricoh, Ibs.it, Meta, Liberologico, Argentovivo, Informazioni editoriali, Promedia, Scripta, CSC Grafica.

 

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Passione vintage: il Salone del Libro Usato

Silvia Notarangelo
MILANO 
– I tempi non sono dei migliori e anche i numeri dell’editoria, purtroppo, lo confermano. Quasi il 10% in meno di titoli pubblicati, una flessione del 7,5% del numero di editori, un mercato che continua a scendere anche nel terzo trimestre del 2012. Difendere il libro e, con lui, l’intero settore editoriale, sta diventando una priorità imprescindibile. Buone notizie arrivano, per fortuna, da una recente ricerca condotta dalla New York University e della Carnagie Mellon University: la vendita di libri usati non solo non danneggia i nuovi testi in commercio, ma determina, indirettamente, una maggiore propensione alla lettura.

Un (buon) motivo in più per curiosare tra le oltre 500 bancarelle che, anche quest’anno, saranno protagoniste del Salone del Libro Usato. Da venerdì 7 a domenica 9 dicembre, presso Fieramilanocity, sarà possibile riscoprire il valore di testi rari e antichi, volumi pregiati, opere fuori commercio. Determinante e preziosa la collaborazione degli editori, chiamati a riproporre i propri tesori da collezione o quei tanti libri semplicemente dimenticati in un magazzino. Prime edizioni dei grandi classici, volumi autografati, gialli e paperback, fumetti introvabili, e ancora libri fotografici, stampe antiche e locandine cinematografiche: tutti potranno soddisfare i propri interessi.
Giunto alla sua ottava edizione, il Salone introduce quest’anno anche un’importante novità. Per la prima volta l’evento si apre all’intera città di Milano con una particolare quanto gradita iniziativa. Si chiama Libromaggio e prevede la distribuzione gratuita, nei giorni precedenti la manifestazione, di oltre 5000 libri reperibili presso stazioni, piazze, università. Un modo diverso, un omaggio speciale per ricordare l’appuntamento in Fiera e coinvolgere, così, un numero sempre più vasto di lettori.

Bere il territorio, concorso letterario nazionale di Go Wine

ALBA (Cn) – Torna Bere il territorio, il concorso letterario nazionale di Go Wine giunto alla XII edizione. Un’iniziativa culturale che si rinnova di anno in anno e che è rimasta sostanzialmente fedele all’idea che l’ha originata. L’invito a scrivere non prevede limiti di età e conduce a una sorta di ideale confronto tra generazioni, unite dal piacere di scrivere e di raccontare il rapporto con il vino e con il mondo che lo circonda, con un particolare riferimento al tessuto sociale e all’ambiente nel quale il vino viene prodotto.
L’attualità di Bere il territorio è strettamente legata alla principale finalità che l’associazione persegue: contribuire in modo concreto a far crescere la cultura del consumo dei vini di qualità, mirando ad un consumatore sempre più consapevole sia nelle scelte, sia nell’attribuire il giusto valore e significato ad una bottiglia di vino.  Il titolo del Concorso – “Bere il Territorio” – è a suo modo una provocazione: “Bere il Territorio” per attribuire un valore aggiunto a ciascun vino di qualità, e apprezzare, attraverso il calice, la cultura e l’ambiente in cui quel vino si afferma. “Bere il Territorio” per rafforzare un concetto che è alla base dell’associazione Go Wine e della sua attività. Storia, tradizioni, paesaggio e vicende culturali: sono diversi i fattori che distinguono il vino da una qualsiasi bevanda. “Bere il territorio” esprime un modo di guardare al consumo con un rinnovato gusto e con una maggiore consapevolezza che va trasmessa alle giovani generazioni.
Oltre alla sezione generale, sono previste due sezioni speciali: la prima dedicata agli istituti agrari italiani: il Bando prevede un tema specifico da svolgere, anche al fine di stimolare una partecipazione più attenta degli studenti. Nell’altra sezione studenti degli Istituti di Istruzione Secondari della Provincia di Cuneo sono chiamati a redigere un elaborato sul tema: “Il territorio: un valore o uno slogan?”
I testi dovranno pervenire entro il 15 febbraio 2013 presso la sede nazionale di Go Wine in Alba; la cerimonia di premiazione è prevista sabato 16 marzo 2013.Sostengono questa iniziativa la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e un Comitato di aziende vinicole italiane che contribuisce ad animare gli incontri che Go Wine promuove per divulgare il concorso.
I premi: 800 euro ciascuno per i due vincitori della sezione generale; 500 euro per il premio speciale riservato agli Istituti Agrari; 300 euro a ciascuno dei due vincitori della sezione riservata agli Istituti Secondari delle Provincia di Cuneo.
La Giuria: Giorgio Barberi Squarotti (Università di Torino), Gianluigi Beccaria (Università di Torino), Valter Boggione (Università di Torino), Bruno Quaranta (La Stampa-Tuttolibri), Massimo Corrado (Associazione Go Wine), Salvo Foti (Enologo).
Sostengono questa iniziativa la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e un Comitato di aziende vinicole italiane che contribuisce ad animare gli incontri che Go Wine promuove per divulgare il concorso.

Scarica QUI il bando.

Un libro e gli scaffali. L’editoria scolastica.

Alberto Gobetti
TIRANO –
Si accennava alle rese. I lettori sanno certamente che il mercato librario si fonda sulla possibilità di rendere al grossista o al distributore parte degli invenduti. Il senso di tale prassi è evidente: essa riduce il rischio magazzino, ne ottimizza il giro e contiene l’esposizione finanziaria delle librerie. Per i libri scolastici questo sistema non funziona. O, meglio, funziona in modo assurdo. Si consideri, ad esempio, che le case pretendano la resa degli eserciziari scolastici estivi entro il 15 giugno – a due giorni dalla fine della scuola, cioè ancor prima che la maggioranza di loro li abbiano prenotati! E si consideri che per i libri scolastici, la data tassativa di resa è fissata entro e non oltre la settimana successiva all’inizio della scuola (quando il 30/40% dei libri deve ancora venir consegnato). Infine, le rese non vengono accreditate in un tanto da spendere per l’acquisto di altri libri, magari sulla stagione successiva, bensì in un certo numero di – spesso invendibili – vocabolari, dizionari, o testi tecnici dal valore di mercato assai aleatorio (il che fra l’altro spiega come mai le grosse librerie scolastiche, tipo Libraccio, o le librarie online, offrano alla loro clientela sconti del 30 e fino del 50% sull’acquisto di questi strumenti di supporto).
Ma il non senso più rilevante si sconta altrove, nel fatto che la gran maggioranza dei distributori chiude i battenti per ferie dalla seconda e fino a tutta la quarta settimana di agosto! E’ probabile che parte di questo lungo periodo serva alle case editrici per recepire gli ordini, lavorarli ed organizzare al meglio la distribuzione della merce fra le varie sedi dei loro magazzini regionali. Eppur tuttavia tale pratica di chiusura prolungata contribuisce ad ingolfare, ed in maniera sensibile, la consegna ai consumatori finali, che viene costretta nei ristrettissimi tempi compresi fra la fine di agosto e giorni di inizio della scuola. Inoltre, essa non è in grado di evitare – anzi, semmai aggrava – i ritardi di consegna dei libri. Nella mia zona, ad esempio, Zanichelli non ha ancora completato la consegna di quasi la metà dei testi in ordinativo (siamo al 2 ottobre). Non sono in grado di dire quale ne sia la cagione; va però osservato che le case editrici scolastiche proporzionano la tiratura dei testi alle adozioni segnalate dai loro promotori, preventivandone comunque un quantitativo più basso della prevista necessità – e ciò allo scopo di evitare invenduti. Ristampe suppletive soccorrono dunque al bisogno, ma non possono impedire la formazione dei ritardi che, se non sono troppo malviste dagli studenti, fanno però molto arrabbiare le loro madri.