“Tramonti d’Occidente”: il romanzo d’esordio di Emilia Blanchetti

Alessia Sità

ROMA – “ Ci sono luoghi dove dovresti essere. Le responsabilità, i doveri, il tuo posto nel mondo, la voglia di fuggire e di lasciarsi tutto alle spalle, la voglia di sparire, la certezza che può cambiare le cose, il bisogno di espandersi nel cosmo e di fondersi con un sentire più vasto. E poi c’è casa tua: il posto che ti sta stretto, che ti soffoca a volte, che ti stritola, privo di slanci selvaggi e di eroiche planate, pieno di ordinarie insidie.
Quante volte sentiamo il bisogno di evadere, di alienarci da tutto e tutti? Quante volte ci sentiamo insoddisfatti? Non dimentichiamo però che “la vita è un semplice e tumultuoso susseguirsi di episodi minori. A volte si può ripartire […] a volte invece è troppo tardi.
Nel suo romanzo d’esordio,“Tramonti d’occidente”, pubblicato da Autodafè Edizioni, Emilia Blanchetti spinge a riflettere sulle imprevedibili dinamiche dell’animo umano e su come la vita sia molto spesso una corsa disperata contro il tempo. Improvvisamente, tutto può cambiare. La sensazione di essere prigionieri di responsabilità, ambizioni e potere svanisce non appena sopraggiunge la consapevolezza di aver perduto qualcosa di terribilmente importante.
Claudio conduce apparentemente una vita tranquilla: è sposato con Daria, dalla quale ha avuto una figlia, ed è un professionista stimato e brillante. Spesso però, le apparenze ingannano. Dietro la maschera di uomo colto e affermato si nasconde un’anima logorata da un terribile segreto. Improvvisamente, tutte le sue certezze, consolidate faticosamente nel tempo, crollano sotto il peso massiccio di pensieri e sensi di colpa. Il rimorso per aver commesso qualcosa di abominevole spinge l’uomo a intraprendere un viaggio non solo fisico, ma soprattutto spirituale. Un viaggio alla ricerca della propria identità smarrita. Fra drammi e tradimenti, la vicenda di Claudio si inserisce in una storia drammaticamente corale. Sullo sfondo di tre città, Roma, Torino e Milano, le vulnerabili esistenze di Daria, Nina, Angela, Alberto, Manu, Nichi, Amina, sono destinate a incontrarsi e intrecciarsi. Gradualmente, ogni personaggio prende coscienza di essere vittima di qualcosa di incontrollabile e di terribilmente ‘umano’. Il lettore assiste impotente a un susseguirsi di tragici eventi destinati a mutare irreversibilmente le vite dei singoli protagonisti.
Con una scrittura lineare e dettagliata, Emilia Blanchetti riesce a fare emergere il senso di inquietudine e di smarrimento che accomuna ogni singolo personaggio. Fra violenze sessuali, terrorismo, vari abbandoni, l’incapacità di guardare avanti e di costruire un futuro diventa il dramma collettivo di un’umanità vittima di se stessa.

“I 10 Libri per San Valentino”: letture da amare

 

Alessia Sità
ROMA – Non è mia abitudine attribuire molta importanza alla festa di San Valentino. Vorrei, comunque, cogliere l’occasione per segnalare qualche piacevole e romantica lettura da fare o regalare per questa particolare ricorrenza. E chissà che l’amore non possa sbocciare anche da un romanzo o da un semplice verso di poesia …
Buona lettura

1) Stieg e Io di Eva Gabrielsson, Marsilio
2) Tutto per amore o quasi di Emily Griffin, Piemme
3) Ho il tuo numero di Sophie Kinsella, Mondadori
4) Innamorarsi a Manhattan di Kate Parker, Leggereditore
5) Un regalo da Tiffany di Hill Melissa, Newton Compton
6) Cento Sonetti d’Amore di Pablo Neruda, Passigli
7) Delirio Amoroso di Alda Merini, Sperling & Kupfer
8 )Poesie d’amore di Emily Dickinson, Bompiani
9) Poesie d’amore e libertà di Jacques Prévert, Guanda
10) Poesie d’amore di Rabindranath Tagore, Newton Compton

“L’enigma della pietra”: l’intrigante romanzo di Maurizio Agostini

Alessia Sità
ROMA – “Aelia Laelia Crispis/né uomo ne donna, né androgino / né bambina, né giovane, né vecchia / né casta, né meretrice, né pudica /ma tutto questo insieme. / Uccisa né dalla fame, né dal ferro, né dal veleno, / ma da tutte queste cose insieme. / Né in cielo, né nell’acqua, né in terra, / ma ovunque giace, / Lucio Agatho Priscius / né marito, né amante, né parente, / né triste, né lieto, né piangente, / questa / né mole, né piramide, né sepoltura, / ma tutto questo insieme / sa e non sa a chi è dedicato”.
Un intrigante mistero legato a un’antica iscrizione latina, probabilmente del XVI secolo, fa da sfondo a “Aelia Laelia Crispis. L’enigma della pietra”, il nuovo romanzo di Maurizio Agostini pubblicato dalle Edizioni Pendragon.

La  tranquilla vita di Marcello viene scombinata dalla misteriosa morte dell’amico Piero.L’improvvisa tragedia spinge l’uomo a fare chiarezza sulla strana vicenda che, sorprendentemente, sembra essere collegata alla falsa iscrizione funeraria della Pietra di Bologna. Ad alimentare i sospetti sulla morte di Piero contribuiscono anche una serie di mail datate simbolicamente venerdì 13 ottobre 2007, e alcuni doni apparentemente casuali. Il desiderio di scoprire cosa si nasconda dietro tutta questa strana vicenda, spinge Marcello a coinvolgere anche l’affascinante e sagace Francesca. La loro determinazione e il loro desiderio di verità li porterà fino ad Edimburgo; ed è proprio nella bellissima città, sede di un importante esperimento genetico, che l’indagine giunge finalmente ad una svolta importante e decisiva.
Con grande capacità narrativa, Maurizio Agostini ci riporta indietro nel tempo, alla scoperta di uno dei misteri più noti della Bologna esoterica, facendoci rivivere i segreti dei Templari e, al contempo, scoprire i misteri dell’Ordine dei frati Gaudenti.
Con uno stile brillante e lineare, l’autore ci regala un romanzo-verità sull’intrigante mistero di Aelia Laelia Crispis, un ‘giallo’ che da secoli è al centro delle divergenti interpretazioni degli studiosi e che ancora oggi suscita la curiosità di molti studenti.

“Eurodeliri” targati Giorgio Forattini

Stefano Billi

Roma – Ogni anno porta con se nuovi appuntamenti, nuovi eventi, ma anche belle tradizioni che si ripetono da tempo e che vale la pena possano ripetersi ancora per molto.

Ad esempio, i libri di Giorgio Forattini sono un piacevolissimo appuntamento letterario che gli amanti della satira, e non solo, non possono proprio perdere.

Perciò, “Eurodeliri” – uscito da poco in tutte le librerie per le edizioni Mondadori – firmato appunto da Giorgio Forattini, è un condensato di umorismo, simpatia e arte che non ci si può davvero lasciar scappare.

Tra le pagine del libro, infatti, spiccano numerosissime tavole che aiutano a far sorridere sugli eventi allegri e tristi della storia recentissima di questo stivale nostrano, sempre più avvolto dal gelo e dalla crisi.

La matita del mirabolante vignettista disegna così le facce di quei personaggi che caratterizzano l’attualità e proprio attraverso il tratto inconfondibile dell’artista romano prendono vita caricature capaci di raccontare più di ogni altro editoriale da carta stampata.

Insomma, Forattini è un narratore d’Italia, fotografo puntuale e raffinato di ciò che accade e del perché accade.

In fin dei conti, satira vuol dire ironizzare e polemizzare con astuzia sottile, perché forse è tra un sorriso a pieni denti che trovano spazio le verità più sincere.

Sicuramente “Eurodeliri”, col suo sguardo spiritoso sulla politica e sui fatti quotidiani, sarà una deliziosa lettura per tutte le età, da gustare ripetutamente per la sua freschezza e vivacità.

Lunga vita alle vignette!

I viaggiatori viaggianti che trovano a “Marrakech” il loro altrove

Giulio Gasperini
ROMA – Esther Freud
ha un cognome pesante, gravido di responsabilità: figlia del pittore Lucian Freud e pronipote del grande Sigmund, intraprese un percorso d’arte dissimile a quello dei membri del suo albero genealogico, ma non per questo meno ficcante e utile. Il suo romanzo “Marrakech” (che, nell’originale, si intitola “Hideous Kinky”, due termini ovvero intraducibili in italiano senza perdere completamente il loro sapido significato di ‘orrendo perverso’), edito dalla Voland nel 2011, in una collana – Amazzoni – riservata alle femminili “stelle guerriere”, traccia un percorso di crescita che concretamente si configura come un percorrere sentieri e impolverarsi i piedi.
Cosa c’è, infatti, di più utile e migliore che camminare davvero sulle strade del mondo? Che essere viaggiatori viaggianti alla ricerca di una nuova curva di orizzonte? Il romanzo della Freud è geometricamente perfetto: comincia all’approdo in Marocco di uno sconclusionato manipolo di personaggi e finisce sui movimenti della loro partenza. Come sempre accade, è un congedo che non è mai un addio, perché le scoperte e le ricchezze dell’esplorato nuovo mondo rimangono aggrappate alle anime dei viaggiatori: loro stessi ne fanno tesoro e impastano al proprio sé tutti i dettagli di quella che sarà un’evoluzione del proprio intimo.
La genialità del romanzo della Freud sta nel presentare la vicenda con un’attenzione spasmodica alla descrizione dell’evento, del gesto, dell’atto. Il romanzo è comparabile con un vero e proprio rosario di situazioni descritte nel loro svolgimento, senza concentrarsi troppo – o troppo manifestamente – sull’analisi chirurgica dell’interiorità. I pensieri, i tremori, gli entusiasmi, l’inevitabile crescita che ogni personaggio edifica sullo sfondo esotico della kasba quasi mistica o del suq affollato e straripante di oggetti e persone son tutti presentati al lettore in sottrazione, mai in aggiunta: una serie, ovvero, di fotogrammi in sequenza, allacciati tra di loro, che completano un affresco di inaudita potenza narrativa e descrittiva.
Brulica, il romanzo, di personaggi, di volti, di nomi e di facce. Di sorrisi e di lacrime. Di insetti e di carezze. Ma soprattutto di piedi, tutti impolverati e pesanti di viaggio. Camminano tutti, in questo romanzo, anche chi pare arrendersi e non voler più proseguire; anche chi pare perdersi o volontariamente latitare; anche chi pare fuggire e poi tornare. La mèta è sempre quella che ci poniamo noi, senza nessuna pretesa di esser la più giusta o l’unica corretta. Esther Freud pare proprio voler dirci questo: qualsiasi altro nostro altrove è giusto, se lo decidiamo noi (per noi). Basta soltanto che, nel futuro (prossimo o anteriore) non recriminiamo.

I 10 Libri più venduti della settimana… non abbiamo detto i più belli!

1. Il diavolo certamente di Andrea Camilleri (Mondadori), 10,oo euro

2. La carta più alta di Marco Malvaldi (Sellerio), 13,00 euro

3. Amore, zucchero e cannella di Amy Bratley (Newton Compton), 9,90 euro

4. Nebbia rossa di Patricia Cornwell (Mondadori), 20,oo euro

5. Le prime luci del mattino di Fabio Volo (Mondadori), 19,oo euro

6. I menù di Benedetta di Benedetta Parodi (Rizzoli), 15, 90 euro

7. La dieta Dukan di Pierre Dukan (Sperling&Kupfer), 16,oo euro

8. Grazie no di Giorgio Bocca (Feltrinelli), 10,oo euro

9. Il meglio di me di Nicholas Sparks (Frassinelli), 20,oo

10. L’educazione delle fanciulle di Luciana Littizzetto e Franca Valeri (Einaudi), 10,oo

*Dati: Corriere della Sera – Immagine: Panorama

“Romeo e Giulietta” dal 30 gennaio 1595 al 30 gennaio 2012, la storia d’amore senza tempo

Alessia Sità
ROMA – “Il suo unico  pensiero era scoprire chi fosse quella bellezza che insegnava al fuoco come risplendere, chi fosse quella gemma che pendeva sulla guancia della notte come un orecchino prezioso. Una bellezza troppo preziosa per questa terra. Era come una bianca colomba in mezzo a un branco di corvi: sì, così si mostrava quella giovane donna in mezzo alle sue coetanee, nel suo vestito bianco e alato.”
La tragedia dei due sfortunati amanti veronesi,  resa immortale dal grande dramma di William Shakespeare, ritorna il libreria con “Romeo e Giulietta. Adattato in prosa per tutti” di Davide Orsini edito da Fermento.
Nella bella Verona del XIV secolo, si consuma la toccante vicenda dei due adolescenti innamorati che, per un “disegno beffardo della vita”, decidono di porre fine alla propria esistenza, seppellendo così definitivamente l’odio lacerante che divide le rispettive famiglie: Montecchi e Capuleti.
L’intramontabile capolavoro shakespeariano, messo in scena  per la prima volta il 30 gennaio 1595 dalla compagnia Lord Chamberlain’s Man, ha fornito nel tempo il pretesto per numerosi libretti, balletti, musical, fino alle svariate trasposizioni cinematografiche e teatrali. Tra queste la versione diretta nel 2004 dallo stesso Orsini, intitolata “Verona – non giurare sulla luna”. Con grande maestria e straordinaria sensibilità, l’autore ci regala un vero e proprio romanzo in cui i sentimenti sono al centro dell’intreccio. Pagina dopo pagina, il lettore assiste a eclatanti scene di duelli, vite che si incrociano, fugaci sospiri amorosi e drammi familiari …
Dalla suggestiva descrizione del primo incontro fra Romeo e Giulietta al galeotto ballo di casa Capuleti, fino alla tragica e struggente morte dei due, si ha come la sensazione di percepire  e condividere ogni emozione e ogni turbamento che accompagna i due giovani all’epilogo del loro travagliato amore.
A 417 anni esatti dalla prima messa in scena, Orsini ha il merito di aver saputo narrare in prosa moderna e accessibile a qualsiasi lettore la passione che lega i due amanti, riuscendo a penetrare nel cuore e nella mente di ogni singolo personaggio.

L’intervista di ChronicaLibri a Marco Santochi, autore di “Rinascere per caso”

Alessia Sità

ROMA – Ho sempre pensato che i libri che riescono a lasciarti qualcosa dentro, anche a distanza di tempo, sono veramente pochi. Le letture che non si dimenticano, sono quelle che entrano nel profondo dell’anima e che una volta terminate lasciano una strana sensazione, paragonabile quasi al vuoto. A me è successo con “Rinascere per caso”, l’ultimo lavoro di Marco Santochi pubblicato da Felici editore. Un romanzo imprevedibile fino all’ultima pagina e illuminate su molti aspetti sociali e industriali legati all’ecologia.
Per saperne di più, ChronicaLibri ha intervistato il docente universitario di Tecnologie e sistemi di lavorazione, che ci racconta come la sua attività di ricerca scientifica si sia intrecciata a quella di scrittore.

Cosa ha ispirato il suo romanzo “Rinascere per caso”?
L’attività di ricerca scientifica che ho svolto nel campo del riciclaggio dei prodotti di consumo giunti al termine del loro ciclo di vita è stata la prima fonte di ispirazione: credo che in alcune pagine di descrizione tecnica, indispensabile per far entrare il lettore nella tematica, questa origine si percepisca. C’è stata anche la voglia di divulgare, di far conoscere ai non addetti ai lavori che cosa accade al nostro computer o cellulare, quando si getta via: certamente una mia deformazione professionale.
L’altra fonte d’ispirazione sono state le immagini, facilmente reperibili in rete e che hanno fatto il giro del mondo, di discariche a cielo aperto di prodotti elettronici in paesi orientali o africani: una varia umanità, molti bambini, che rovista in cumuli di spazzatura elettronica (e-waste), alla ricerca di qualcosa di ancora sfruttabile o riciclabile con metodi certamente pericolosi per loro e per l’ambiente circostante: immagini crude, inaccettabili ai nostri giorni.

Tecnologia e consumo, un binomio ormai inscindibile. Leggendo il suo libro si è portati a fare, inevitabilmente, una profonda e attenta riflessione sull’ambiente e sull’ecologia. Esiste, secondo lei, una vera coscienza sociale a riguardo?
La coscienza sociale su ambiente ed ecologia sta aumentando e sono certo che le nuove generazioni ne saranno dotate in misura maggiore. Siamo in piena Green Economy, secondo alcuni la terza rivoluzione industriale. I media insistono molto sull’aspetto “verde” di prodotti, servizi, abitudini, stili di vita. Le aziende sanno che oggi un prodotto di largo consumo si vende bene solo se rende il consumatore partecipe alla lotta contro l’inquinamento e lo spreco di risorse naturali e lo fa sentire meno responsabile del degrado ambientale. Fino a 10 anni fa, chi acquistava un’auto preoccupandosi dell’emissione di CO2? Oggi questo è un dato tecnico presente in qualunque pubblicità di nuovi modelli. Inoltre un prodotto o servizio “verde” oggi fa tendenza.
Da considerare anche la legislazione europea e degli stati membri, che prevede già obblighi e limitazioni che riguardano il consumatore: per fare qualche esempio ben noto, la raccolta differenziata, la necessità di rivolgersi alle isole ecologiche per certi tipi di rifiuti,  la chiusura dei centri storici al traffico. Il cittadino di oggi non può non essere coinvolto.
Una forte coscienza sociale deriva comunque da una conoscenza dei problemi, è un fatto culturale. Se da un lato i media da vari anni fanno bene la loro parte, una vera e diffusa coscienza sociale è ottenibile solo con l’educazione scolastica fin dalle prime classi. Per questo credo che i programmi di insegnamento anche nei primi cicli scolastici debbano prevedere lo studio di questi temi: si tratta di preparare i futuri cittadini e consumatori. In alcune pagine del libro ho toccato questo aspetto pedagogico.

Qual è il messaggio che vuole dare con “Rinascere per caso”?
Rispondere che il messaggio dato è l’importanza dell’ecologia, del corretto smaltimento dei rifiuti elettronici, della lotta ai metodi illegali di gestione di questi rifiuti sarebbe banale e riduttivo oltre che poco invitante per un lettore di romanzi. Direi invece che alcuni prodotti da noi usati quotidianamente, come il computer e il cellulare, sono contenitori di nostre idee, sensazioni, piccoli segreti: dati che crediamo gelosamente custoditi in questi prodotti. Con questi strumenti hi-tech si crea un connubio che non si distrugge facilmente quando li gettiamo via perché vecchi o non funzionanti: essi conservano sempre una parte, spesso importante, della nostra vita. Rinascere per caso si basa proprio sul fatto che un cellulare viene gettato via senza togliere la SIM e i messaggi registrati. Quando viene trovato, esso provoca imprevedibili cambiamenti di vita per le due protagoniste. Effetto casuale, ma possibile, delle informazioni che contiene!

Ha già in programma qualche nuovo libro?
Sto pensando a un libro su alcuni effetti perversi della globalizzazione, in continuità con il mio primo romanzo Vittime globali. In particolare sulla concorrenza tra i lavoratori del mondo industrializzato occidentale e quelli dei paesi emergenti: spesso una lotta tra poveri che fa perdere il lavoro ai primi e fa lavorare in condizioni stressanti e inaccettabili i secondi. Mi piace indagare sulle conseguenze sociali e umane delle scelte tecnico industriali, magari spingendo alcune situazioni ai limiti estremi. Spero di riuscire a portare a termine questa mia terza fatica, ma soprattutto di interessare i miei lettori.

Tre aggettivi per definire “Rinascere per caso”.
Avvincente. Non un thriller come il primo, ma comunque un intreccio di due storie parallele di cui si capisce il legame solo nelle ultime pagine. Un finale difficilmente prevedibile, a detta di alcuni lettori.
Eco-globale. L’ecologia è il tema dominante. La necessità di affrontare le problematiche ambientali, in questo caso il problema dei rifiuti elettronici, in ottica globale è una seconda chiave di lettura.
Sentimentale. Uno dei mie primi lettori lo ha considerato una storia d’amore: non mi aspettavo questo giudizio. In effetti ciò che spinge una delle due protagoniste verso la ricerca caparbia del cellulare è l’amore per il marito da poco deceduto.

 

“Cronache da un mondo (im)possibile”, la costruzione di una coscienza di vita

recensione chronicalibri cronache da un mondo (im)possibile_frank solitarioGiulia Siena
ROMA “Sta di fatto che molti capolavori della Letteratura, ma anche dei libri insignificanti o addirittura disgustosi, cominciano così – Tac! – senza nemmeno un preavviso.” Lui è Frank Solitario ma non chiedetegli il suo vero nome. Lui è l’autore di “Cronache da un mondo (im)possibile“, il volume che tra qualche giorno sarà in libreria pubblicato dalle Edizioni Il Foglio Letterario.

Dopo la raccolta di racconti “Storie ai minimi termini”, Frank Solitario torna sulla scena letteraria italiana con “Cronache da un mondo (im)possibile”, racconti che si intrecciano a formare un romanzo. Per questo lavoro Frank ha voluto accanto Veruska Armonioso, editor e scrittrice che ha curato – da cultrice della parola – la revisione del libro.
I protagonisti sono tanti e dalle caratteristiche più disparate; essi si dispongono in una immaginaria palazzina fatta di venti stanze divise per piani. L’ultimo piano è quello della solitudine: c’è uno scrittore che non riesce a esprimersi con verbi al presente o al futuro, il barbone, l’anziano principe, dei manichini, il ladro, lo scrittore poi qualcuno, un altro e nessuno. Tutti però – in momenti diversi della vita – si accorgono della propria esistenza come svegliandosi da un momentaneo assopimento. Si scoprono stanchi, distratti, innamorati o delusi, si ritrovano vecchi senza aver vissuto alcuna giovinezza. Il mondo (im)possibile disegnato da Frank Solitario ha le fondamenta nella realtà e le mura costituite dai mattoni delle scelte di ognuno, semplici o esagerate fino all’eccesso. La scrittura visiva e attenta dell’autore completa e cementifica la costruzione di un mondo (im)possibile.

“Non riesce a compiacersene del tutto. Ma la battaglia è vinta. Ancora. Il sole aveva attraversato, per un tempo ingiustificato o solo per pochi secondi, tutte quelle venti stanze.”

“Morti per la giustizia”: un libro per crescere.

Stefano Billi
ROMA – Il tempo passa in fretta e si fa presto a dimenticare quegli avvenimenti che hanno caratterizzato la storia di un popolo, di una nazione. Soprattutto, ci si scorda di chi, quegli eventi, li ha vissuti sulla pelle, da protagonista, portandone ancora i segni e le cicatrici. Eppure, la coscienza di tutti dovrebbe essere attenta a non far cadere alcuni fatti nell’oblio, anche perché solo così ci si può preservare dal rischio che si ripetano certi errori già commessi nel passato.

Allora, vale davvero la pena leggere “Morti per la giustizia” un libro edito da Baldini Castoldi Dalai dove si unisce il dettato costituzionale alle storie drammatiche di undici uomini e donne che hanno perso la vita negli anni più bui della Repubblica, quelli tra il 1969 e il 1982.
Frutto di un incontro pubblico organizzato dalla Fondazione Roberto Franceschi Onlus, questo testo introdotto da Michele Serra racconta di Giorgio Ambrosoli, Giovanni Arnoldi, Giulietta Bazoli, Luigi Calabresi, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Roberto Franceschi, Guido Galli, Fausto Tinelli, Lorenzo Iannucci, Giuseppe Pinelli, Walter Tobagi. E ne racconta attraverso la voce di coloro che, questi personaggi travolti dal sangue stragista, li hanno conosciuti e amati, come fratelli, genitori, figli, amici. Voci che, tra le pagine, si trasformano da testimonianza dell’essere vittime della violenza politica e criminale, in dimostrazione insigne di impegno pubblico, fondato ed ispirato sulla carta costituzionale, quale passaggio imprescindibile per una costante costruzione della democrazia. La cosa straordinaria di questi scritti, perciò, è rendersi conto di come chi ha subito sofferenze personali atroci e devastanti, abbia ancora la forza di mettersi in gioco per il bene del paese, coscienti che quel dolore può divenire la base per la costruzione di un futuro diverso, sicuramente migliore, grazie al loro impegno. Citando le fulgide parole di Benedetta Tobagi, “trasformare violenza, abusi e sofferenze in materia che possa essere vitale”. Ancor più eccezionale, poi, è l’idea di fondare ogni intervento di quell’incontro su singoli articoli della Costituzione, senza trasformare l’iniziativa in una sterile esegesi della grundnorm italiana, ma piuttosto muovendo dalla comune presa di coscienza che per affrontare tempi di crisi profonda, bisogna avere dei fari che rischiarano l’oscurità. Senz’altro la Costituzione, nei suoi lungimiranti “versi”, offre i valori fondanti dell’Italia, di quella comunità che va da nord a sud e che è accomunata dal medesimo amor patrio.

Un vecchio professore universitario di diritto privato era solito consigliare ai suoi studenti di lasciare una copia della Costituzione Italiana vicino al cuscino, quasi a voler proteggere il sonno, pronta per essere letta e per destar conforto di fronte a qualunque incubo.

Leggendo “Morti per la democrazia” si comprende benissimo che traguardo impareggiabile sia quella norma del 1948, e quanto ancora possa aiutare il bel paese a diventare bello davvero.