Diventare un mito, seguendo i dieci consigli di Michele Monina

recensione chronicalibri laurana editore moninaStefano Billi
ROMA – Dieci solitamente è un numero adatto alle classifiche, alle valutazioni. “Da zero a dieci”, e tutto può essere ponderato utilizzando questa forbice.

Ma dieci è anche il numero dei consigli, in particolar modo quelli che Michele Monina propone ai lettori per raggiungere il successo, col suo nuovo libro “10 modi per diventare un mito (e fare un sacco di soldi)”, pubblicato da Laurana Editore.

Perché per diventare ricchi e famosi, per arrivare alla celebrità, ci sono alcuni “passaggi obbligati” da percorrere: ad esempio, scegliersi un nome memorabile, oppure essere designati come giudici di un reality show, fino poi a sfornare una hit musicale che penetri irreversibilmente nelle orecchie di chi l’ascolta.

Così, in maniera divertente, Michele Monina tratteggia dieci tattiche per trasformarsi in miti di prim’ordine, riempirsi di denaro, essere osannati dalle folle e spopolare in tv.

Il periodare giovanile e assolutamente colloquiale rende poi il testo largamente fruibile, pratico da leggere e quasi scomponibile, a mo’ di vademecum sulla celebrità.

Il taglio scanzonato delle pagine non deve comunque distrarre dall’acume dell’autore nel presentare i modi che oggi sono in gran parte efficaci per diventare un mito.

Michele Monina descrive sotto forma di suggerimenti quelle strategie e quelle tattiche che gli artisti e le star maggiormente in voga hanno sfruttato per accaparrarsi la cresta dell’onda.

Dunque, ad una lettura attenta di “10 modi per diventare un mito (e fare un sacco di soldi)”, si può anche capire come funzioni la società contemporanea, quali siano i suoi valori. Si può poi comprendere come, talvolta, il talento possa rivestire un ruolo di secondo piano, perché in fin dei conti ciò che importa è apparire. Perciò, non c’è da stupirsi se, anziché lo studio e l’abnegazione, sia piuttosto l’eccentricità – a volte tendente perfino al ridicolo, all’inopportuno e magari al volgare – il grimaldello che permetta alle giovani leve, aspiranti protagonisti del mondo, di farsi strada nella lunga e faticosa via per diventare qualcuno.

In riferimento al mood frizzante del libro, merita una menzione anche la prefazione di Gianni Biondillo, sarcastica, irriverente, ma forse in fondo vera nei suoi luoghi comuni sul successo e sul chi fa successo.

Perciò, se sognate la fama, se ambite alla celebrità, se vi immaginate come i protagonisti assoluti del domani,  i “10 modi per diventare un mito (e fare un sacco di soldi)” di Michele Monina possono rappresentare il giusto inizio dell’impresa.

Lo shopping, la nuova frontiera della meditazione

Marianna Abbate
ROMA “Meditazioni sullo shopping” è questo il titolo allettante del libricino rosa edito da Mimesis, che vedete nella foto. Ma se sperate in una storia di amore e shopping alla Kinsella, avete sbagliato copertina. Questa è roba seria: si tratta di Filosofia. La maiuscola nella parola filosofia è voluta, perché non vi sto parlando di filosofia come stile di vita, ma di quella scienza che ha visto sviluppare la teoria della maieutica e ucciso Socrate con un bicchierino di cicuta. Orbene, vi direte, nulla di strano. Qualche donna fashion si è dedicata allo studio degli antichi filosofi e trovando l’argomento un po’ superato ha pensato bene di dedicarsi ad un argomento più allegro producendosi in un’analisi sociologica dell’acquisto compulsivo. Niente di più sbagliato.

L’autore è un UOMO!, un filosofo di nome Seiffart Achim, che approccia l’argomento da profano. Achim si è trovato incuriosito dall’argomento osservando la sua assistente, una ragazza che ritiene essere molto intelligente. La suddetta, della quale per onore alla privacy non sappiamo nulla, indossa abitualmente un abbigliamento elegante che il filosofo ha valutato circa 3000 euro, di cui un migliaio solo per la borsa, esclusi gioielli. La domanda nata spontaneamente nella testa di questo filosofo, che ci piace immaginare un po’ sgangherato e sgualcito, è stata: perché questa ragazza spende tutto questo denaro in abbigliamento, se non ha bisogno di affermarsi socialmente in quanto ha già un ruolo importante dovuto al suo lavoro?

Oh innocenza della filosofia! E’ evidente che Achim non abbia mai provato il bisogno di fare una buona prima impressione, o che non ha mai pensato che i capelli unti sono il peggior biglietto da visita.

Se volete scoprire quale sia la teoria finale, vi invito alla divertente lettura del suo libello. Ma non posso esimermi dal condividere con voi la mia personale teoria sulla scienza dello shopping.

Ecco, chiunque mi conosca un pochino, sa che amo fare acquisti. E sa anche quale è la mia personale opinione sull’intelligenza. Se sei un genio, non è necessario che sottolinei la tua “nerdaggine” con un abbigliamento trasandato e occhiali spessi un dito. Anzi, la mancata cura del tuo aspetto è sintomo di una mancata intelligenza sociale. Un aspetto curato ed elegante aumenta esponenzialmente il valore delle tue parole.

Per questo sconsiglio vivamente di mangiucchiarsi le unghie e indossare sacchi di iuta: nerd correte a a fare shopping, con il beneplacito della filosofia.


“L’enigma della pietra”: l’intrigante romanzo di Maurizio Agostini

Alessia Sità
ROMA – “Aelia Laelia Crispis/né uomo ne donna, né androgino / né bambina, né giovane, né vecchia / né casta, né meretrice, né pudica /ma tutto questo insieme. / Uccisa né dalla fame, né dal ferro, né dal veleno, / ma da tutte queste cose insieme. / Né in cielo, né nell’acqua, né in terra, / ma ovunque giace, / Lucio Agatho Priscius / né marito, né amante, né parente, / né triste, né lieto, né piangente, / questa / né mole, né piramide, né sepoltura, / ma tutto questo insieme / sa e non sa a chi è dedicato”.
Un intrigante mistero legato a un’antica iscrizione latina, probabilmente del XVI secolo, fa da sfondo a “Aelia Laelia Crispis. L’enigma della pietra”, il nuovo romanzo di Maurizio Agostini pubblicato dalle Edizioni Pendragon.

La  tranquilla vita di Marcello viene scombinata dalla misteriosa morte dell’amico Piero.L’improvvisa tragedia spinge l’uomo a fare chiarezza sulla strana vicenda che, sorprendentemente, sembra essere collegata alla falsa iscrizione funeraria della Pietra di Bologna. Ad alimentare i sospetti sulla morte di Piero contribuiscono anche una serie di mail datate simbolicamente venerdì 13 ottobre 2007, e alcuni doni apparentemente casuali. Il desiderio di scoprire cosa si nasconda dietro tutta questa strana vicenda, spinge Marcello a coinvolgere anche l’affascinante e sagace Francesca. La loro determinazione e il loro desiderio di verità li porterà fino ad Edimburgo; ed è proprio nella bellissima città, sede di un importante esperimento genetico, che l’indagine giunge finalmente ad una svolta importante e decisiva.
Con grande capacità narrativa, Maurizio Agostini ci riporta indietro nel tempo, alla scoperta di uno dei misteri più noti della Bologna esoterica, facendoci rivivere i segreti dei Templari e, al contempo, scoprire i misteri dell’Ordine dei frati Gaudenti.
Con uno stile brillante e lineare, l’autore ci regala un romanzo-verità sull’intrigante mistero di Aelia Laelia Crispis, un ‘giallo’ che da secoli è al centro delle divergenti interpretazioni degli studiosi e che ancora oggi suscita la curiosità di molti studenti.

“Eurodeliri” targati Giorgio Forattini

Stefano Billi

Roma – Ogni anno porta con se nuovi appuntamenti, nuovi eventi, ma anche belle tradizioni che si ripetono da tempo e che vale la pena possano ripetersi ancora per molto.

Ad esempio, i libri di Giorgio Forattini sono un piacevolissimo appuntamento letterario che gli amanti della satira, e non solo, non possono proprio perdere.

Perciò, “Eurodeliri” – uscito da poco in tutte le librerie per le edizioni Mondadori – firmato appunto da Giorgio Forattini, è un condensato di umorismo, simpatia e arte che non ci si può davvero lasciar scappare.

Tra le pagine del libro, infatti, spiccano numerosissime tavole che aiutano a far sorridere sugli eventi allegri e tristi della storia recentissima di questo stivale nostrano, sempre più avvolto dal gelo e dalla crisi.

La matita del mirabolante vignettista disegna così le facce di quei personaggi che caratterizzano l’attualità e proprio attraverso il tratto inconfondibile dell’artista romano prendono vita caricature capaci di raccontare più di ogni altro editoriale da carta stampata.

Insomma, Forattini è un narratore d’Italia, fotografo puntuale e raffinato di ciò che accade e del perché accade.

In fin dei conti, satira vuol dire ironizzare e polemizzare con astuzia sottile, perché forse è tra un sorriso a pieni denti che trovano spazio le verità più sincere.

Sicuramente “Eurodeliri”, col suo sguardo spiritoso sulla politica e sui fatti quotidiani, sarà una deliziosa lettura per tutte le età, da gustare ripetutamente per la sua freschezza e vivacità.

Lunga vita alle vignette!

“Al di là della natura”, l’uomo è l’animale che dimentica di essere animale

Silvia Notarangelo
ROMA – L’uomo è “l’animale che dimentica di essere animale”. Questa la tesi attorno alla quale ruota “Al di là della natura”, il bel saggio scritto da Marco Maurizi e recentemente pubblicato da Novalogos. Antispecismo, movimento animalista, Marx ed Engels, scuola di Francoforte: sono questi alcuni degli argomenti oggetto dell’accurata analisi dell’autore.
All’uomo non può essere tutto concesso. L’antispecismo ne è convinto. Non si tratta, però, di una condanna incondizionata della civiltà e della cultura. Più semplicemente, bisogna lavorare per una riconciliazione con il mondo naturale che non significa “tornare indietro”, ma stabilire un nuovo corso nei rapporti tra le specie.
Come immaginare, però, una società affrancata dalla violenza sugli animali che non abbia prima eliminato la violenza dell’uomo sull’uomo? Con questo interrogativo Maurizi introduce il movimento per i diritti degli animali, un movimento cui vengono contestate una sopravvalutazione dell’etica e dell’azione individuale, nonché la convinzione di costituire una società più giusta mediante un riconoscimento legislativo. Affinché ci sia, però, una vera liberazione animale occorre andare oltre.
L’indignazione verso il capitalismo e la sua ossessione per il profitto, già nella prospettiva assunta da Marx, possono, come dimostra l’autore, diventare strumento per una contemporanea liberazione animale e umana. Una liberazione che, secondo gli studiosi della scuola di Francoforte, non può che rientrare all’interno di un unico processo. Perché solo in un ordine che abbia saputo superare la contrapposizione tra cultura e natura, il rapporto tra uomo e animale riuscirà ad evolversi fino a divenire un “rapporto reale”, in cui sarà l’uomo con un “ atto di solidarietà” a decidere per e per il suo altro.

“Il magnifico lavativo”, la fanciullezza di un fumettista

Giulia Siena
ROMA
“In barba ai noiosi esercizi per casa ordinati dalla maestra, il magnifico lavativo insegue solo la sua curiosità per ciò che lo circonda. Tutto è un’indagine personale, fatta di importantissime distrazioni e di un cervello sempre in movimento.” Come far raccontare a un fumettista impertinente la propria infanzia? Dopo aver disegnato e dato voce a Garibaldi (nel libro “Garibaldi”), al Papa e al Gabibbo (con il volume “Apocalypso! Gli anni dozzinali”), ora Tuono Pettinato parla di sé. Il fumettista dal nome d’arte insolito si racconta ne “Il magnifico lavativo”, il libro inserito nella collana Gli anni in tasca della casa editrice Topipittori. Dall’inizio degli anni Ottanta, quando cominciò l’asilo, fino ai primi anni Novanta, alle prese con l’adolescenza, Tuono Pettinato si racconta in modo ironico e un po’ rocambolesco. Un bambino curioso, sicuro di sé, divertente e spesso divertito da tutto ciò che lo circonda: dagli amici agli oggetti dell’armadio della nonna, dai videogiochi alle maschere del carnevale. Ironia, osservazione e creatività sono state le costanti che hanno portato Tuono Pettinato a diventare uno degli esponenti della fumettistica odierna. Ideatore, assieme ad alcuni amici, della rivista “Hobby Comics”, del free-press “Pic Nic”, disegnatore per “Repubblica XL” e con “Il magnifico lavativo” è arrivato all’autobiografia esprimendosi con la sua matita ricca di graffiante ironia e lucida consapevolezza.

Intervista ad un autore “Clandestino”

Marianna Abbate
ROMA – Vi ricordate la recensione del “Clandestino” (Edizioni Sonda) che ho pubblicato a novembre? E’ inutile che annuiate, andate a rinfrescarvi la memoria e poi tornate su questa pagina a leggere la simpatica intervista all’autore, che serve fondamentalmente a dimostrare che io non ho capito nulla delle intenzioni dello scrittore. Ma d’altronde non è forse questo il destino di ogni critico che si rispetti? Chissà cosa ne penserebbero Dante e Leopardi di tutte le dietrologie prodotte sulle loro opere. Allora perché non approfittare del fatto che l’autore possa risponderci di persona e non correre a intervistarlo? Ecco a voi Ferdinando Albertazzi.

Quali sono gli ingredienti di un buon giallo?
Tono, brillanza e purezza son gli “ingredienti” che differenziano qualsivoglia colore dai suoi “gemelli”. Vale dunque anche per il giallo, che sia colore o… genere letterario.

Perché ha scelto di scrivere per i ragazzi?
Non scrivo affatto per i ragazzi. Non in esclusiva, almeno. Il fatto che nelle mie storie ci siano ragazzi in pagina non significa che siano destinate unicamente a loro. Altrimenti là dove in pagina ci sono invece cani, gatti o maiali, dovremmo considerarle storie per cani, gatti e maiali… Scrivo, questo sì, i ragazzi, indagati soprattutto lungo il frastagliato  percorso verso l’adultità e quindi insieme ai “grandi”. Se una storia che “punta” preferenzialmente i ragazzi non ha almeno qualche valenza anche per gli adulti, è una storia da cestinare.

Quali sono le differenze tra un noir per ragazzi e uno per adulti?
Per come si stanno differenziando le generazioni, per certe impensabili disinvolture “guardonesche” e non solo che mostrano i ragazzi, direi che, paradossalmente, un noir anche per ragazzi deve essere assai meno ingenuo di quello che va a infoltire il catalogo “per adulti”.

Lei insegna in un corso di scrittura creativa: quali consigli si sente di dare a chi vuole iniziare a scrivere, in particolare per i ragazzi?
Non aver paura di avere il coraggio di provarsi, di scommettere contro la pagina bianca. Senza smettere, al contempo, di leggere tanto e senza accontentarsi dei risultati che si pensano già raggiunti. Usare insomma molto il cestino della carta straccia, nella consapevolezza che il difficile non è cominciare bensì durare e che  il temperamento e la qualità letteraria sono tra i fattori decisivi della durata.

Che rapporto ha con i suoi lettori? Le scrivono, vengono alle presentazioni? Come sono, insomma, i giovani lettori?
Durante gli incontri, quelli che hanno la lettura nel DNA sono curiosi e avidi, desiderosi di farsi prendere dalle narrazioni. Quelli che, al contrario, si avvicinano alle storie in pagina con scarso entusiasmo o sono addirittura refrattari,  si lasciano però catturare dai laboratori musicali che Gabriella Perugini ha ideato e realizza per i miei libri. Diversi a seconda delle storie, ovviamente. Sono per lo più proprio quei ragazzi lì, quelli che non leggono volentieri o non leggono affatto, ad apprezzare gli incontri attraverso i laboratori musicali (soltanto così, d’altronde, parlo dei miei libri con i ragazzi), dove sono peraltro artefici. “Ah, ma se si può leggere così, allora…”, commentano stupiti e invogliati. Ed è una conquista davvero promettente, quella che principia dai loro sguardi magari di ironica sufficienza, via via accesi da un incredulo interesse…

 

 

“Romeo e Giulietta” dal 30 gennaio 1595 al 30 gennaio 2012, la storia d’amore senza tempo

Alessia Sità
ROMA – “Il suo unico  pensiero era scoprire chi fosse quella bellezza che insegnava al fuoco come risplendere, chi fosse quella gemma che pendeva sulla guancia della notte come un orecchino prezioso. Una bellezza troppo preziosa per questa terra. Era come una bianca colomba in mezzo a un branco di corvi: sì, così si mostrava quella giovane donna in mezzo alle sue coetanee, nel suo vestito bianco e alato.”
La tragedia dei due sfortunati amanti veronesi,  resa immortale dal grande dramma di William Shakespeare, ritorna il libreria con “Romeo e Giulietta. Adattato in prosa per tutti” di Davide Orsini edito da Fermento.
Nella bella Verona del XIV secolo, si consuma la toccante vicenda dei due adolescenti innamorati che, per un “disegno beffardo della vita”, decidono di porre fine alla propria esistenza, seppellendo così definitivamente l’odio lacerante che divide le rispettive famiglie: Montecchi e Capuleti.
L’intramontabile capolavoro shakespeariano, messo in scena  per la prima volta il 30 gennaio 1595 dalla compagnia Lord Chamberlain’s Man, ha fornito nel tempo il pretesto per numerosi libretti, balletti, musical, fino alle svariate trasposizioni cinematografiche e teatrali. Tra queste la versione diretta nel 2004 dallo stesso Orsini, intitolata “Verona – non giurare sulla luna”. Con grande maestria e straordinaria sensibilità, l’autore ci regala un vero e proprio romanzo in cui i sentimenti sono al centro dell’intreccio. Pagina dopo pagina, il lettore assiste a eclatanti scene di duelli, vite che si incrociano, fugaci sospiri amorosi e drammi familiari …
Dalla suggestiva descrizione del primo incontro fra Romeo e Giulietta al galeotto ballo di casa Capuleti, fino alla tragica e struggente morte dei due, si ha come la sensazione di percepire  e condividere ogni emozione e ogni turbamento che accompagna i due giovani all’epilogo del loro travagliato amore.
A 417 anni esatti dalla prima messa in scena, Orsini ha il merito di aver saputo narrare in prosa moderna e accessibile a qualsiasi lettore la passione che lega i due amanti, riuscendo a penetrare nel cuore e nella mente di ogni singolo personaggio.

Toilet, racconti da leggere in bagno.

Marianna Abbate
ROMA – Nell’anno passato mi sono incontrata veramente di sovente con un’ossessione nei confronti dell’attività da bagno. Il primo ritrovo è avvenuto nell’estate, quando ho sfogliato la rivista fotografica “Toilet paper”, con immagini a dir poco inquietanti e una copertina molto ambigua. Poi una ragazza, amica di amici, ha portato il suo libro appena pubblicato, che aveva in copertina un bel rotolo di carta igienica ed era stato scritto, secondo lei, proprio per una lettura in bagno. Ma all’origine di tutta questa tendenza sui racconti e articoli da “bagno” c’è 80144 Edizioni. E’ il 2007 quando la casa editrice romana pubblica “Toilet” una raccolta di racconti da leggere in bagno.  Ad oggi toilet ha pubblicato oltre 150 autori, tra i quali spiccano i nomi di Antonio Pennacchi e Pulsatilla e moltissimi autori emergenti.  “Toilet anno uno” raccoglie i racconti di 17 autori per un libro di 15o pagine che vi indica anche i tempi di lettura, così, per ogni vostra esigenza. Vi chiederete, perché qualcuno debba scrivere una cosa simile? Non è forse meglio scrivere per un cassetto che scrivere per un WC? Ebbene, per quanto io sia tentata di dirvi alla Fiorello/Brunì que volgaritè, devo riconoscere che l’idea non è poi tanto malvagia. Effettivamente in quel luogo specifico, potrebbe essere meglio leggere un libello così piuttosto che scomodare un possente romanzo. Non ve la prendete, giovani autori, per aspera ad astra: ora la gavetta dello scrittore passa dalla toilette. Non so dirvi se tutti i racconti hanno la medesima funzione lassativa: alcuni sono divertenti, altri fanno ridere un po’ meno. Ma se pensate che questo è il meglio di un anno di racconti già pubblicati, potete fidarvi almeno un po’ e ingerire questa pastiglia invece del solito SanPellegrino.

“Gli occhi della lingua”, la lettura interna di Jaques Derrida

Silvia Notarangelo
ROMAJacques Derrida non ha certo bisogno di presentazioni. Francese, di formazione fenomenologica, deve la sua fortuna filosofica alla tematizzazione del decostruzionismo.

Nel 2011, a sette anni dalla sua scomparsa, Mimesis Edizioni ha pubblicato “Gli occhi della lingua”, un volume curato da Luigi Azzariti-Fumaroli, in cui il Derrida riflette su una lettera del 1926, indirizzata da Gershom Scholem a Franz Rosenzweig.
La sua è una “lettura interna” che si sforza di attenersi il più possibile al testo tralasciando eventuali contaminazioni, richiami o commenti personali.
Nella lettera Scholem manifesta tutta la propria inquietudine di fronte a ciò che ha identificato come un “male interiore” che sta progressivamente lacerando il sionismo. Si tratta della secolarizzazione, della modernizzazione della lingua ebraica, in parte legata alle necessità della comunicazione quotidiana. Un male che, secondo Scholem, porterà non solo alla perdita della lingua sacra, di una lingua per natura non concettuale, ma determinerà anche un suo “ritorno vendicatore”, destinato a colpire quanti l’hanno profanata. Perché se è vero che non si può evitare di parlare la lingua sacra, si può, però, parlarla nello “scostamento, nella distrazione, come dei sonnambuli sopra l’abisso”.
Il tono, di ispirazione apocalittica, non lascia però trapelare quale sia il vero atteggiamento di Scholem, se di paura o di speranza in un ritorno della voce di Dio attraverso una lingua pronta, in qualunque momento, a risvegliarsi.
Non meno contraddittoria, come osserva Derrida, è anche la sua posizione in merito alla secolarizzazione. L’attualizzazione della lingua sacra è, in realtà, impossibile, la secolarizzazione non è altro che una “façon de parler”, una fraseologia vuota, un mero artificio retorico. E allora, non esiste alcuna lingua cattiva che viene a corrompere una lingua sacra, ma una “non-lingua alla quale si sacrifica la lingua sacra”. Un sacrificio che, nel distruggerla, non potrà che manifestarla e salvarla.